Rivelazioni Apocrife

"In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto
di tutto ciò che esiste."

Dal Vangelo secondo Giovanni, 1, 1‐3 Abbazia di... Lì...1962 Eminenza,
mi permetto umilmente di scriverVi per metterVi a parte di alcune circostanze che hanno appesantito a tal punto la mia anima, da spingermi a chiederVi udienza per la Santa Confessione. A Voi solo, che foste così magnanimo da riportarmi sulla via della vocazione quando temevo di aver smarrito la fede, vorrei rivelare il peso che mi angoscia al punto tale, da temere di farne il minimo cenno a qualsivoglia confratello o superiore, in questa Abbazia.
Il mio nome di battesimo poco importa, da quando presi i voti, sono conosciuto col nome di frate Ignazio. Mi piaceva pensare, peccando forse di superbia, che la fiamma, "ignis" appunto, da cui origina tale nome, rappresentasse il bisogno di conoscenza, che mai può spegnersi, e che nel nostro ordine era tenuto, pensavo, in grande considerazione.
Il mio primo incarico ufficiale fu quello che ancor oggi, fedelmente, ricopro: bibliotecario curatore. La biblioteca della nostra abbazia è molto antica e possiede copia di alcuni fra i testi più antichi dell'intera cristianità, il cui accesso è però limitato ai soli padri superiori e solo in particolari occasioni. Di solito per i nostri studi utilizziamo delle copie.
Per questo, qualche mese fa, mi sorprese molto il fatto che il nostro padre priore affidasse proprio a me la catalogazione e la riproduzione di un manoscritto esoterico in latino antico, risalente a prima vista ai primi anni dopo Cristo, noto come "Manoscritto di Fish", ufficialmente ritenuto apocrifo e blasfemo prima ancora che arrivasse da noi e del quale nessuno sembrava volersi interessare troppo. Si mormorava infatti che trattasse in termini espliciti del momento della ribellione di Satana a Dio. Di solito questi compiti vengono affidati a cariche ben più specifiche della mia, a persone più colte e preparate di me, mentre io al massimo sono solo il custode del lavoro di ben più capaci confratelli. L'incarico mi venne passato quasi con noncuranza, come fosse di routine, quando invece era il mio primo lavoro in tal senso e ne sentivo già tutta la responsabilità. Si trattava, del resto, di un testo evidentemente molto antico e, a mio modesto avviso, sicuramente prezioso. Mi venne invece precisato che l'importanza di quel testo era puramente di datazione storica e che, prima avessi svolto quel compito, prima sarei stato libero di tornare alle mie solite occupazioni.
Non ero solito sollevare questioni, ma mi parve che nel darmi questa consegna il padre priore avesse un'inusitata fretta.
Mi accinsi al mio compito con tutta l'attenzione del caso. Dello sconosciuto autore non si aveva alcuna notizia. Per questo, pensai fosse importante datare storicamente il testo. L'unica traccia a mia disposizione, per quello che già si presentava come un difficile lavoro di ricerca, era costituita da una sorta di epigrafe in latino, probabilmente molto posteriore al testo originale, scritta però in una sorta di stile arabeggiante, con influenze non meglio definite tra il cabalistico e l'astrologico, che si riferiva a quanto pare allo sconosciuto autore. Ne riporterò anche la forma, invero piuttosto curiosa. L'iscrizione diceva: Alla luce di Sadalmelik,
dalle acque di Athesis,
sorse colui che aprì le porte
all'Era di Aquarius.
Rivoltò le idee e
sconvolse la realtà,
capovolgendo il mondo,
segnato dal dodicesimo Arcano.
Riportò gli opposti all'Unità originale
e fece confluire le sacre acque.
Sorse per portare luce alle tenebre
Ma le tenebre lo respinsero.
