Non posso farlo! (prima parte)

‐ Il tenente Galthier era un tipo risoluto e dalla battuta sempre a tiro. Veniva dal nord, un paesino di campagna: respirando aria buona crebbe in mezzo ai govoni nei campi di grano, tra distese di alberi di frutta a perdita d'occhio, accudendo stalloni e giumente, raccogliendo sterco nelle porcilaie. Nel tempo libero andava a caccia di fiorellini e di farfalle: aveva un debole per quelle dagli occhi azzurri e coi capelli biondi, ne fece scempio, in paese; scellerato ed alquanto...disonorevole! A diciotto anni, terminato il liceo (lo frequentò in un paese vicino al suo), entrò in accademia militare dove, terminato il suo corso tre anni dopo, prese i gradi. Fu assegnato di servizio al XV°battaglione di fanteria: la caserma si trovava cinquecento chilometri più a sud dal paese in cui era nato ma non si fece problemi né si perse mai d'animo, per questo. Colà vi trascorse due anni sicché un giorno...era metà estate, il suo paese entrò in guerra e lui, come migliaia di suoi coetanei e commilitoni venne chiamato a "servire" la patria. Fu davvero entusiasta, per quello, il giovane Henri Mathieu (i suoi due nomi di battesimo: glieli avevano affibbiati i genitori per onorare i loro padri, medagliati al valore in guerra!). Di mattina presto in caserma i megafoni riprodussero la voce squillante del Primo Ministro che parlava dalla radio alla Nazione: 
"Miei cari connazionali, donne e uomini tutti, in ogni luogo voi ora vi troviate e qualunque cosa stiate svolgendo, debbo annunciarvi che questo è il giorno più importante della nostra storia. Oggi è un momento grave e solenne al tempo stesso perché da ora in poi riscriveremo la storia del nostro Paese amato; lo faremo tutti assieme, lo faranno soprattutto loro, i nostri giovani che al mondo intero mostreranno il posseduto valore...di cosa sono capaci. Moriranno per la Patria se sarà necessario, doneranno le loro vite giovani se la sorte ed il destino faranno sì che ciò accada: lo faranno con coraggio ed orgoglio improbi e noi onoreremo sempre la loro memoria così come quella di quanti cadranno sui campi di battaglia, al fronte e in ogni dove. La guerra è dichiarata, evviva la guerra!".
Era l'annuncio solenne dell'entrata in guerra. Il sergente maggiore Katczinsky, veterano del battaglione, dopo averlo ascoltato scese in cortile (mezzo svestito) e gridò a squarciagola:
‐ Coraggio, pelandroni e pelapatate, alzate il culo dalle brande che si comincia a ballare! ‐Era un campagnolo come Henri, il sergente; tipo arcigno e dai modi assai spicci, a volte grezzi e duri (come tutti i sergenti, del resto: di ogni esercito al mondo. Nessuno ha mai visto uno di quelli che non lo fosse: è più facile pescare una carpa gigante nella vasca del proprio cesso, piuttosto!)...un naturalizzato: i genitori erano giunti nel paese straniero con l'ondata migratoria di inizio secolo (una delle tante che, all'alba di epoche nuove per il mondo e per l'umanità, colpiscono le Nazioni a ogni latitudine: nessuno sa il perché!), dotato però di grande acume, spirito di osservazione e ironia a iosa (doti meno solite, queste, in rappresentanti della bassa forza come lui). . Quel giorno ancora giovane, fu per lui importante e per tutto il battaglione. Non tutti i soldati, invero, quando la radio distribuì l'annuncio dai megafoni, erano svegli: molti, infatti, dormivano ancora come ghiri in amore, qualcuno era invece in dormiveglia, con gli occhi semichiusi e le antenne accese, altri lo ascoltarono con solenne attenzione. Henri non aveva chiuso occhio per problemi di stomaco, tutta notte un andirivieni tra lettino (era di quelli a castello, a due piani: per fortuna sua e dell'altro compagno lui aveva il posto in basso!) e latrine. Dopo che ebbe ascoltato il messaggio alla radio, però, il giovane sembrava un'altra persona: quello avea sortito su di lui lo stesso effetto d'una compressa antidiarroica facendolo sentire di colpo risollevato, al 7°, all'8°, al nono cielo, come se avesse fatto chissà che...una colossale scopata con la più bella entraineuse della terra.
