Nostalgia

Capitolo I

Domenica 16 Settembre. Ore 02.15. Sono appena arrivato a Padova, nel parcheggio di fronte alla palazzina dove abito. Questa sera all’Home Rock Festival hanno suonato i Linea 77 ed il Teatro degli Orrori. Pogo selvaggio. Sudore. La tentazione alcool e fumo non ha avuto effetto su di me. Questa sera. Sarà che dovevo riportare a casa Cristina. Sarà che non mi va di sporcarla con queste cazzate.
Cerco le chiavi di casa dentro lo zaino. Niente. Cerco meglio tra il libro di Biochimica e la mia Agenda del Che molto poco professionale. Niente. Merda! Merda! Merda! Eppure dovrebbero essere qui. Faccio luce con il cellulare, un Nokia 3310 molto poco touch e molto poco cool. Cartine Rizla corte grigie. Una scatola di filtrini Bravo mezza vuota. Filtrini piccoli. Filtrini medi. Ovunque. Due accendini sono incastrati tra le pagine del “Gene egoista” di Dickens. Altre cartine lunghe. Ok. Fabri calma! Scendi dalla macchina e fumati una buona sigaretta. Recupero un po’ di tabacco Golden Virginia verde dalla tasca della mia giacca Sahariana. Mi rollo la sigaretta della buona notte e ripenso all’intera serata. Forse avrei dovuto provarci. Ah! Fanculo a questi pensieri. Fanculo anche alle chiavi. Risalgo in macchina. Mi tolgo la maglietta matida di sudore. Userò la giacca come coperta. Abbasso lo schienale e chiudo gli occhi.
Buona notte felicità.

Capitolo II

Toc, toc, toc.
‐Uhm..
Toc, toc, toc, toc, toc!
‐Uhm…ma che….
Toc, toc, toc!! Toc, toc, toc, toc!!
‐Mi scussi! Amico…mi scussi..
Non so chi sono. Dove mi trovo. La stanchezza agisce come colla impedendomi di aprire gli occhi. Ho dolori atroci lungo tutto il corpo. In particolare collo e schiena. L’ultima volta che mi sono risvegliato con dolori simili avevo trascorso la notte con un italo‐brasiliana. Di sicuro quella volta la voracità della ragazza sdraiata al mio fianco mi aveva fatto dimenticare il dolore in fretta.
‐Coraggio amico! Sei morto? Non morire.
Qualcuno continua a chiamarmi. Amico. Chi cazzo potrebbe essere? Forse qualche vicino. Qualche amico. Strano però. Non ho molti amici. In realtà non ho proprio amici.
‐Abbiamo bissogno di te noi. Tu essere l’unico. Amico salverà il nosstro mondo.
Non me ne sbatte una sega del tuo mondo. Tu che mi chiami amico. Me ne frega poco anche del mio. Però stai cominciando ad infastidirmi parecchio. Apro gli occhi sigillati. La luce dell’alba mi rende cieco per dieci minuti. Tasto il seggiolino vicino al mio in cerca della maglietta. La indossa nonostante sia ancora bagnata.
‐Tu esssere portatore di speranza.
Ecco. Sto cominciando ad abituarmi alla luce. ‐75mV. ll diametro della pupilla decresce di 8 mm. ‐70mV. L’ingresso di Ca++ sta depolarizzando progressivamente la membrana dei coni. ‐60 mV. Alla mia destra, al di là del finestrino della mia Panda 4x4, comincio ad intravedere una sagoma. ‐55 mV. Altezza stimata 1.50. Un nano. Non può essere la stallona brasiliana.  ‐50 mV. Sembra di carnagione scura. ‐40 mV. Depolarizzazione completata. Finalmente visualizzo questo rompicoglioni.
Di fronte a me un ragazzo appena uscito da un film di Sandokan. La pelle è di un rossastro tendente al nero che mi ricorda parecchio il divano in pelle di una mia bis‐nonna. Diciamo cinquanta percento pheomelanina e cinquanta percento eumelanina. Indossa una maglietta della Juve di Fonseca. Niente pantaloni. Sostituiti da un kilt nero e rosso.
‐Hei! Cosa vuoi?‐ Lo guardo come se la sua vita dipendesse dalla risposta. E probabilmente è così.
‐Amico...
‐Amico un bel niente. Non hai visto che stavo dormendo?
‐ Ma…io…noi…
‐No! Vattene fuori dai coglioni prima che scenda dalla macchina e ti prenda a pedate!
Mi guarda con la stessa espressione di chi non ha capito assolutamente una parola di quello che ho detto.
Sorride: ‐Possiamo venderti una rosa?
A questo punto potete immaginare la reazione. In un millesimo di secondo realizzo che devo riempirlo di botte. Dopo due millesimi di secondi sono già sceso dalla macchina. Dopo tre millesimi di secondo sto puntando la sua faccia, carico il destro e…
…e lui si mette a cantare a squarciagola “Nostalgia canaglia”. Mi siedo sull’asfalto. Temo di essere vicino ad un esaurimento nervoso. Decido che la cosa migliore da fare è rollarmi una canna. Proprio qui. In mezzo al parcheggio alle cinque e un quarto di mattina. Mentre scaldo il fumo lui stona “Ma che cos’è quel nodo in gola…”. Mischio sopra il mio bancomat la polvere nera con un po’ di tabacco. Temo seriamente l’arrivo del ritornello. Non so il perché. Pongo la mistura sopra una cartina lunga. Rollo. Devo fare in fretta. Non voglio dover ascoltare il ritornello senza prima aver acceso il mio ceppo. Non penso ce la farei. È una lotta contro il tempo. “…e questa assurda solitudine perchè…”. Prendo il filtrino. Lo adagio all’estramità destra. “…se per gli aironi il volo è sempre in libertà..”. Mi lecco rapidamente le dita per avere maggior presa sulla cartina. “…perché per noi…”. Rollo furiosamente. Sono concentrato come non capitava da mesi. “…invece c’è….”. Il momento sta per arrivare. “…qualcosa dentro che non va..”. Lui mi guarda e sorride. “Non va!!”. Stessa espressione di prima. Solo che ora noto in lui una spensieratezza che oramai non si trova più neanche nei bambini. Prendo l’accendino. La sigaretta truccata è tra le mie labbra. “…Non va!”. Do fuoco alla carta. Aspiro avidamente. Nell’istante stesso in cui il fumo giunge a livello dei polmoni lui si mette a piangere di felicità e urla:

“Nostalgia, nostalgia canaglia
che ti prende proprio quando non vuoi
Ti ritrovi con un cuore di paglia
e un incendio che non spegni mai
Nostalgia, nostalgia canaglia
di una strada, di un amico, di un bar
di un paese che sogna e che sbaglia
ma se chiedi poi tutto ti da”

Osservo la scena. Prima perplesso. Poi divertito. Comincio a ridere. Soprattutto quando lo sento cantare di un “paese che sogna e che sbaglia, ma se chiedi poi ti da”.