  Non sono un esperto di astrologia, tantomeno di astronomia e non mi riuscì di ricavare le possibili notizie nascoste nello strano componimento, i cui versi sembravano far riferimento ad una sorta di epifania, forse da parte di uno sconosciuto profeta minore. Ma non mi riuscì di comprendere altro. L'ultima citazione, invero, mi ricordava vagamente un versetto del "Prologo" del Vangelo di Giovanni. Il resto mi era del tutto oscuro.
Chiesi un parere ad uno dei miei padri spirituali, più edotto di me nei culti misterici e in generale nei simbolismi mistici dell'epoca pagana, come di quella oscura delle eresie medioevali. Ciò che ne ricavai fu quel che mi parve un ansioso ed alquanto sbrigativo consiglio di evitare certe materie di studio, "per il bene dell'anima". Non Vi nascondo che rimasi deluso. Sembrava che tutti avessero avuto unicamente fretta di scaricare quell'onere a qualcun altro. Cosa che mi fece ritenere d'aver compreso come mai un tale onore, io lo ritenevo tale, fosse giunto sino a me. Probabilmente lo sconosciuto tomo doveva aver fatto il giro dei confratelli.
Alla fine della giornata mi ritrovai nella mia cella, con il volume da catalogare ancora sullo scrittoio e nessun aiuto per farlo.
L'indomani, dopo le laudi mattutine, mi ritirai nel mio ufficio e mi armai di dizionari e pazienza, invocando la benedizione divina e mormorando tra me "ad impossibilia nemo tenetur".
Avevo mille domande che attendevano risposta e l'unica cosa che potevo fare era rivolgerle al testo, sperando di trarne qualche dato sensato che le esaudisse.
Cominciò così un complicato lavoro di traduzione che mi prese parecchi giorni, diventando sempre più febbrile man mano che andavo dipanando la matassa dell'argomento. Le albe si alternavano ai tramonti. Uscivo dal mio ufficio solo per le consegne quotidiane e per i momenti di preghiera comune, fremendo d'impazienza nell'attesa di tornare al mio lavoro. Cominciai persino a trascurare la cura della mia persona, cosa che mi procurò una nota di biasimo da parte del mio superiore.
Ogni mattina non vedevo l'ora di riprendere in mano il mio manoscritto e quanto più ne decifravo il contenuto, tanto più cresceva in me il desiderio di andare avanti, mentre diminuiva quello di condividerne i misteri con i confratelli. Inizialmente avevo spesso chiesto loro, durante i pasti, se ne avessero sentito qualche notizia, anche vaga, prima che giungesse a me. Ne avevo ricevuto silenzi attoniti e rassicurazioni frettolose.
Dopo un paio di mesi di febbrile ed accurato lavoro sul delicato volume, e di notti insonni, popolate sovente da orrendi incubi, completai la traduzione del manoscritto. Nessuno nel frattempo me ne aveva chiesta notizia, sembrava che ognuno fosse contento per il solo fatto di non essere quello che l'aveva ricevuto.
Infine, conoscevo il motivo di tanta riluttanza. Il segreto del "Manoscritto di Fish".
Rinvenuto in chissà quale paese anglosassone, il testo era stato frettolosamente battezzato in quel modo per l'immagine di un pesce sulla copertina e il riferimento all'acqua contenuto nella strana epigrafe.
Possibile, mi ero chiesto inizialmente, che nessuno avesse intuito che il pesce rappresentasse l'acronimo che i primi cristiani usavano per riferirsi a Gesù Cristo, rinvenuto su dipinti murali in moltissime catacombe? Non era l'inglese la lingua giusta, e neanche il latino, ma il greco antico! La parola era ‐ la trascriverò alla meglio in lingua, la mia macchina da scrivere non riporta, purtroppo, i caratteri corretti ‐ ICHTHUS ovvero "pesce" in greco antico, che sta, come Voi di certo saprete, per Iesous CHristos THeou Uios Soter cioè: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore!