‐ Su, ragazzi! ‐ esclamò Henri, rivolgendosi agli altri. ‐ Fate in fretta, tra poco suoneranno l'adunata!
‐ Ma come, tenente, a quest'ora? ‐ ribatté il soldato Kantorek, naturalizzato come il sergente e il più giovane della compagnia. Presto lo seguì anche Louis, la sua ombra; compagno di branda dell'altro (lui e Kantorek sembravano gemelli siamesi: sempre assieme, gli stessi errori e le stesse bravate; agivano e parlavano allo stesso modo, come se fossero fatti l'uno per...con la carta carbone o lo stampo), eppoi il sottonente Lucy che era compagno di branda del tenente, seguito da Baumer il lungo e...via via da ogni altro: quelli già svegli da prima e quelli (ri) svegliatisi poi, che insieme parevano "voci bianche" impazzite di sobbalzo.
‐ Ma come, tenente? E' prestissimo? ‐ Fecero infatti tutti, in coro e all'unisono (in effetti, la tabella di marcia...della sveglia era in anticipo solamente di qualche minuto). 
‐ Forza, ragazzi! ‐ Esclamò ancora Galthier. ‐ Non fate i capricci! Mi sembrate delle signorine che fregnano, no dei fanti del quindicesimo! (il battaglione aveva tradizioni militari di prim'ordine e in passato gli uomini che ne fecero parte ebbero ricevuti grandi onori: otto medaglie d'oro e quindici d'argento al valore militarono nelle sue fila!). Non avete sentito la radio, poco fa? E il sergente, in cortile...avete mica afferrato le sue grida? (Non era possibile, infatti, che l'annuncio dell'una e le urla dell'altro fossero passati entrambi sotto silenzio alle povere orecchie di qualcuno, tranne...a quelli che si erano risvegliati in ritardo, s'intende!). Dopo un attimo di pausa, per sfilarsi gli stivali eppoi infilarseli daccapo (li aveva infilati scambiando la destra con la sinistra e viceversa), il tenente riprese a parlare, rivolgendosi all'intera compagnia con tono più deciso e sarcastico di prima:
‐ Allora, signori, in bagno fate in fretta; niente manovre strane con la cappella, vi voglio in palla e a tono, tra poco ci sarà adunata e...vi raccomando di stapparvi bene il cerume dalle orecchie, a scanso di equivoci! In realtà tutti avevano sentito (tanto quelli già svegli al momento dell'annuncio, quanto quelli in dormiveglia) ed erano già abbastanza su di cappe...giri per loro conto: anche i ritardatari lo erano adesso ed i sognatori di lungo corso, dopo essersi risvegliati. Quanto segue è da dire, però (e questo accade dacché esistono eserciti e soldati): in ogni caserma e in tutti i battaglioni che si rispettino i soldati fanno la "cresta" sul rancio (sebbene molto spesso, ed ovunque, lasci esso a desiderare!) e sul sonno (sebbene vi sia sempre, ed ovunque, il Katczinsky di turno a sorvegliare, ovvero a rompere gli equilibri, le uova nel paniere o semplicemente i sacramenti!), sovente e volentieri...ognuno rosica un cucchiaio di minestra in più, quando può, o qualche minuto extra di sonno e non vi sono dichiarazioni di guerra che tengano, in questo (ciò scritto accade dacché esistono eserciti e so. Tutto ciò lo sapeva il tenente e di sicuro lo sapeva anche quel satanasso di Katczinsky. Il sergente, appunto, da par suo, era già bello e pronto, in cortile (aveva finito di lavarsi e vestirsi: quello non aveva bisogno di orologio e lancette; lui...era una lancetta umana!). Da alcuni minuti faceva su e giù e il rumore dei suoi stivali sul lastricato rimbombava