Non È Mai Troppo Tardi

‘Addrumate torce e lumere cà se cannuce ù sticchio e ma muière.’ Detta da un siciliano nel suo dialetto fa una certa impressione anche perché non mi risulta che i ‘trinacri’ abbiano una mentalità propriamente ‘svedese!’ ma tant’è! Questa frase, non comune, era venuta in mente ad Alberto M., maritato con Anna,una mattina appena alzato dal letto, forse era ancora un po’ assonnato, fatto sta che la cosa non piacque all’interessato il quale, dall’alto dei suoi 81 anni,  talvolta si domandava se il suo cervello semplicemente andasse a sprazzi o se il temuto Alzheimer avesse fatto passi da gigante nella sua materia cerebrale come era accaduto ad un suo amico peraltro più giovane di età. Una storia simile gli era accaduta anche la mattina seguente  mentre si recava in bagno per una necessità impellente propria della sua età: due vocaboli nella sua mente: ‘carbossile e ossidrile’ si ‘carbossile e ossidrile’ che, se non ricordava male, erano due composti chimici e quindi una reminiscenza scolastica che non avevano nulla a che fare con la realtà bah…preoccupante anche se il suo medico di famiglia,  la medichessa Concetta F., peraltro bravissima e sempre presente lo aveva rassicurato: “non sei ancora nella via del rinc..to.” Ma anche se, in altra maniera, le ‘reminiscenze’ seguitavano a perseguitarlo con il ricordo di sprazzi della sua vita giovanile e meno come , per esempio, il suo primo approccio con l’altro sesso: agosto 1944, in piena guerra, a Cingoli (Macerata) fraz.S.Anastasia dove era sfollato in casa di uno zio acquisito insieme ad alcuni suoi familiari. La sua famiglia, peraltro benestante, non era la sola della categoria degli sfollati: nel vicino casermone  di quattro piani di proprietà  dello zio Camillo (che abitava in una villa a Cingoli città) avevano preso alloggio stabilmente varie nuclei di anconetani i cui capi famiglia erano tutti pescatori ma in quel maceratese, non potendo esercitare la loro professione, bighellonavano da mattina a sera in assenza delle legittime consorti in giro nella varie frazioni a guadagnarsi il pane (e il companatico) con il mestiere più antico del mondo. La piccola Alda, 12 anni, non potendo seguire, per ovvi motivi, le orme della madre, giocava spesso con Alberto. Un giorno gli chiese di vedere il suo ‘uccello’ in cambio della veduta della sua’gatta’. Imbarazzatissimo il piccolo Alberto aderì alla per lui inconsueta richiesta contraccambiato da Alda. Alla visione di quel buchino circondato da peli il ‘pisello’ di Alberto diventò molto duro con sorpresa dell’interessato che non seppe spiegarsi il fenomeno (erano altri tempi). Parlando con Follì, il figlio del contadino Peppe, Alberto ebbe svelato il segreto…qualcosa del genere lo aveva immaginato ma solo,in linea teorica. Un giorno pensò bene di mettere in pratica quanto appreso, si recò al quarto piano dove alloggiava la famiglia di Alda che ritenendo che la baby fosse sola ma invece, aprendo la porta della camera da letto ebbe la visione di due maschietti nudi col coso molto più grande del suo che a turno lo infilavano nella gatta di Alda con grandi risate da parte di quest’ultima. La sua intrusione non fu gradita dai due maschietti  che lo cacciarono in malo modo. A pranzo Alberto accusò un ipotetico malore e, a stomaco vuoto, si rifugiò nella sua stanza da letto. Nei giorni seguenti, dopo aver frequentato la scuola elementare, la solitudine fu la sua sola triste compagna sinché un pomeriggio, affacciandosi alla finestra…una visione: una ragazza alta, di circa diciotto anni stava zappando l’orticello dello zio Fefè (il padrone di casa). Scese le scale di corsa, si presentò e venne a sapere che la cotale si chiamava Spera ed era figlia del contadino che conduceva il terreno di