Ma il vero segreto custodito dal misterioso manoscritto era tutt'altro. Molto più sconvolgente. Al punto tale da essere, ritenni, pericoloso. Mi avevano affidato un testo proibito più che apocrifo. Di quelli che un tempo avrebbero mandato sul rogo come eretico chiunque ne fosse stato scoperto in possesso e che anche in quel momento occorreva maneggiare con estrema cautela!
Ve ne riporterò il contenuto il più fedelmente possibile, perché non vada nuovamente perduto.
L'autore pare essere un certo Nicodemus, allievo ed amico, oltre che compagno di prigionia, a quanto sembra, dell'evangelista Giovanni. Quanto al contenuto, lascio a Vostra Eminenza ogni commento. In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Così, diceva Giovanni, mio fratello e maestro nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù, mentre ci trovavamo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù, quando rapiti entrambi come in estasi, udimmo una voce, come di tromba, che ci diceva: "quello che vedrete scrivetelo in un libro e mandatelo alle sette chiese affinché esse sappiano. Tu Giovanni, scriverai di come le cose sono e saranno alla fine dei tempi, e tu Nicodemo, di come tutto ebbe inizio". Ebbi appena il tempo di volgermi verso il mio maestro che in un lampo venni trasportato e mi trovai in un cielo oscuro e silenzioso, senz'altro che buio e luci di stelle intorno. Ebbi paura perché non avevo che il nulla sotto di me, eppure il mio corpo sostava per aria come fossi su solido ebano. Mi volsi e quasi caddi dalla paura, poi capii e il mio cuore si calmò: la possente creatura dal volto cerchiato di luce, che mi aveva condotto fin lì, mi teneva nel palmo della sua mano e con voce calma e potente mi parlò: "guarda bene e rammenta. Quelle che vedi non sono stelle. Sei all'inizio dei tempi e non esistono ancora né sole, né luna, né stelle. Guarda…" Meraviglia! Quelle che mi erano sembrate stelle immobili erano forme luminose viventi! Creature meravigliose e possenti, simili ad uomo nell'aspetto, ma fatte come di luce viva, dotate di ali multicolori. Come rispondendo ad un silenzioso richiamo presero a volteggiare intorno ad una luce sfolgorante ed immota. Improvvisamente si udì una voce che era come cento e cento corni che suonassero insieme, come il vento di mille tempeste quando mugghia tra le palme e la sabbia diventa come coltelli sulla pelle. Le mie orecchie ne rintronarono e caddi sulla mano del mio gigante. Non avevo capito quale suono fosse stato emesso e chiesi alla mia guida alata "dimmi, potente essere, cos'era quella voce che ho udito, ti prego nel nome di Colui che tutto può". L'essere sorrise amabilmente "l'hai detto uomo, era la Sua voce, che le tue orecchie mortali non possono tollerare". Stupito, mi volsi verso la stella immota prostrandomi e gridando "perdonami, Signore, per non averti riconosciuto!". "Non temere" mi rassicurò la mia guida celeste,"Egli ti ha messo nelle mie mani perché tu sia fedele testimone. Sono stati chiamati dei nomi, tra cui uno che non ti aspetteresti mai di udire". In un attimo mi trovai condotto al centro della stella immota, abbacinato dalla sua luce sfolgorante. Quando ai miei occhi fu permesso di vedere, caddi di nuovo! Mi trovavo in un enorme tempio, costruito in una pietra più candida dell'avorio, più dura del bronzo, più trasparente del cristallo, al cospetto di un enorme trono circonfuso di luci multicolori, circondato da creature meravigliose, che cantavano un inno di gloria con voci soavi. Un canto di gloria, potenza e bontà infinita. Il trono improvvisamente si accese della luce più brillante