Occhio per occhio, mano per mano

Luca era mio, ora sta con Tamara.
Lo voglio, mi vuole, però non deve avermi.
Giovedì, tre del mattino.
Sono sveglia come un grillo e il cervello, affamato di sonno, proietta densi spettri nel buio fitto che avvolge la stanza.
Tamara, la ragazza che vive al piano di sopra, è rientrata incespicando, sfatta e ridacchiante, poco dopo la mezzanotte insieme a Luca, il suo ragazzo: da allora non sono più riuscita a chiudere occhio.
L’anno scorso abbiamo frequentato lo stesso corso di Etica e le ho fatto ottenere un voto eccellente, ma ora‐ sarà il senso di colpa, sarà l’imbarazzo, saranno entrambe le cose quasi non riesce a guardarmi negli occhi.
Però ho sentito mentre amoreggiavano.
Alle cinque rinuncio definitivamente all’idea di dormire. Mi infilo un pullover e mi muovo in punta di piedi verso la cucina, che è in comune. Mi appollaio sul davanzale e guardo la città davanti a me. Una fioca luna sembra vigilare sui palazzi del quartiere. Poi nella calma assoluta dell’alba, un cane emette un grido. 
Un attimo dopo sento lo strisciare di pantofole nel corridoio, la porta si apre e un fascio di luce mi acceca. "Spegnila", sibilo. 

E’ Luca. Si scusa e spegne immediatamente la luce. Ammorbidisco il tono. "Non riesco a dormire", dico.
Si versa un bicchiere d’acqua e si siede sul davanzale di fianco a me. E’ in boxer."Nemmeno io" risponde a bassa voce. Il suo torso di ragazzo mi attira, e la linea di peluria che prosegue oltre l’elastico dei boxer mi eccita all’istante. E’ bello Luca: grosse labbra screpolate, capelli nero vinile, e una carnagione bianca farinosa. Al punto che viene quasi voglia di soffiarla via.
Si sistema dall’altro lato del davanzale. Il cane guaisce di nuovo, in lontananza.
"La prima volta che l’ho sentito ho pensato che stessero uccidendo un bambino" dice.
Sbuffo sentendolo pronunciare quelle parole: "la settimana scorsa, là fuori è stata stuprata una donna. I residenti hanno ignorato le sue grida d’aiuto, pensavano fosse un cane".
Luca guarda in basso e fissa la piazza vuota, gli occhi grandi da bambino piccolo. 
Devo fare uno sforzo per non allungarmi verso di lui e togliere con una carezza quell’inquietudine dal viso. Accavallando le gambe per crearmi una base d’appoggio, lascio che il pullover scenda lentamente verso il basso facendo intravvedere il mio corpo. Il pensiero che Luca possa guardarmi, odorarmi, allungare una mano e toccarmi mi scatena piccole scariche d’eccitazione. Accendo una sigaretta, tengo la punta verso l’alto e da sopra quel luccichio lo osservo, me lo gusto. Appoggiandomi al muro, raccolgo le ginocchia al petto. Mentre gli passa il fumo si sforza di mantenere il contatto visivo, di guardarmi negli occhi, ma non resiste e lo sguardo scivola in basso verso quel triangolo scintillante nell’annacquata luce della luna. Mi accorgo che cambia posizione, il petto si gonfia, si contrae e riesco quasi a sentire il battito del suo cuore.
Restiamo seduti in quel silenzio carico di tensione, senza dire una parola, quindi lascio cadere le gambe per attirare il suo sguardo. Fissa a lungo e in modo ostinato combattendo con la coscienza.
"Devo andare" dice serio e se ne va.Più tardi sobbalzo nel sonno, quando Tamara sbatte la porta uscendo per la lezione del mattino.
Resto in ascolto: sento Luca annaspare fino al bagno, poi tornare a gettarsi pesantemente sul letto, infine il lieve oscillare del materasso. Salgo nella stanza di Tamara. Busso una sola volta ed entro. 
Con un gesto repentino, furtivo, si alza fino a sedersi.
Non dico una parola, mi limito ad avvicinarmi e scivolo sotto il rifugio offerto dalle coperte.
"Non posso farlo", dice. "Lo voglio, ma…". 
Mi tolgo il pullover."Non ti preoccupare,cerco solo un po’ di compagnia. Non dobbiamo nemmeno toccarci". Mi sdraio di nuovo e con un gesto gli indico di fare lo stesso.
Spalla a spalla ci masturbiamo come due adolescenti a occhi spalancati.
Luca geme fuori di sé, cerca di trattenersi per non venire rallentando il ritmo mentre accellero per mettermi pari. Raggiungiamo l’orgasmo assieme, i nostri corpi si contraggono verso l’alto e di lato, le anche si sfregano l’una contro l’altra, gli spasmi continuano anche dopo l’abbandono finale.
Mi sollevo mentre lui mi guarda con occhi imploranti, desideroso di possedermi decentemente – ancora, ancora. indica il suo corpo che si solleva in modo regale.
Una parte di me vorrebbe accondiscendere al bisogno espresso dal suo sguardo, un’altra e ancora affamata, non appagata, desidera essere soddisfatta.
Ma sono già in ritardo per la lezione.
Mi infilo il pullover ed esco dalla stanza.