dappertutto nelle camerate della caserma; fumava una cicca poi e tra un tiro e l'altro sbuffava talmente tanto da sembrare una vaporiera. L'adunata sonò alle sei e trequarti: il trombettiere Delemont (di nome faceva Christophe, soprannominato il "cagnaccio" per il suo modo, tutt'altro che artistico di abbaia...suonare il suo arnese a fiato!) fu anch'esso puntuale (come una disgrazia) e preciso: come al solito (cioè puntualmente e precisamente) ruppe i timpani di chi l'ascolta! Nel giro di due minuti tutti i soldati furono in cortile (il battaglione era diviso in dieci compagnie di ottanta uomini ognuna, più cinque tra sottufficiali ed ufficiali: Galthier comandava la settima), ma erano in ordine sparso. Katczinsky tuonò allora:
‐ In riga, marmaglia! Tutti in riga vi voglio, tutti quanti così come siete! All'istante, allineatevi, mi sembrate un mucchio di capre pronte a scornarvi fra voi. ‐ Gli uomini non si fecero pregare ancora...il suggerimento del sergente era stato forte e chiaro. In men che non si dica, così, il battaglione era tutto bello e schierato in ordine marziale...tutto in riga davanti agli ufficiali e ai loro sguardi severi. Il colonnello Villerieux era comandante della guarnigione: tipo tutto d'un pezzo, militare di carriera (da tre generazioni erano stati militari nella sua famiglia) e pluridecorato nella precedente guerra in cui aveva perso l'uso parziale della mano destra. Era stato assegnato al XV°da tre anni: le alte sfere dell'esercito lo avevano fatto per dargli un comp...contentino che fosse il meno irriguardoso possibile nei confronti del suo lignaggio ed evitargli così una messa a riposo anticipata e disonorevole. L'ufficiale parlò ai soldati, messi in schiera tutti sull'attenti davanti a lui, per cinque minuti:
‐ Avete tutti ascoltato poco fa quanto è stato detto, spero sia chiaro a tutti come stiano oggi realmente le cose e quale sia il vostro compito in questo momento! Se a qualcuno ancora non è chiaro quale sia vi rifaccio la domanda e poi rispondo io stesso, con mie parole. Qual'é il compito a cui dovrete adempiere? Ebbene, molti di voi sono giovani; la stragrande maggioranza di voi lo è ed alcuni anche penseranno di esserlo ancora sin troppo o di non essere in grado abbastanza di farlo: di partire, cioé, per il fronte, e di combattere dinanzi al nemico. Vi dico ora che sono pensieri codardi questi e idee disfattiste: non fateci caso a quello che vi dice l'amor proprio, pensate invece all'amor patrio e basta! Voi siete la vita, la forza, la fierezza del vostro Paese. La Patria ci chiama, chiama voi; vi chiama perché oggi ha bisogno di voi e di soldati che siano disposti ad onorarla ed anche a sacrificarsi per lei, se sarà necessario farlo. E' solo l'inizio questo, pensate, d'un cammino che potrebbe portarvi verso la imperitura gloria. Il campo dell'onore vi chiama, ragazzi, non vi è quindi ragione per cui qualcuno resti quì! ‐ Non appena ebbe finito di parlare il colonnello porse un foglietto al maggiore Delaplane, che li era di fianco: quello lesse il foglietto e poi lo ridiede al colonnello che lo piegò e lo mise nella tasca sinistra della sua giacca blu. I due così si guardarono intensamente negli occhi per un attimo e poi si abbracciarono. Dopo di che scoppiò il finimondo nel cortile della guarnigione: il sergente Katczinsky sonò con la sua tromba una