e fulgida che avessi mai potuto immaginare. Udii la voce della mia guida che mi diceva "non temere, i tuoi occhi sono protetti per Suo volere. Se dovessi scorgere il Suo volto in pieno splendore, così come Egli è, della tua spoglia mortale non rimarrebbe nulla. Ora ascolta in silenzio. Ti sarà concesso di assistere ma non di intervenire". Dalla porta del tempio vidi arrivare in volo quattro luci sfavillanti, che affievolendosi appena, toccando il suolo, rivelarono quattro splendide creature, magnifici guerrieri in armatura d'oro, come i loro lunghi capelli. Sulle spalle di ognuno ardevano quattro ali come lingue di fuoco e al fianco portavano spade dalla lama di fiamma. I cori tacquero al loro ingresso. I quattro avanzarono maestosamente, silenziosamente, come neanche toccassero terra, fermandosi infine ai piedi del trono. Su di esso, la luce divina si rifrangeva come un gigantesco diamante colpito dal sole, ma più sfolgorante di mille soli messi insieme. La voce di tuono risuonò calma e pacata, come di padre amorevole, "Gabriel…Mikael…Raphael…figli miei" al suono dei rispettivi nomi, i cavalieri alati, ad uno ad uno, poggiarono un ginocchio a terra chinando il capo. L'ultimo però mi era ignoto e non ricordavo altri nomi oltre quelli dei tre arcangeli. "…Luxifer". Il quarto arcangelo s'inginocchiò, chinando il capo profondamente. Udendo quel nome trasalii, colto da immenso terrore. Lucifero! L'Avversario, il Signore della menzogna, l'Angelo Ribelle, il Signore dei Rinnegati… Mi volsi verso la mia guida celeste… Possibile che non lo sapessero ancora? Possibile che l'Onnipotente ignorasse che il Serpente giaceva ora ai piedi del trono? Il mio custode mi fece cenno di tacere, aspettare e osservare. Udii la voce uscire dal trono di luce e scandire queste parole "Luxifer, Figlio dell'Aurora, Portatore di Luce, Primo fra gli Angeli, gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini… figlio mio prediletto! Di te mi sono compiaciuto!" Ero senza fiato! Ammutolito! Poteva il Signore dei mortali e degli immortali incorrere in un così lampante errore? Mi sentivo preso da mille pensieri. Ero al cospetto dell'Onnipotente e dei suoi angeli. Dovevo forse assistere al tradimento di Lucifero? Come Giuda Iscariota nel Getsemani col Messia? Mi chiedevo cosa fare… Il tocco di una mano sulla spalla mi distolse dai miei pensieri. La mia guida aveva assunto dimensioni pari alle mie ed ora mi stava accanto, come un uomo di grande statura. Sentii la sua voce rassicurante nella mia testa sebbene le sue labbra non si muovessero "abbi fede e non temere. L'Onnipotente può forse incorrere in errore?". Il mio cuore si riempì di vergogna. Avevo dubitato. Al cospetto di Dio, avevo dubitato. Non ero degno di essere testimone di tali misteri. Eppure ero ancora lì, la mia guida mi sorrideva dolcemente, come un padre di fronte ad un bambino che non capisca ciò che vede. La voce del Signore si alzò dal trono. "Luxifer… un grande compito ti attende… Nei tempi che verranno riempirò il vuoto che ci circonda con vita mortale…genererò stelle, mondi ed esseri viventi, creerò la luce e la dividerò dall'oscurità, e la vita si moltiplicherà nei secoli. Creerò esseri a mia immagine e somiglianza su ogni mondo e su uno di questi genererò una creatura che chiamerò uomo. Gli donerò intelligenza e libertà di scelta, e affinché possa vivere felice per sempre, metterò tutte le altre creature del suo mondo ai suoi piedi. Tuttavia… Essendo mortale e finito, durante la sua vita terrena sarà una creatura imperfetta e la paura della sua stessa finitezza potrà indurlo in