Quel grande amico blu chiamato mare

Lungo quelle strettissime viuzze regnava ancora il silenzio, la luce bianca della luna piena stava per cedere il posto ai raggi del sole quando in lontananza si scorgevano le lampare dei pescherecci di ritorno dall’ennesima  battuta di pesca notturna. Un’altra notte in barca era terminata ed era tempo di riposare. Era questa la vita che si svolgeva in quel piccolo borgo di pescatori situato nella penisola sorrentina. Un minuscolo angolo del mondo in cui viveva Salvatore, un giovane pescatore originario di Sorrento, che aveva fatto della sua passione per il mare, il suo modo per guadagnarsi da vivere. Salvatore viveva in un modesto appartamento con sua moglie Luisa e i suoi quattro bambini. Non erano ricchi ma il lavoro del giovane aveva permesso a lui e alla sua famiglia, di vivere in maniera sufficientemente dignitosa. Amava il mare da sempre e per questo, aveva anche messo da parte la sua laurea in ingegneria conseguita qualche anno prima. Ogni mattina, la sveglia per lui suonava molto presto e, dopo aver dato un bacio a sua moglie e i suoi bambini, si dirigeva verso il largo con i suoi compagni di pesca. Nonostante il suo lavoro fosse molto faticoso, Salvatore tornava a casa con il sorriso sempre stampato sulle labbra; ogni giorno, con il pesce pescato, poteva sfamare le bocche dei suoi quattro bimbi che ne mangiavano in quantità industriale e con un appetito da fare invidia ad un leone.
Il giovane Salvatore divideva spesso le sue battute di pesca con Pasquale, un pescatore di circa sessantacinque anni, anche lui sorrentino da molte generazioni. Al contrario di Salvatore, Pasquale aveva alle spalle una storia molto dolorosa. Aveva perso sua moglie da qualche tempo e aveva da sempre il rimpianto di non avere mai avuto figli. Salvatore considerava Pasquale un secondo padre, grazie a lui, infatti aveva imparato, sin da piccolo, i segreti del buon pescatore ed ora poteva finalmente metterli in atto.
Sembrava che tutto procedesse per il meglio in quel piccolo borgo di pescatori, ma purtroppo i problemi erano dietro l’angolo e non tardarono a farsi sentire.  Un giorno infatti, durante una normalissima sessione di pesca, i componenti del peschereccio di Salvatore e Pasquale non si accorsero dell’arrivo di un violento temporale. Scorsero le nuvole nere da lontano mentre i primi lampi dividevano il cielo in due parti; si affrettarono a tirare le reti che avevano calato in mare e tentarono una disperata fuga verso la riva. Tra le grida disperate dell’equipaggio, il giovane Salvatore e l’anziano Pasquale si adoperavano a tirar su le reti con la forza delle braccia, mentre il timoniere spingeva il motore dell’imbarcazione il più possibile per guadagnare la costa. Il temporale li aveva ormai raggiunti e l’impresa diventava sempre più disperata. Arrivati ormai a pochi metri dalla riva, un violento fulmine si abbatté sull’imbarcazione provocando la caduta in mare di alcuni pescatori. Qualcuno riuscì a raggiungere a nuoto la riva ma sfortunatamente si accorsero che mancava uno di essi e nessuno riusciva capacitarsene. Salvatore, il membro più anziano era disperso come se fosse stato inghiottito dalle onde. Iniziarono immediatamente le ricerche ma purtroppo non diedero l’esito sperato. Qualche ora più tardi arrivò la triste conferma. Il corpo senza vita di Pasquale era stato ritrovato a distanza di alcune centinaia di metri. La brutta notizia fece immediatamente il giro del borgo e tutti scoppiarono in un pianto dirotto. Per alcuni giorni dal porticciolo situato davanti alle case dei pescatori nessun peschereccio prese il largo.
Il più addolorato per la scomparsa di Pasquale, era sicuramente il giovane Salvatore. Aveva perso la sua guida, colui che lo aveva introdotto nel mondo della pesca e incoraggiato più volte a svolgere questa professione. Il giovane provava dentro di sé un senso di smarrimento e trascorreva la maggior parte del suo tempo in silenzio. Aveva anche perso l’abitudine di giocare con i suoi bambini a cui aveva sempre dedicato quei piccoli attimi di libertà che il suo lavoro gli concedeva. Salvatore era ormai un’altra persona; il suo sorriso, la sua energia e la sua voglia di vivere sembravano lontani anni luce. Continuava ad andare a pescare tutte le mattine ma senza Pasquale, l’equipaggio di quel peschereccio aveva perso il suo leader, oltre che un amico sincero.
