Piccole resistenze quotidiane in regime ospedaliero

La vita è quella cosa che ti succede mentre stai progettando di fare tutt’altro. Aveva proprio ragione John Lennon!! Grande fatica la mattina di sabato, ottimo allenamento con corsa e ripetute. Volevo essere pronto la Domenica. La finale dei play off del campionato di II categoria pensavo mi appartenesse più di ogni altra cosa. Si lo so era solo un’aspirazione alquanto ludica per un quarantenne, però, essendomi dilettato per tutto l’anno, a quell’appuntamento ci tenevo. Non volevo mancare. E invece? Sabato pomeriggio crisi ipertensiva e ricovero coatto.
Ed ora mi trovo qui. Al chiuso. In regime ospedaliero. E forse ne avrò ancora per alcuni lunghi e eterni giorni. Pieni di luna. E di sole. Più che udir il suono accecante dei raggi ultravioletti che s’imbattono sulle grandi vetrate del centro universitario ospedaliero di Catanzaro, mi dondolo nel buio della notte e cerco riparo. Oggi ho subito un oltraggio vero e proprio, con violenza fisica premeditata. La gastroscopia mi ha fatto entrare stamattina in un’altra dimensione. Ho vomitato l’anima dagli occhi oltre che dal naso dalle orecchie e dalla bocca. E’ un esame lancinante dove sei costretto per 5 minuti buoni ad ingoiare un tubo di gomma lungo 60/70 centimetri, subendo continue manovre.  Ho tentato più volte di ribellarmi e farla finita e scappare come clint eastwood in fuga dal penitenziario di alcatraz, ma ero sdraiato di fianco con la testa china in avanti su un bacile d’acciaio e con due energumeni ai lati che mi tenevano segregato.. Un calvario che mi ha portato tutto il giorno o quasi a penzolare come le gambe di un insetto..Quello almeno si ! Ho fatto uscire dalla stanza più di 15 specializzanti. Ad occhio e croce penso che il numero fosse così cospicuo in quanto, essendo un centro universitario, in giro si notono più camici bianchi che pazienti e parenti messi insiemi.. Si! Non è stato facile ma ci sono riuscito con un discorso secco e diplomatico. Mi sono messo fin da subito dalla loro parte cercando di andar incontro al mio essere paranoico e impertinente,  che era pronto per la sofferenza ma non per lo spettacolo della sofferenza..Il prof. universitario a dire il vero ha cercato di farmi cambiare idea, però quando mi sono messo totalmente dalla sua parte e dalla loro parte dichiarando il mio essere paziente in stato di agitazione ha dovuto per forza desistere e soprassedere..Avranno pensato quello o è veramente “storto” oppure ci sta prendendo tutti in “giro”. Né l’uno né l’altro. Sono solo un lucido maledetto in lieve stato di agitazione.  E’ stato un modo per prendere tempo a dire il vero. Ho chiesto scusa ai specializzanti, tutti rigorosamente pettinati a dovere e in camice bianco, sembravano soldati già pronti ad arruolarsi nel corpo speciale della medicina italiana.
Dopo sono rimasto da solo di fronte a quel supplizio medico.
Oh quanto adoro il mio lavoro! Il mio ufficio…il traffico della città…le code dietro un semaforo..la fila ai supermercati….la gente che aspetta le 14.00 dietro un orologio prima di timbrare…..Tutto ciò che mi appesantiva un tempo oggi lo vedo leggero….leggero..leggero.
Ed ora scrivo perché è l’unica arma che ho per porre resistenza. E lo faccio sapendo che qualcuno prima o poi mi leggerà, forse domani alla luce del sole. Sdraiato sul letto, al buio di una stanza di ospedale, odo piccoli rumori e miagolii di sottofondo. Candidi violini risuonano nella mia mente in uno spazio senza luce e senza speranza di poter prendere il volo.
Una sinfonia tenue e strepitosa entra dolcemente nelle vene della notte disperata, ferma il tempo mentre la città si muove. Nel sottofondo tamburi lontani quanto silenziosi rumori di auto in corsa mentre, sconsolato e stanco, ascolto, registro e mi dispero per una musica che ancora una volta non potrò sentire. Solo per ora…Sono stanco, proverò a prosciugare le ultime 20 pagine dei 49 racconti di Heminway prima di chiudere gli occhi. La città sembra arsa dalle fiamme talmente è forte ciò che porto al petto, eppur sembra un muro fasullo,illusione della mente, inferno nel ventre. Eccolo ora riflesso tra queste ultime due righe il mio spirito mai saturo, solo ma sempre bollente, che ride del proprio dolore,impazzisce perché ancora non conosce il suo nome,scrive parole nella sera per raccogliere domani qualche lucido fiore di primavera…