Pensieri volanti

Fu come un flash. Proprio mentre ero lì, e la guardavo, lei aprì gli occhi, di scatto, improvvisamente. Forse spaventata, forse sorpresa dal fatto che proprio in quel momento esatto, mentre io fissavo le sue palpebre chiuse, ci eravamo ritrovati a fissarci, tentò di scostarsi, anche se le sue braccia, insieme all’intero suo corpo, non risposero a dovere. Forse la causa del suo timore era data anche dalla circostanza; forse erano proprio quelle nostre labbra, unite in uno dei baci più dolci, a generare quell’incertezza.
Forse…
Ho sempre creduto che i “forse”, i “se” e i “ma” fossero di ostacolo al quieto vivere. Probabilmente non chiedersi mai “come sarebbe andato se” o “ma forse”, indubbiamente renderebbe più tranquilli, permetterebbe di vivere maggiormente nel presente. Dimentichiamo, però, solo un piccolo svantaggio, proprio da queste domande nascono i sogni.
Eh sì, i sogni, spettacolari divagazioni di un cervello che cerca di lanciarsi oltre il confine che qualcuno ha tracciato ai bordi dell’infinito.
Ma quando lei sollevò lente le palpebre, in quel fugace attimo in cui potei ammirare quegli occhi che da sempre mi colpiscono, è stato allora che pensai, che capii: tutto quello che stavo vivendo in quegli immensi attimi, era, per mia fortuna, realtà.
Fino ad allora non mi ero ancora reso conto di come potessi essere arrivato a quel punto. Tutti i momenti precedenti erano passati veloci, lasciando solo dolci tracce oniriche nella mia mente. Quelle mani che all’inizio si cercavano, che si muovevano lente, nella timidezza e nell’imbarazzo di un rifiuto. Quelle braccia, cinte intorno alla vita, che cercavano solo un po’ di tepore e un caldo rifugio da quel freddo mare che intorno ci avvolgeva. Quei capelli umidi che avevo scostato dal suo sorriso incerto, che ancora non capiva se fosse solo un gioco.
Mi resi conto di tutto questo solo in quel momento. E mentre una brezza fresca si alzava e generava sui nostri corpi umidi, che poco affioravano dall’acqua marina, un leggero brivido, lei si fermò, scostò le sue morbide labbra dalle mie.
No, non poteva finire così. Non ora ‐ urlai nella mia testa ‐ non quando il sogno è indistinguibile dalla realtà.
Ma i miei pensieri avevano corso troppo veloce, perché lei scosto la testa, ma solo per poggiarla delicatamente sulla mia spalla, stringendo la mia vita come mai nessuno aveva fatto.
Le accarezzai leggermente la nuca, sussurrandole dolci parole all’orecchio, ma già i miei pensieri avevano ripreso a volare.
Volavano alti, oltre le nuvole, affianco ai gabbiani. Nessuno poteva fermarli, nemmeno io. Si libravano leggeri, e ad ogni loro evoluzione nella mia testa comparivano nuove immagini.
Ricordo di aver pensato di voler morire. Sarebbe il massimo ‐ pensai ‐ morire adesso, immerso in un sogno, senza più svegliarmi, senza più dover subire la vita; sarebbe il massimo morire contento, con questo sorriso ebete che adesso non vuol cancellarmisi dalla faccia.
Ma i miei pensieri continuarono su questa scia, e immaginai questa mia morte: una morte per un bacio.
… C’era il coroner, il magistrato, e anche un mio amico che discutevano su questa strana dipartita.
‐ Qual è la causa del decesso? ‐ dice il magistrato.
‐ Arresto cardiaco, causato da… un bacio, sembrerebbe ‐ risponde prontamente il coroner
‐ Mi sembra uno strano modo di morire ‐ commenta il mio amico.
‐ Sembra che dopo questo bacio ci sia stata una iperattivazione del sistema nervoso parasimpatico, che ha causato un blocco cardiaco ‐ spiega il medico.
‐ Perdoni l’ignoranza, ma come può fare questo un bacio? ‐ domanda il giudice.
‐ Infatti non può ‐ continua il medico
‐ Ma allora come può bloccarsi così un cuore sano? ‐ cerca spiegazione il mio amico, con un tono fra il pressante e il preoccupato.
‐ Sembrerebbe un’attivazione nervosa volontaria, quasi che lui avesse voluto che il suo cuore si fermasse ‐
Alla risposta del medico segue un momento di incertezza degli altri due, finché il silenzio è rotto dal mio amico, che ancora incredulo di fronte ad una precoce quanto strana dipartita domanda: ‐ Ma il bacio? Come lo ha capito?
E il coroner, ostentando estrema sicurezza dalla sua, quasi a spiegare un concetto banale ad un bambino di tre anni, risponde: ‐ Beh, basta vedere quel sorriso pieno e compiaciuto che il rigor mortis gli ha lasciato impresso sulla faccia…
Queste immagini allargarono ancora di più il sorriso che da qualche minuto avevo sul volto. Mi accorsi che eravamo ancora abbracciati e che quell’abbraccio mi stava riscaldando, che quel corpo magro che mi teneva stretto in maniera tanto serrata, mi stava donando un infinità di calore.
Nella testa allora prese forma un’altra immagine, che questa volta più somigliante ad un quadro astratto.
… Il mare fa da sfondo, una immensa distesa blu‐azzurro che copre l’intera Terra. Se, però, si va a scrutare meglio questa distesa, più da vicino, si nota una essenza di forma sferica, di colore rosso chiaro, tendente all’arancione. Sembra quasi una bolla, che cresce, e si fa sempre di colore più intenso. Piano piano questa bolla fa cambiare il colore anche alle acque del mare. Quel mare da adesso in poi non potrà più essere freddo, da quando quella piccola bolla il cui colore è cresciuto a dismisura lo ha riscaldato. E osservando attentamente, si può capire anche perché. Quella bolla non è vuota, in quella bolla, chiusi dal resto del mondo, ci siamo noi, io e la mia ninfa, serrati in quella morsa fatta dalle nostre stesse braccia…
I miei pensieri continuarono a volare ancora molto quel giorno, e successero molte altre cose, ma il ricordo di quell’abbraccio che ha scaldato l’oceano resterà per sempre unico.