marcia trionfale (quel diavolo d'un sergente sapeva sempre qual'era la cosa giusta da fare, al momento giusto...suonava molto meglio di Delemont, il "cagnaccio"!). Gli uomini tutti del battaglione allora accompagnarono con tre hurrah! e lanciarono i berretti al cielo, e dopo...abbracci, strette di mano, fischi e grida di giubilo a non finire. In serata ognuno degli ottocentocinquanta uomini del battaglione aveva ricevuto le consegne e conosceva la propria destinazione e il proprio destino: trecento di loro partirono per il fronte la sera stessa, altrettanti lo fecero nei successivi giorni, in diversi scaglioni; soltanto cinquanta non partirono, tra cui il colonnello Villerieux. Di quei seicento ragazzi partiti molti tornarono mutilati (di una gamba o di un braccio, per chi ebbe fortuna!), tantissimi non tornarono più indietro e per la maggior parte di quelli che lo fecero non fu più la stessa cosa perché essi avevano visto cose inimmaginabili e vissuto un'esperienza troppo più  grande di loro (in realtà lo fu per tutti quelli che la vissero, senza riguardo alla età anagrafica, purtroppo!). Vissero a metà per il resto dei loro giorni...privati del loro cuore, estirpati della stessa loro anima. Alcuni di loro la fecero finita! Il sergente maggiore Katczynski ebbe una sorte migliore, in fondo: saltò in aria, dilaniato da una mina alcuni mesi dopo, sul fronte occidentale. Anche il tenente Galthier fu destinato sul fronte occidentale, ai confini col Paese nemico: in prima linea! Insieme a lui Kantorek e il sottotenente Lucy. I tre presero il treno in nottata: il viaggio sarebbe stato lungo, li aspettava una levataccia. Non appena ebbero preso posto, in terza classe (il mezzo, una tradotta vintage del secolo passato, pullulava di soldati giunti dalle località più disparate del Paese, che andavano pur'essi al fronte, ma anche di molti civili: il puzzo di sudore frammisto al fumo delle sigarette creò una cappa sopra le loro teste che sembrava tal quale all'aureola dei santi o del Cristo!), Kantorek uscì dallo zaino una bottiglia di color giallognolo e disse:
‐ Tenga, tenente, ne beva un sorso! Visto che ci tocca far notte, tanto vale non restare colla gola secca! Era cognac, di quello buono e invecchiato a lungo e bene (in botti di quercia di rovere, evidentemente!). Il tenente prese la bottiglia dalle mani dell'altro e bevve. Dopo di che esclamò:
‐ Ottimo, ragazzo!
‐ Ci credo! ‐ rispose quello. ‐ Lo facciamo noi, mica chiacchiere! ‐ I genitori di Kantorek avevano un grosso vitigno e producevano cognac: lo vendevano poi di contrabbando a tutte le cantine della zona, per non pagare dazi allo Stato. Dopo, il sottotenente Lucy che aveva osservato la scena in silenzio tombale, sbottò dicendo:
‐ Ehi, cazzo, voi due! Avete deciso di lasciarmi all'asciutto?
‐ Ma no, boia d'un mondo! ‐ rispose Kantorek. ‐ Ce n'è per tre! Tieni e zitto! Il ragazzo, che dava del tu al sottuficiale (al contrario di quanto facesse col tenente) prese così la bottiglia e la passò al compagno: quello bevve e la sua faccia, dop'averlo fatto, lasciò trasparire tutt'altro che delusione! Kantorek riprese la bottiglia e la stipò nello zaino. Poi prese a discorrere:
‐ Sa, tenente, ‐ disse, ‐ quella carogna mi manca già...non poco! Si riferiva, ovviamente, al compagno di branda e di...bravate Louis, che era stato assegnato altrove.
