Niente di male

Quando desidero pensare qualcosa intensamente, mi piazzo ferma, da sola, quasi senza respirare, ed è durante un momento del genere che sento di poter spaziare su tutte le mie possibilità, fino a trovare esattamente la soluzione che sto cercando. Lo so, spesso non è la cosa giusta quella che scopro in questo modo, ma in ogni caso probabilmente non saprei fare di meglio, perciò mi sento bene ugualmente, anche se poi, grazie a questa fiducia, cado spesso in qualche banale errore. Non mi piace la solitudine, però so che è l'unico stato in cui riesco ad essere me stessa, senza dover parlare di continuo, come invece faccio spesso per farmi apprezzare da tutti. Sono contenta quando qualcuno dice di me che sono simpatica e che ho sempre un'opinione su qualsiasi argomento. Invece personalmente tendo a scansare gli immusoniti, coloro ai quali, anche se gli chiedi semplicemente come vadano le cose, ti rispondono a malapena con un grugnito, senza neanche guardarti, mentre tengono la testa incassata nelle spalle, quasi a protezione di chissà che cosa. Qualcuno dice di me che sono una persona solare, ma la mia è soltanto una maschera, una maniera per essere facilmente accettata da chi mi sta vicino. Poi, nel momento in cui ripenso a tutte le cose che ho detto alle persone che ho incontrato durante una sola giornata, mi viene persino da ridere, anche se in questa maniera riesco sempre ad invogliare tutti a parlare con me, e a farmi dire un sacco di cose che certe volte riescono anche ad essermi utili.
Quando poi rientro nella casa dei miei genitori dove ancora abito, spesso cerco di essere poco loquace, ma almeno con mia madre devo per forza spiegarle chi ho incontrato sul lavoro, o che cosa è successo là in ufficio, sempre che sia successo qualcosa, perché altrimenti lei sicuramente ci rimarrebbe male, e poi mi porrebbe un sacco di domande. A mio padre però non piacciono troppo i discorsi, per cui se lui è in giro dentro casa parlo persino a voce più bassa, per cercare di non irritarlo. Lui pensa che una donna della mia età dovrebbe essersi già fatta una famiglia propria, aver avuto magari anche dei figli, e non comprende affatto come le cose oggigiorno siano cambiate in questo senso, e certi valori non abbiano più un grande significato, al punto di non essere capaci di interessare davvero qualcuno, e in giro non ci sia alcuna volontà di impegnarsi in certe scelte così complicate. Mia madre alza le spalle, pensa che suo marito sia soltanto un uomo antico, che non sia in grado di comprendere il mondo attuale, ma in cuor suo io so che le piacerebbe avere dei nipoti, e anche vedermi sistemata insieme ad una persona che mi vuole bene, e fosse disposta a mettere su una casa insieme a me.
Quando vengono sfiorati questi argomenti, naturalmente io sorvolo su tutto quanto e cambio rapidamente il tema, oppure con una scusa vado a chiudermi subito dentro la mia stanza. Non mi ci vedo, non mi ci sono vista mai, nel tirare su una famiglia per conto mio; mi pare anzi che il mio scopo sia semplicemente quello di rimanere un'eterna ragazza, disposta ad accudire i propri genitori nel momento in cui per loro la vecchiaia inizierà col mostrare i primi acciacchi. E poi anche Elena, la mia amica di sempre, pensa le mie stesse cose esatte, tanto più che se abbiamo avuto nel passato qualche storiella senza troppa importanza con qualche ragazzo scapestrato del nostro paese, di fatto adesso abbiamo scelto di essere libere, senza alcun coinvolgimento sentimentale o di altro tipo. Non è facile farlo capire a tutti, come quei vecchietti che vengono all'ufficio postale, ad esempio, e quando non ci sono altri clienti si fermano volentieri allo sportello a fare conversazione, e spesso mi chiedono ridendo qualcosa della mia vita privata, come se il matrimonio fosse l'unico punto di arrivo per qualsiasi donna. Io sorrido, mi schernisco, dico sempre che ci sarà tutto il tempo che si vuole prima di fare certe scelte, e loro forse si convincono che io abbia molti anni di meno rispetto a quelli che dimostro.
Poi arriva questo collega di cui non so quasi niente, e mi chiede insistentemente con dei sotterfugi di uscire insieme a lui. Resisto, cerco di ignorarlo, però sappiamo tutt'e due che alla fine dovrò cedere, anche se naturalmente nessuno deve scoprirlo. Non lo so se mi piace: è un tipo ombroso, nell’ufficio postale viene scansato quasi da tutti, e poi ha diversi anni più di me, non capisco neppure di che cosa ci potrei parlare. Lo lascio perdere, anzi, lo ignoro, così come mi riesce bene quando mi incaponisco ad essere scontrosa, ma alla fine gli dico che va bene, ma giusto per fare un giro in macchina senza troppo impegno, e magari fare un po’ di conoscenza. Non ne sono troppo contenta, ma ormai gli ho detto in questo modo, e poi non c’è niente di male se due persone vanno una sera in un locale a bere qualcosa assieme, penso.

Bruno Magnolfi