Policarpo

Sono venuto a trovarti in una giornata d’autunno. Prima che il sole cuocesse la mia testa e scaldasse la macchina.
Ti avevo avvisato la sera precedente, per fortuna che ti ho trovato.
In tre ore ero già arrivato correndo ad una modesta velocità.
Mi hai accolto nella tua casa. Le sere successive siamo usciti fuori a mangiare qualche gustoso piatto locale.
Poi ci siamo messi a parlare e ti ho raccontato dei nostri nonni.
Paterni per te.
Materni per me.
Erano nati nella provincia di Padova dove vivi e precisamente a Loreggia.
Hanno finito per vivere in provincia di Torino.
Le tue domande erano rivolte verso il nonno, Policarpo.
Tu pensavi che fosse originario del Portogallo, invece  ti ho spiegato che era figlio di n.n.
Sembravi deluso ma poi ho aggiunto che lui fu adottato da una ricca famiglia di possidenti terrieri. Rimanesti sorpreso, immaginavi i tuoi trisavoli come abili mercanti o scaltri e cinici avventurieri che salpavano da un continente all’altro per dominarlo e saccheggiarlo... eh... i portoghesi... sospiravi.
Quello che ti avevo detto lo potevi accettare ma quando aggiunsi che era un gran bevitore, gli piacevano le donne e spendeva una fortuna scommettendo alle corse dei cavalli rimanesti alquanto perplesso.
Osai anche dirti che aveva dilapidato il patrimonio della famiglia adottiva, riducendosi  in miseria.
Le tue perplessità aumentarono.
Ti vidi contento quando ti dissi che tua nonna Amalia si era innamorata di lui, nonostante la sua povertà e lo volle sposare venendo diseredata dalla sua famiglia che era nobile.
Insomma due abbienti decaduti.
In Veneto misero al mondo 10 figli: 7 maschi e 3 femmine, gli Estavio che si diffusero poi anche all’estero.
Negli anni venti si trasferirono in Piemonte lavorando come braccianti, nei campi delle colline torinesi, spesso pativano la fame. Trovavano un po’ di sollievo nelle famiglie dei vicini e nelle razioni che il governo a loro elargiva in quanto famiglia numerosa. Nel dopoguerra mio nonno si trasferì con suoi tre figli, per un breve periodo, in Francia a lavorare nelle miniere.
Tornò ben presto nei campi a coltivare frumento e mais e curare le vigne che erano molto belle e davano un buon vino.
In quelle terre tuo nonno affittò una cascina da mio nonno.
Mio padre si innamorò di tua zia Maria, che è mia madre, e che sarebbe la sorella di tuo padre, Italo. Come vedi il cerchio si è chiuso.
Ieri sera ci siamo congedati.
Ti ho confidato di vederti simile a lui, Policarpo.
Lo stesso sguardo indolente, la simmetria perfetta del viso, gli occhi chiari e un po’ languidi, una precoce calvizie che mette in risalto la rotondità del tuo profilo, un eloquio parco e un atteggiamento di ascolto verso le storie che gli altri raccontano.
Sono partito all’alba, ho preferito non svegliarti perché era molto presto.
Quando ti alzerai, troverai questo foglio vergato di inchiostro e io sarò già arrivato a casa.
Grazie e alla prossima.