‐ Non fartene un cruccio! Forza, ragazzo! ‐ fece Henri. ‐ Vedrai che vi ritroverete presto, tu e lui, e farete baldoria insieme con qualche bella signorina! ‐ Non fu buon auspicio quello del tenente: Ferdinand Louis, venti anni, morì sei settimane più tardi, falciato da una mitraglia mentre portava ordini al suo plotone. Kantorek non lo saprà mai: lui il mondo lo lascerà ancor prima del suo amico, purtroppo!
‐ Ha ragione, tenente! ‐ ribatté il ragazzo. ‐ Lei ha sempre ragione! E' per questo che lei è un ufficiale ed io un povero soldato! (il tenente avea sempre ragione, nell'ottica di Kantorek forse...quella volta no, invece, non l'aveva per niente: neanche questo avrebbe saputo mai!).
‐ Ma no, dai! Non pensarci ora, su, Alain! ‐ (il nome di battesimo dell'altro). ‐ Raccontami invece della tua prima... ‐ non ebbe neanche il tempo, Henri, di proseguire, che Lucy lo interruppe (aveva argutamente intuito a cosa alludesse il compagno!):
‐ La mia prima volta, tenente, fu in un bordello vicino la capitale. Era autunno, una domenica di sole. Erano due ragazze bellissime, mio padre mi ci portò la sera, dopo la scampagnata del giorno e il giro turistico per la città. Lui spesso le chiamava "donnine", alcune volte "femmine fatali", altre ancora troie però mi diceva sempre così: "ragazzo, anche se vai con una di loro non dire mai scopare ma fare l'amore: quelle donne sono i più bei fiori della terra!". Ha frequentato in lungo ed in largo quei posti, si è preso anche lo scolo, da giovane! ‐ Il sottotenente aveva di proposito usato il tempo passato perché il padre ‐ ricco industriale che da sé s'era fatto ‐ mancò qualche anno prima, morendo in un incidente d'auto e lasciando il giovane orfano, insieme alla moglie e altri due figli più piccoli (fratelli minori di Lucy). La fabbrica, che produceva cappelli (durante la guerra ne produrrà anche per gli aviatori e per i marinai), passò nelle mani dello zio del sottotenente. ‐ Una era molto giovane, si chiamava Valerie, ‐ continuò Lucy, ‐ aveva gli occhi tristi, da cerbiatta impaurita, i seni piccoli e una bocca che sembrava una fragola...la baciai, prima di fare l'amore con lei, e così mi sorrise e mi accarezzò i capelli dolcemente. L'altra era più anziana, più scura di incarnato e uno sguardo malizioso di...una che la sapeva lunga: una vera bagascia di lungo corso, i suoi capezzoli e la vagina profumavano di lavanda! Il tenente e Kantorek ascoltarono in religioso silenzio il racconto del loro compagno: erano stati tanto presi da quelle parole, ne rimasero quasi estasiati. Henri non disse nulla all'altro, sul fatto che prima lo avesse interrotto bruscamente; neanche raccontò agli altri due delle sue peripezie ed avventure sotto le lenzuola, i suoi trascorsi da rubacuori impenitente, le numerose conquiste da tombeur des femmes. Domandò a Kantorek:
‐ E tu, Alain?
‐ Io l'ho fatto in campagna la prima volta, in primavera. E' la stagione che più mi garba, sapete? Perché nell'aria senti quel profumo di...qualunque cosa; quel profumo non lo sentirai mai d'estate perché fa troppo caldo. Era una mia compagna di classe, quattro o cinque anni fa. Ricordo bene tutto di allora, lo ricordo quel giorno e ricordo quei momenti come fosse oggi. Quelle cose non le puoi dimenticare! Lei si chiama Milena, è andata in città dopo. Adesso vive con la sua famiglia. Non l'ho più rivista, da allora, ma il suo profumo lo sento ancora nel naso, qualche volta di notte e mi capita di risvegliarmi di soprassalto. Quando il ragazzo ebbe finito di raccontare, dallo scompartimento più avanti si levarono all'improvviso due urla:
‐ Abbasso gli ufficiali! D'accordissimo! ‐ Non era stata la stessa persona a urlare quelle parole...tuttavia vi furono risate generali e uno scroscio di applausi, anche da parte di militari seduti vicino ai tre. Kantorek e Lucy cominciarono allora con gli sfottò verso il tenente:
‐ C'è l'hanno con lei, tenente? ‐ Domandò il primo.