errore. Avrà molto da imparare prima di essere pronto per il progetto cui l'ho predestinato, e dovrà imparare dagli stessi errori che commetterà. Questo sarà il tuo compito!" L'arcangelo Luxifer, luminoso e splendido nella sua aura d'arcobaleno, lentamente sollevò il capo ma senza fissare direttamente il trono. Poi parlò con voce profonda e chiara "Signore, cosa vuoi tu dunque che io faccia per la creatura uomo e la sua discendenza?". "Figlio", rispose amorevole la voce dal trono, "dovrai indurlo in errore!". Ero sbigottito! Tutto ciò che avevo intorno era meraviglia ai miei miseri occhi, ma mai avrei immaginato un tale evento. La lungimiranza dell'Onnipotente prevedeva anche che il male entrasse nel mondo, dunque! Al pari di me, anche Luxifer sembrava senza parole. "Padre", disse con il volto segnato da uno stupore simile al mio, "non comprendo il tuo volere… Dovrei indurre in errore una creatura a te tanto cara? Per quale motivo dovrei farlo?" "Non temere, figlio" rispose il Signore nel suo immenso splendore, "l'uomo nascerà con la capacità di discernere, non desidero che una mia creatura mi sia fedele perché senza altra scelta, lo creerò nell'amore e per questo stesso amore darò lui lo stesso dono che diedi a te e a tutti i tuoi fratelli". "Padre immensamente buono", disse allora Luxifer prostrandosi, "ma perché, allora, dovrei introdurre il dolore e la sofferenza nella sua vita, se tu lo crei nell'amore?". "Affinché possa crescere e migliorare nei secoli che verranno, affinché possa emergere dall'infanzia spirituale in cui la sua stirpe dovrà nascere!" furono le parole del Signore. Oh, quale mirabile evento ero stato destinato a testimoniare! A tal punto giungeva da sempre l'amore del Padre per l'uomo sua creatura! Ma l'Agnello? Il Messia? Qual'era stata dunque la missione divina di Gesù? Quali risvolti celava la Sua venuta nel mondo? Per la prima volta l'Arcangelo alzò il volto verso il trono celeste in un meraviglioso sorriso "allora ne sarò l'istruttore? La guida?". "Mai direttamente!" lo interruppe il Padre. "Ancora non intendo il tuo volere, Padre Onnipotente! Come dovrò dunque agire nei suoi confronti?" chiese ancora l'Arcangelo. Il Padre Sempre Amorevole, rispose "l'uomo dovrà sempre scegliere il suo destino, non gli saranno fatte concessioni e il suo cammino non sarà facile. Perché possa giungere alla perfezione che in forma di anelito gli instillerò, dovrà sempre confrontarsi con i desideri e le paure che l'esistenza stessa gli farà nascere dentro. Tu avrai il compito di suscitare in lui questi desideri, di metterlo alla prova quanto più le sue parole proclameranno la sua fedeltà alle leggi che gli darò, di attingere a piene mani alle sue paure e ai desideri più distruttivi e malvagi che la sua natura fisica mortale gli farà covare" "Perdonami, Padre Altissimo, ma perché mai dovrebbe l'uomo cadere in tali inganni e tentazioni se godrà sempre del Tuo amore?" Chiese ancora Luxifer. "Perché ogni volta che discenderà nel mondo, sigillerò i suoi ricordi ed egli dimenticherà il luogo della sua origine divina. Diversamente non lascerebbe mai la perfezione spirituale del Regno Celeste e una volta incarnatosi potrebbe sentire l'esistenza terrena come un'inspiegabile punizione, un dolorosissimo esilio e questo potrebbe portarlo ad interromperla di sua mano, ignorando come essa sia solo un momento della sua evoluzione". "Ma così, Signore, non smarrirà la via che riconduce a Te?", obiettò l'Arcangelo. Rispose il Padre di tutti "dovrà essere la fede a guidarlo, non la certezza. Manderò sempre nel mondo messaggeri ispirati dalla mia