Pasqua 2015

Pensiero del venerdì santo.
Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi.

Già, ma alzi la mano chi trascorre la Pasqua lontano dalla famiglia.

Per me il Natale, così come la Pasqua è lontano dalla famiglia. Dalla famiglia allargata intendo.
Genitori, fratelli, cugini.

Perchè io non ho una famiglia allargata.
In tempi non sospetti, aprile 2007, a seguito di un resoconto di un mio collega su una esequie a cui aveva presenziato, dissi: “Alle mie esequie voglio solo le persone che mi vogliono bene: mio padre, mia madre, mio marito e, se lo ritiene opportuno, mio fratello Alfredo”.

Tre anni prima avevo definitavemente realizzato che mio fratello maggiore non mi volesse bene.

Avrei dovuto mettermi l’animo in pace.
E invece no.
Così, quando il suo cugino preferito si unì allo zietto pieno di bile nell’agire contro mio marito e me, feci presente a mio fratello che se avesse continuato a frequentare quelle persone come se niente fosse e senza chiedere spiegazioni, quelle persone avrebbero fatto sempre peggio.
Solo il silenzio complice rispose.
Ma che mi aspettavo? Come mi aveva già detto una quindicina di anni prima, lui con i nostri problemi non voleva essere scocciato.
Quattro anni dopo la sua indifferenza o meglio la sua indifferenza trionfa nel sedersi al mio capezzale in ospedale manifestano il suo essere un estraneo, se non addirittura un nemico, per me
Ancora, ma che mi aspettavo?
Vent’anni prima ero stata in ospedale un mese in attesa di un intervento chirurgico e nè lui nè mio fratello minore, persone entrambe abili, avevano mai sentito l’esigenza di venirmi a trovare.

Che senso ha sedermi a tavola con persone per le quali che io sia viva o morta (meglio morta) è totalmente indifferente?

E passiamo agli zii e cugini. Cugini con cui sei cresciuta a contatto di gomito e che consideri fratelli.
Gli unici zii e cugini che ho degni del nome ‘parenti’ e non ‘parenti serpenti’ vivono lontani.
Chi in Trention, chi in Argentina.
Oppure sono i cugini di mia madre.
Mio zio in Trentino non mi farebbe mai deliberatamente del male.
Ed i miei zii in Argentina si sarebbero fatti in quattro per me.

Dei due fratelli ‘bancari’ di mio padre fin da bambina sapevo una cosa: che volentieri lasciavano mettere mano al portafogli a mio padre in vece loro.
In particolare del clan di mio zio Giulio e sua moglie Radaele sapevo anche che non si accontentavano di essere in gamba. Dovevano e devono sentirsi ‘i migliori’ e per essere sicuri ricorrono all’abitudine di ‘tagliare i vestiti’ (si dice così?) addosso al prossimo. Da questa abitudine mia madre salva solo mio cugino Carmelo.
Comunque su questo loro ‘vezzo’ e su altro male ricevuto c’ero sempre passata sopra.
Preciso che quando anni fa mi trovai con l’auto in panne nel parcheggio dell’ospedale dove avevo accompagnato mio padre per una visita, falliti i tentativi di recuperare il numero di un taxi, telefonai a casa di zia Radaele. Fui fortunata, la trovai in casa appena in tempo. Era in procinto di uscire. Illustrata la situazione, venne subito con la sua auto, sapevo di poterci contare, ed accompagnò mio padre a casa.
L’alternativa sarebbe stata telefonare al sig.Furio, altro fratello bancario di mio padre, di cui avevo il numero di cellulare. Sarebbe venuto subito, ma preferivo mille volte non ricorrere all’aiuto di quella persona che ritenevo viscida.

Ero passata sopra anche al fatto che mio zio Furio era passato dal far mettere mano al portafogli in vece sua da mio padre a me.
Ad un certo punto ho detto: ‘non voglio più pagare per voi’. E’ questa è la mia colpa più grave.
Ingenua. Chi sono io per oppormi ad una tradizione ultracinquantennale?
E, l’ho scoperto in seguito, chi sono io per rintuzzare un odio di uguale durata?
Il mio zietto non vede l’ora di spolparmi viva (anche morta). E prendersi la rivincita sul fratello laureato da cui tanto bene ha ricevuto (tra l’altro anche la casa in cui vive).

Buona Pasqua a tutti.