suo zio. Certo all’inizio era perplesso. Spera non aveva nulla in comune con la ragazze del luogo: alta, bionda, occhi azzurri in contrasto con la caratteristiche fisiche delle sue pari età basse, grasse, e more ma in fondo la preferiva così. Fece amicizia nel senso che la guardava mentre lei lavorava ed un giorno le propose di farle delle foto, una sua passione, aveva scovato una vecchia ‘Kodak’ rettangolare, la pellicola se la fece comprare dalla zio Fefè a Cingoli ed un giorno si presentò baldanzoso dinanzi a Spera che fu ben felice di farsi fotografare in pose varie anche con la gambe in parte scoperte. Non volendo far conoscere quel suo segreto ad altri, una mattina , col permesso della zia Lilli sorella di suo padre e moglie di Fefè si recò a Cingoli con Concetta, la madre di Spera, che doveva effettuare delle spese. Al fotografo perplesso per la sua giovane età mostrò il denaro necessario per lo sviluppo e la stampa delle foto. “Vieni fra due ore.” Ripresentatosi puntuale in negozio: “Chi è questa bella ragazza?” chiosò il curiosone, “mia cugina…”. La mattina seguente pigiò la scuola e si presentò all’interessata con le foto. Spera al principio rimase basita, mai era stata fotografata e poi abbracciò e baciò Alberto con molto slancio tanto che il suo pisello… “Non so come ringraziarti, dimmi quanto hai speso, il mio fidanzato sarà felice nel vederle, si chiama Oreste e lavora a Troviggiano.” Il mondo cadde addosso al povero Albertone che decise di chiudere col sesso, era troppo sfortunato! Da quel momento (misteri del cervello umano) le reminiscenze mattutine presero a ripresentarsi ogni giorno al risveglio, voglio parteciparvele, in fondo sono divertenti, se non avete nulla da fare! La mattina seguente nella mente gli ronzava una frase: “Scotti e non Scotti…” Si mise a ridere fragorosamente ricordando a che si riferivano quelle parole. In breve: domenica mattina chiesa delle Grazie a Jesi (Ancona) al gabbiotto (non so il nome esatto) si presentò una signora elegantissima che chiese al vecchio parroco di confessarsi: “Don Paolino mi vergogno a dirle un peccato…” “Dio è grande e misericordioso, dimmi pure.” “Ho avuto rapporti contro natura col figlio del mio contadino, un bel ragazzo…” “Ah c’è pure la corruzione di minorenne…per questa volta la assolvo ma reciterà 10 Ave Maria, 10 Pater nostro e 10 Credo,  si vada a sedere su quella panchina vicino all’altare.” Sistematosi il velo nero, la signora si appropinquò alla panchina ma notò con disprezzò che mi erano donnette tutte in male arnese e non tanto profumate, sicuramente contadine. Ritornò indietro dal parroco: “La prego mi indichi un’altra panchina, dove mi ha indicato lei ci sono delle donnette, io sono la contessa Scotti.!” Don Paolino: “Contessa Scotti o non Scotti quello è il banco dei culi rotti!” Non v’è piaciuta? A me si, forse quelli passati erano altri tempi e si rideva con più semplicità. Alberto  la mattina si svegliava ripetendo una frase, un nome o rivivendo situazioni pregresse, talvolta piacevoli altre volte decisamente meno. L’ultima: ‘bacia nicchio’. Penso sia inutile spiegarvi, anche se non siete siciliani, cosa voglia alludere quella parola: per gli omo nulla di interessante ma per etero…Ebbene  l’epiteto era stato affibbiato all’Albertone, allora brigadiere della Guardia di Finanza a Lipari dal maresciallo comandante della locale Tenenza, il motivo? Una forte invidia per il suo successo in campo femminile ma, in senso traslato, voleva dire: imbecille! Altra mattina, nuovo numero come si diceva al circo equestre ai tempi che furono. Bambino ancora nella pancia della genitrice: “Mammina  stanotte  mi si è avvicinato un coso brutto che prima  mi ha spinto e poi mi ha pure sputato in faccia! Chi era?” E chi era? Vallo a spiegare ad uno che ancora deve nascere. “Non ti preoccupare , era mammina che faceva pulizie dentro la vagina.” (Pulizie un cazzo, si era proprio il coso di papà.) Tutto sommato erano pensieri fantasiosi che esprimevano la mentalità non  certo puritana del padrone dei sogni.  ‘Nuovo giro, nuovo numero’ avrebbero chiosato un presentatore al circo. Il nuovo numero notturno era stata una frase piuttosto seria e impegnativa: “Vedi quella, è la tua ombra, non fidarti mai di nessuno, nemmeno di lei” Chi l’aveva pronunziata era stato nonno Alfredo vecchio Commissario di P.S. ai tempi del fascismo ora in pensione, a domanda, data le sua non  condivisione degli ‘ideali’ fascisti e dei gesti dei gerarchi che, anche senza particolari motivi, alzavano il braccio destro facendo seguire il gesto con: Viva il Duce!” Decisamente patetici ma guai a contraddirli, erano proprio guai! Il nonno Alfredo era ‘un arbiter elegantiarum’, altezza 1,80, capelli neri,  bombetta, cappotto di castorino con collo di astrakan, fra l’altro un ‘tombeur de femmes’.  Nonno Alfredo aveva messo in guardia il nipote Alberto prossimo ad arruolarsi nella Guardia di Finanza. L’applicazione di quel principio nella vita militare era stata per il nipote motivo per scansare un bel po’ di guai per guardarsi da colleghi disonesti i quali spesso riuscivano a salvarsi dalle proprie malefatte addossando la colpa a più ingenui compagni di pattuglia. Ultimo  episodio, stavolta vero e vissuto nell’attualità: nuova vicina di casa una parrucchiera col marito meccanico, i due erano stati presentati ad Alberto da Mimmo il padrone del vicino appartamento suo amico abitante a Roma. “Alberto questi sono Rossana e Giacomo nuovi tuoi vicini di casa, provvederanno loro a ritirare la mia posta, dà loro una mano qualora abbiano bisogno di contattare l’Amministratore.” Alberto era stato folgorato (forse il verbo è eccessivo ma era proprio quello che gli era accaduto.) Rossana era una signora circa trentenne, bionda, capelli a caschetto, naso all’insù,bocca invitante ma quello che colpirono il suo vicino di casa erano gli occhi, mai visti di così belli: grigio verdi, luminosi, sempre sorridenti decisamente sensuali. Un sabato mattina che la consorte di Alberto era in giro per spese e Giacomo in officina, il non più giovin signore bussò alla porta della vicina e fattosi riconoscere, fu invitato ad entrare. “Ah giusto lei, Mimmo mi ha detto che era un maresciallo della Guardia di Finanza, io e mio marito abbiamo un consulente tributario che ci ha  creato un sacco di problemi con l’Agenzia delle Entrate, che ne dice di controllare la nostra contabilità, le sarei tanto grata!” “D’accordo mi porti la contabilità a casa mia.” “No resti qui, le mostro i libri contabili.” Avevo tralasciato di dire che madama era in vestaglia, senza reggiseno e senza trucco appariva ancor più bella per non parlare della vestaglia che si era aperta mostrando due gambe favolose. ‘Ciccio’ si era risvegliato di colpo dimenticandosi dei suoi ottantun anni. Alberto era confuso altro che controllare i libri contabili, guardò Rossana negli occhi con faccia ‘chiedente comprensione' e la tale d’impulso prese in mano poi in bocca ‘ciccio’ che dopo poco …Ritiratosi a casa Alberto si rifugiò nel divano piuttosto stravolto: non era più giovane, ormai la vecchia beltade era andata a quel paese, cosa aveva spinto una giovane e bella signora a…Ritornata a casa Anna: “Ti vedo strano.” “Mi son ripresi i dolori alla schiena, prendo una pillola.”      La mattina al risveglio Alberto non ricordava più situazioni o frasi strane, unico suo pensiero la bellissima e deliziosa Rossana che…Cosa poteva aver lei trovato in un vecchio rudere? “Stronzo non ti porre tante domande e divertiti finché…dura!”