parola, a testimoniarla. Uno di essi è fra noi, in questo luogo, ora" e in un solo momento tutti gli esseri luminosi convenuti nella casa del Padre, si volsero nella mia direzione, come avessero sempre saputo dov'ero e perché. Mi prostrai dalla paura. "Non temere" disse il mio custode "rialzati e osserva". "L'uomo dovrà credere in me per poter tornare a me. Nel tempo che verrà, manderò il mio Unigenito ad indicare la via da seguire, ma anche in quel caso l'uomo potrà decidere se credere alle parole dell'Emanuel o meno. Tu Luxifer dovrai sempre suscitare in lui il dubbio, l'incertezza, la disperazione. Dovrai rendere difficile il suo soggiorno terreno affinché la sua fede sia forgiata nel fuoco della prova ed egli possa temprarsi. Le ricchezze e i piaceri materiali che incontrerà sul suo cammino lo distrarranno, allontanandolo dalla Via. Ma sarà sempre e solo lui che avrà il potere di tornare" "Sarà dunque solo, mio Signore, nelle sue tribolazioni?" obiettò l'Arcangelo, "non riceverà alcun aiuto?". "Ogni uomo avrà il suo destino", rispose il Signore, "il suo percorso da seguire, e ciò che varrà per uno non servirà ad un altro. Si. Ognuno di loro sarà solo sul proprio cammino. E tu, figlio mio, riceverai l'odio, il rancore, il disprezzo ed ogni forma di repulsione dalla genia umana. Ti chiameranno con molti nomi, poiché in te vorranno vedere la causa delle loro sofferenze, finché non comprenderanno che molte di esse saranno state la conseguenza di loro scelte. Incolperanno te per non guardare a loro stessi e spesso il loro risentimento giungerà fino a me per le conseguenze delle loro stesse decisioni" "Ma come faranno a capire, a comprendere, se saranno soli nel deserto della loro esistenza?" chiese l'Arcangelo. "Qui, sta la durezza del loro cammino, dovranno trovare la forza di credere anche quando si sentiranno soli, con un'idea che non potranno toccare come unica alleata. Un giorno manderò loro mio figlio Gesù, affinché gli mostri come un semplice uomo senza alcuna ricchezza e con la sola fede può riuscire a guadagnarsi il Regno Celeste. Anche lui come un uomo dovrà soffrire delle sofferenze degli uomini affinché essi sappiano che conosco il loro dolore. Un giorno tenterai anche Lui…". "Io, tentare il Figlio Unigenito?" obiettò Luxifer, arretrando di scatto. "Come Unigenito", continuò pacato Colui che Era, E' e sempre Sarà, "Egli, diversamente dagli uomini, non perderà il suo legame spirituale con me e con la sua essenza divina. Ma come uomo, affinché la redenzione dell'uomo sia compiuta, dovrà, invece, provarne sulla carne e nell'anima il dubbio, l'incertezza e la disperata solitudine, fino al momento estremo. Quando sembrerà persa ogni speranza, infine, il Figlio risorgerà e tornerà a me, dimostrando agli uomini che la mia Parola è verità. Allora chi crederà in me crederà in Gesù e chi crederà in Gesù tornerà a me. Coloro che non crederanno ripeteranno l'esistenza mortale all'infinito, affinché comprendano e superino la materia per tornare allo spirito. Perché l'uomo impari ad essere libero dovrà rimanere solo, con tutte le seduzioni che tu gli offrirai per addolcirne il cammino e fermarne il percorso. Dovrai tentarlo in ogni modo, nella carne e nello spirito. Ma non ti sarà permesso di interferire nella sua esistenza, potrai solo sedurlo o dissuaderlo. La scelta finale sarà comunque dell'uomo. Accetti tu, dunque, Luxifer, il compito che ti affido?" Vidi allora Luxifer prostrarsi ai piedi del trono e rispondere come aveva fatto Gesù nel Getsemani "Padre, se puoi allontana da me il calice che mi offri, ma la Tua non la mia