Il morale del giovane Salvatore peggiorava di giorno in giorno tanto che, nella sua mente, stava maturando l’idea di lasciare per sempre la sua Sorrento e il suo mare per trasferirsi nel nord dell’Italia e cambiare vita. Salvatore era un ingegnere e questo suo titolo poteva facilitarlo nel trovare una nuova occupazione. “Voglio lasciare per sempre questo posto” ripeteva sempre “il mare adesso mi fa paura”.
Fu così che grazie a un suo caro amico, che da qualche tempo viveva a Milano, riuscì a trovare lavoro come ingegnere in una grande azienda. Quella nuova realtà lo entusiasmava, ma allo stesso tempo prese quella decisione con la morte nel cuore. Per la prima volta nella sua vita stava lasciando qualcosa che gli era veramente caro. Arrivò il giorno della partenza, quella mattina Salvatore si alzò molto presto e, preparata una valigia con le cose essenziali, si avvicinò all’amore della sua vita Luisa e ai suoi bimbi e disse loro: “ Io adesso parto, vado via per garantirvi un futuro migliore e un luogo migliore in cui vivere". "Appena mi sarò sistemato con il lavoro mi raggiungerete e non ci lasceremo mai più”. “Abbi cura di te amore mio, ci vediamo presto” gli rispose Luisa con le lacrime agli occhi. Subito dopo quel commovente saluto Salvatore uscì di casa; ad attenderlo, un taxi che lo avrebbe accompagnato alla stazione. Aveva sul viso un’espressione piena di tristezza, mai nella sua vita avrebbe pensato di abbandonare la sua famiglia e il mare. C’era però il nuovo lavoro, quella nuova esperienza di vita e soprattutto la speranza di ricongiungersi ai suoi cari tra le motivazioni che lo spingevano ad accettare la sua condizione di emigrato nel Nord Italia.
L’entusiasmo per Salvatore non tardò ad arrivare, si apprestava infatti a vivere il suo primo giorno di lavoro in quella grande azienda. L’accoglienza che gli fu riservata fu delle più calorose, nonostante fosse l’ultimo arrivato, riuscì in poco tempo a catturarsi le simpatie di colleghi e superiori che lo apprezzarono per la sua grande umanità oltre che per la sua grande professionalità. In poco tempo Salvatore diventò il perno fondamentale della sua azienda; tutti i suoi colleghi infatti, andavano a chiedergli consigli su questioni lavorative, sapevano che sarebbe stato in grado di risolvere anche le situazioni più intricate. Ogni sera parlava al telefono con sua moglie e i suoi bimbi, rassicurandoli sul fatto che si sarebbero presto ricongiunti in quella nuova città. Salvatore ormai sembrava completamente ambientato in quella nuova realtà professionale. La sua azienda non poteva fare a meno del suo talento e spesso gli erano offerti dei leggeri aumenti di stipendio come segno di riconoscenza per il suo operato.
Trascorsi alcuni mesi dal trasferimento, il giovane Salvatore, seppur soddisfatto della sua nuova posizione, iniziò a provare un senso di nostalgia per il suo paese, i suoi familiari e per il mare che ormai non vedeva da un po' di tempo. A lavoro tutti si accorsero che il giovane non era più lo stesso, sentivano che gli mancava qualcosa. “Mi manca il mio paese, la mia famiglia, il borgo, dove sono nato e le battute di pesca.” Diceva Salvatore confidandosi con un collega. “Ho tanta voglia di tornare a casa e rifare tutto ciò che facevo prima”. Quella stessa notte, gli venne in sogno Pasquale, il suo amico scomparso, il quale gli disse: “Figliolo caro, sei stato catapultato in una realtà che non ti appartiene". "Tu sei nato per fare il pescatore e io ti sarò vicino come facevo esattamente quando salivo con te sulla barca”. Attraverso quelle parole, Salvatore comprese realmente che il suo posto era quello in cui era nato e cresciuto e che l’amore per il mare non gli era mai passato. Qualche giorno dopo Salvatore consegnò le sue dimissioni all’azienda in cui lavorava e fece ritorno a Sorrento. Ad accoglierlo ci fu l’abbraccio della moglie Luisa, dei suoi bambini e di tutti i pescatori del borgo. Il giovane pescatore era al settimo cielo e rivolgendosi ai suoi figli disse loro. “Bambini miei, papà è tornato ed è qui per non lasciarvi mai più". C’era il tramonto nel cielo di Sorrento e per Salvatore era tempo di un lauto riposo. L’indomani lo attendeva una nuova battuta di pesca. Questa volta però tutto aveva un sapore diverso, perché salire di nuovo sul suo peschereccio, rappresentava per il giovane Salvatore, la riconciliazione con quel suo grande amico blu che nonostante tutto non aveva mai lasciato i suoi pensieri: il mare.