‐ Beh, non solo con lui! Con tutti i graduati! ‐ esclamò di rimando l'altro.
‐ Ma no, non è possibile! ‐ fece Henry. ‐ Io non sono un vero e proprio ufficiale...sono vicino alla truppa! Lo sono più di quanto immaginiate, credetemi! 
‐Sì! Sì! Come no! ‐ esclamò così Lucy. ‐ Ti prendiamo in parola: tu sei vicino alla truppaglia ed io mangerò merda di cavallo...paté e caviale da quì al mese prossimo! Il tenente sorrise, poi i tre accesero una sigaretta all'unisono. Dop'aver fumato presero a riposare. Dormirono alcune ore. Il treno si fermò solo due volte e vi scesero tutti i civili: il viaggio fu meno lungo...scomodo del previsto. Alle sei e trenta del mattino arrivò a destinazione. Galthier era sveglio da un po', gli altri due si risvegliarono puntuali: quando il treno arrivò all'ultima stazione e l'altoparlante lo annunciava a gran voce. Era una giornata calda, no afosa, lo faceva presagire il sole pieno che già faceva capolino in alto...cielo nonostante l'ora.
‐ Ah, siete svegli? Finalmente! ‐ esclamò Henri sorridendo sarcasticamente sotto i baffetti (li portava ben curati, sin dai tempi del liceo al paese). ‐ Mi suonava strano, sapete? Non aver sentito le vostre brutte voci per un po': ho fatto persino dei brutti pensieri, che sembravate belli e...ma non si era detto che avremmo passato la notte in bianco? (il tenente, infatti, alludeva a due cose: la prima è che aveva pensato che i due fossero morti invece di dormire ‐ con ironia, certo ‐ la seconda invece che avrebbero dovuto trascorrere notte discorrendo del più e del meno o magari ricordando cose passate).
‐ Cazzo! Tenente! ‐ fece Kantorek. ‐ Vuole metterci di malumore già di primo mattino, senza aver bevuto un caffé? O cosa? (il ragazzo disse così perché aveva ben capito a cosa alludesse l'altro).
‐ Ma no, dai! ‐ replicò Henri. ‐ Volevo mettervi di buon umore invece! Ne avremo bisogno, sapete? Non crediate che andiamo ad un pic‐nic e poi...mi sembra d'avervi reso la pariglia, non è giusto? (il tenente alludeva agli sfottò che aveva subito dai due, poco prima che i tre si addormentassero, ma era anche...la prima volta che tra loro si parlò della guerra seppure alludendo e basta ed in maniera sarcastica, da quando avevano lasciato casa: la caserma del XV°). I tre scesero dal treno in tutta calma: dovevano presentarsi entro le nove al comando di trincea, e prima ancora al posto di blocco 45 che tutti chiamavano il "cancello": c'era tempo però. Erano stati assegnati al XII° plotone che stava di fronte alla "collina 81" e per arrivarci dovevano percorrere ‐ metro più, metro meno ‐ cinque chilometri a piedi: la distanza che li separava dalla stazione in cui erano arrivati col treno sino al punto prestabilito. Si accodarono ad un grosso convoglio militare, all'inizio, il quale trasportava pale ed attrezzi meccanici. Quello procedeva ad andatura lenta ma dettava il ritmo di marcia, scandiva cioè il passo ‐ i passi ‐ di quelli che erano a piedi dietro di lui. Questo incedere avvenne per circa un quarto d'ora, sino a che il convoglio non lasciò Henri e gli altri due praticamente a...sul posto. Insieme continuarono, poi, il cammino con altri soldati (la fila era lunghissima: cento, duecento e...forse 300 metri o ancor di più, chissà!). Il tenente era sul margine destro della strada, il quale costeggiava un torrente e la campagna limitrofa. Ad un certo punto si girò, girò il capo lentamente verso sinistra e notò che di fianco a lui e ai suoi