Momenti magici della mia infanzia

Sono trascorsi quasi ottant’anni e certe sensazioni di estremo benessere sono rimaste trascritte in qualche grumo di cellule del mio cervello. Perché mai avevano avuto una tale importanza per marchiare nugoli di elettroni da farli impazzire? Una sensazione di accoglienza, di amore, di tana animale. Una vecchia camera da letto. Luci tenui sui comodini. Ci si prepara in casa dei nonni materni ad andare a dormire. Ospite io. . –“Amina, la papalina.”‐ Nonno Angelo è un essere imponente, uomo di Sicilia, di Noto. Calvo, due lenti brillanti di luce che racchiudono i suoi occhi. La mia eterna soggezione. Stasera dormirò tra loro. Nonna Amina, meridionale di Melfi, ubbidisce nel suo ruolo di donna sottomessa. Depone sul capo di nonno Angelo la papalina, un emisfero di spesso cotone che lo aiuterà a difendersi dal freddo notturno della stanza. Nonna tarda. Io sono già sotto una montagna di coperte. Il viso di nonno è a pochi centimetri. Si è tolto gli occhiali e con questo copricapo mi sembra un po’ buffo. Il fiato mi disturba.  –“Che vuoi che ti racconto? La solita fiaba prima di dormire?”‐ ‐“Pollicino, nonno, Pollicino”‐ E la sua voce rauca di tabacco mi immerge in una atmosfera ansiogena, come tutte le favole di un tempo. E’ una eccitazione ricorrente, quasi un piacere nella sicurezza del luogo che mi ospita. Lo sperdersi nel bosco di Pollicino, lasciando molliche di pane come traccia. Sono con Pollicino ora. Il bosco mi ospita.  Poi giungerà la salvezza e il sonno. Ogni sera richiederò questa favola per il ripetersi alternativo di sensazioni buone e cattive. Nella notte mi sveglierà il rumore dei nonni, che scendendo dal letto prenderanno dal comodino il loro orinale. La musicalità della loro pipì era diversa. Mi è rimasto quel suono. Pensate cosa può un bimbo!