Noi, che non si aveva il porno.

Quando scorgete un gruppo di scolari, seri, attorno ad un iphone, se date un’occhiata furtiva, vi meraviglierete di riconoscere una scena di You‐porn. Sì, noi, vecchi d’oggi, il porno non l’avevamo, ma possedevamo quella scintilla di fuoco, l’istinto sessuale, che aveva fatto andare avanti l’umanità in migliaia di anni. Questo giocherello della mente, arricchito di fantasia, che aveva saputo trasformare, nella solitudine di una caverna, l’ultimo sculettare di una dinosaura, in una mossa conturbante. Mi sono divertito, sere fa, a riassumermi i primari quadri visivi che mi avevano avvicinato al sesso, in tenera età. Si badi che nel bimbo prevale la curiosità, dietro la proibizione del “non guardare, voltati!”. Questo è lo stimolo iniziale. E subito mi appare zia Maria, ai miei cinque anni, a villa Adela, nei gelidi risvegli di ghiaccio, che versava dalla brocca nel catino della toilette acqua bollente. Io, ancora sotto le coltri, osservavo quello spettacolo di vapore, profumo e schiuma attorno ai suoi seni. Passarono anni e alle elementari arrivò una sera a casa papà. Una grossa spesa a rate, cinque volumi dell’Enciclopedia POMBA. Tra migliaia di pagine vi trovai…. Lei, la prima immagine conturbante della mia vita. Erano 4cm x 3cm, a colori, VENERE AL BAGNO di Delacroix. Venere, nuda ma ingioiellata, baroccamente sontuosa, seduta su uno scoglio, offriva una coscia voluminosa e rosea prima di toccare l’acqua. Potrei ancora descriverla nella sua possente donazione. Questo ci bastava per i primi germogli di un piacere che appena affiorava. L’aprire un cassetto, furtivamente, di nonno Celso e trovarvi delle insolite carte da gioco; sul retro, foto di sorridenti soldatelli italiani abbracciati a nude ragazze abissine. Un lampo di tempo, prima di chiudere il cassetto, ma un primo apporto erotico alla mente di un bambino alle elementari. Quella pessima frase del prete ad ogni confessione in parrocchia: ‐“Hai peccato nei pensieri e nelle parole?”‐ Assurda arretratezza della nostra Chiesa che uccideva e metteva in una luce di colpa il germoglio più bello della nostra età. Da allora ho evitato la confessione per una vita. Alle medie, Anna, la nostra cameriera diciottenne, una sera, messa a guardia dai genitori che uscivano, con la sua brandina accanto a noi ragazzi, acconsentì a spiegarmi la toponomastica di un corpo femminile, sino allora sconosciuto. Un solo, ricco incidente formativo. Poi ci fu “il periodo colto”, ma sempre ricco di fantasia. Ho frequentato a sera le suore licenziose di ser Boccaccio! I sonetti dell’Aretino sono stati arricchenti per mesi. A seguire, gli scrittori americani, schietti, igienici, John Steinbeck, Erskine Caldwel. Ci si passava i libri tra noi, oramai adulti, ma minorenni, indicando il numero della pagina fondamentale! I nostri compagni maggiorenni ci raccontavano, all’uscita degli ultimi casini, il sesso trucido. E noi li si ascoltava, con invidia