due compagni s'era creata per inerzia una parallela fila di soldati, lunga quanto quella su cui procedeva egli stesso insieme a Kantorek e a Lucy. Questo numero impressionante di uomini, i quali procedevano a passo lento ed all'unisono, una cosa mai vista da occhio umano...il primo sentore vero di qualcosa di grande, enormemente grande ed immenso, abnorme ma al tempo stesso inspiegabile quasi "irreale" nella sua crudezza: il primo sentore, cioé, della guerra che poco per volta comincia a insinuarsi con lentezza ma inesorabilmente nella testa del tenente Galthier, dei suoi compagni e di certo in quella di tutti gli altri soldati. La guerra si manifesta in questo modo, a piccole dosi; sino a quando non ti si para innanzi in tutto il suo essere, impietosamente, senza veli e...maschere! Il giovane ufficiale a quel punto esclamò:
‐ Cristo santo! Sono una marea di uomini! Saranno migliaia, uuuhhh...‐ Lucy, da par suo, lo guardò negli occhi senza proferire parola: il suo sguardo, però, esterrefàtto e vuoto al contempo, aveva detto tutto parlando al suo posto! Kantorek invece continuò a camminare, come se non avesse udito affatto le parole del tenente: allargò soltanto le braccia, in segno di re...accettazione. D'improvviso si cominciarono a sentire in lontananza dei boati: uno, isolato, fu seguito da altri, a stantuffo, meno forti del primo ma più netti; sembravano però sempre più vicini e richiamavano il rantolo di qualcuno che sta per tirare le cuoia, amplificato per dieci, venti, trenta volte! Kantorek questa volta fece un balzo in avanti, di soprassalto, quasi come se avesse dovuto evitare un masso che li si era posto innanzi, sulla strada, mentre la percorreva.
‐ Tranquillo, Alain! esclamò il tenente. ‐ Sono ancora lontani! (lo erano, ma no come aveva immaginato Henri!). Lucy allora fece:
‐ Sono gli obici da 75, quelli più leggeri! Lo aveva letto, forse, da qualche parte tempo prima, in caserma; oppure glielo aveva detto qualcuno che è così, magari...lo aveva sentito da quel satanasso di Katczinsky! Quelli che Lucy e gli altri soldati in avvicinamento alle trincee ascoltavano, in realtà, eran colpi dei cannoni da 77. Le forze nemiche avevano già piazzato, lungo i quindici, sedici chilometri del fronte oltre un migliaio di pezzi di artiglieria: il più piccolo era quello da 77, il più grande, da 420 millimetri di diametro, poteva sparare proiettili da una tonnellata e anche a diversi chilometri di distanza. Le batterie sparavano colpi con dei tiri indiretti (senza vedere, cioè, il bersaglio né curarsi del loro punto di caduta) ma lo facevano con continuità e a cadenza sincrona, ogni dodici o tredici minuti: il rumore, a volte, era assordante e...metteva paura, faceva tremare la terra, gli alberi e gli uomini! I tre si guardarono a vicenda negli occhi, poi proseguirono nel cammino. Dopo tre quarti d'ora, un 'ora abbondante furono a destinazione, la prima no quella definitiva però. Si presentarono al comando, dopo aver passato una sorta di posto di blocco: era formato da una coppia di garitte in mattoni color marroncino (in cui vi erano due sentinelle col fucile), una opposta all'altra e situate ad entrambi i lati della strada. Le garitte avevano due feritoie dalle quali le sentinelle potevano osservare i movimenti all'esterno e ripararsi. Più avanti vi era una piccola casupola in legno di castagno: Galthier entrò, gli altri due restarono insieme, fuori, ad attenderlo.

Taranto, 26 novembre 2020.