volontà sia fatta". Come ebbi udito quelle parole, in un attimo mi ritrovai nel buio vuoto di stelle, sulla mano della mia guida. Attraversammo distese di buio dove nessuna luce e nessun suono si spandeva. Mi ritrovai in pochi momenti sulla cima della collina da dove l'angelo mi aveva rapito, a giorno fatto, come non mi fossi mai mosso da lì. "Ora sai quel che devi fare. Scrivi e testimonia ciò che hai visto con i tuoi occhi, e avrai adempiuto al tuo scopo" disse la mia guida celeste prima di volgermi le spalle e ridistendere le candide ali. "Aspetta, angelo", dissi d'impeto, "sei venuto a prendermi e mi hai riportato per Suo volere, lo so, ma ti prego, dimmi almeno il tuo nome, affinché possa ringraziarti, se il ringraziamento di un uomo vale qualcosa per una creatura come te". La mia guida si volse, per la prima volta con un sorriso triste, e disse "il mio nome celeste è Azrael, sono l'angelo che presiede al passaggio tra questo mondo e la Casa del Padre". Rimasi ancora una volta stupito "intendi dire…" "Si, sono quello che nel tuo mondo chiamano l'angelo della morte. Quando per te sarà giunto il momento di tornare al Padre celeste, verrò a riprenderti. Fino ad allora addio Nicodemo, e sii benedetto dal Signore". Mi inginocchiai in silenzio, segnandomi con il segno della croce, mentre improvvise lacrime di commozione scendevano dai miei occhi. Quando rialzai lo sguardo Azrael non c'era più. Questa è la testimonianza di ciò che io, Nicodemo, ho visto e sentito in corpo e in spirito per volontà del Signore Onnipotente, che risplende sul suo trono nei secoli dei secoli, mentre mi trovavo nell'isola di Patmos. Dichiaro a chiunque ascolta le parole di questo libro: chi vi aggiungerà qualcosa sarà punito dal Signore, che per bocca del Suo angelo mi ha comandato di scriverlo; e chi toglierà qualcosa da queste parole, sarà privato della visione della Casa del Padre descritta in questo libro. Colui che attesta queste parole le ha vissute per volontà del Padre. La grazia del Signore sia con tutti voi. Così sia. Ecco, Eminenza, questo è tutto il contenuto del libro in questione. Perdonatemi se il linguaggio da me adottato è un po' troppo moderno. A dire il vero, come dicevo prima, ebbi talmente fretta di giungere alla conclusione dello scritto che rinviai gli abbellimenti stilistici che si usano nelle traduzioni di testi come questo. Nel periodo in cui lavoravo a questo testo sognai in continuazione il trono di Dio e l'angelo della morte. Ma da quando ho finito, dormo di nuovo sereno. Rimetto perciò a Voi il contenuto del libro, il testo è qui presso l'Abbazia, sotto la mia custodia. Prego il Signore affinché Voi sappiate trovare la giusta soluzione in merito. Mi rimetto alla Vostra decisione che spero Vorrete comunicarmi. Vostro, frate Ignazio c/o Abbazia di...  * * * * * * * * *   Telegramma ricevuto da frate Ignazio, da sua Eminenza, Monsignor... in data... 1963:

Presa visione testo stop
Custodite libro et suo contenuto in luogo sicuro stop
Custodite et dimenticate stop
Nostro Ufficio negherà ogni vostro contatto a tale proposito stop   Telegramma ricevuto dalla Segreteria di Sua Eminenza, Monsignor... in data... 1963:

Obbedisco stop
Unica considerazione stop
Evidentemente il diavolo serve stop Nota dell'Autore
Il contenuto del presente racconto, al di là delle fonti ufficiali di riferimento, esplicitamente citate e/o nominate, è da ritenersi assolutamente opera di fantasia, senza riferimento volontario alcuno a scritti, fatti o personaggi realmente esistenti o esistiti, eventuali analogie con i quali sono da ritenere puramente casuali.