Se Potesse Parlare...

Valentino e Viola stavano  amoreggiando sul letto matrimoniale, lei più rilassata con le ancora piacevoli cosce aperte, lui si dava da fare a sbaciucchiare il fiorellino, malgrado i cinquant’anni di età  erano entrambi ancora in forma. “Cara m’è venuta un’idea, chissà quanti piselloni avrà assaggiato la tua ancora piacevole topa.” Perplessità da parte dell’interessata che: “Mi piacerebbe sapere da dove ti vengono ste idee bislacche, potrei cantarti la canzone “Ma che te frega, ma che te ‘mporta…” “Dì la verità ti vergogni un po’ oppure ci sono dei ricordi spiacevoli?” “Tutte e due, in fondo sono rimasta una timida e soprattutto riservata, potrei farti la stessa domanda!” Valentino comprese che aveva toccato un tasto sbagliato, si scusò ed abbracciò Viola, si appisolarono. Era il pomeriggio di una giornata piovosa, una di quelle giornate romane che non ti invitano ad uscire da casa, l’abitazione  di Viola a Largo Polveriera. Una pioggerella sottile, in siciliano detta ‘chioggia futti viddano’, insomma il povero contadino seguita a lavorare anche sotto una pioggerellina che però gli poteva creare problemi di salute. Nel dialetto siculo si rifugiava Valentino nativo di Agrigento, si esprimeva nel suo idioma quando era in difficoltà, non tutti lo comprendevano, era un’arma a suo favore, dietro di lui i più sentivano puzza di mafia. La non più giovane signora aveva il pallino della cucina, Valentino ne approfittava solo in parte, i medici amici gli avevano consigliato di non ingrassare nemmeno un chilo per non incorrere in malattie che in vecchiaia peggiorano e lui si atteneva ai loro consigli. L’unico vizio la pipa che riempiva i tabacchi profumati che inondavano casa. Viola una volta volle provare l’estasi di quel fornello volante, causa il fumo tossì a lungo e non ci riprovò più. “Caro dato che non abbiamo voglia di uscire imitiamo i personaggi del Decamerone e raccontiamo i fatti nostri, sarai  il mio confessore. “Figliola quanto tempo è che non ti confessi,che peccati hai commesso?” “Padre, tanti e tutti di natura sessuale, andrò all’inferno?” “Cara non hai sentito che anche San Pietro si è dato alle orge, vai facile.” “Allora il primo impatto col sesso l’ho avuto a sedici anni con un mio compagno di scuola tale Nullo di nome e imbecille di fatto. La solita storia, aveva ereditato quella specie di nome da un nonno abbiente che voleva che il suo nome fosse riportato nei discendenti. Avevo preso a studiare a casa sua un attico in via Buozzi, la mia abitazione era vicina ala sua ma preferivo non restare a casa mia perché sarei rimasta sola con la cameriera Rosilde, mio padre, vedovo, era indaffarato spesso fuori sede per la sua società di trasporto. Nullo a scuola lo era di nome e di fatto, eravamo in quinta ginnasiale, all’ultimo banco in classe, il professore prossimo al pensionamento era molto miope ed anche un po’ sordo, facevamo come si dice in gergo ‘i fatti nostri’, il mio compagno copiava tutti i miei compiti. Era orfano di padre, la madre Adriana mi coccolava, poi mi accorsi che ci spiava quando facevo qualcosa di manuale o di orale con suo figlio. Mi piacevano i suoi regali anche  vestiti e qualche spiccio. Un giorno decisi il grande passo: perdere la verginità come alcune mie compagne di scuola avevano già fatto. Non pensavo che Nullo fosse così brutale, provai un dolore fortissimo con perdita di sangue, cominciai a lamentarmi fortemente, mamma Adriana entrò in camera, mi prese fra le braccia e cercò di consolarmi: “Cara o prima o poi tutte le donne…” Mi mise in mano cinquecento Euro che io gli gettai in faccia, voleva pagarmi la grezzezza di suo figlio, a casa trovai Rosilde che comprese che mi era successo qualcosa di spiacevole, in bagno mi lavai e buttai nella mondezza i miei slip sporchi di sangue. Al massimo della mia rabbia telefonai a casa di Nullo, mi rispose la madre: “Signora faccia in modo che suo figlio sparisca dalla mia classe altrimenti andrò dal preside e racconterò a modo mio lo stupro!”Nullo la settimana dopo in cui tornai in classe non era seduto nel posto vicino al mio, la madre era riuscita a farlo trasferire in altra scuola, fine del primo atto. A diciotto anni avevo  conseguito il diploma di liceo classico, stavo per iscrivermi all’università quando una disgrazia colpì mio padre, un ictus cerebrale fulminante mentre in autostrada guidava il suo truck, aveva fatto appena in tempo a posteggiarlo nella corsia di emergenza poi era morto,  era rimasto riversato sul sedile di guida. Un agente La Polizia stradale dando uno sguardo da fuori del mezzo non si era accorto della sua presenza, solo dopo che io denunziai il mancato rientro di mio padre fornendo il numero di targa furono avviate delle indagini che portarono al ritrovamento del mezzo che  fu portato in un deposito della Stradale. Dopo il funerale andai in compagnia di un autista di mio padre a ritirarlo. Nel frattempo riuscii a conseguire la patente per guidare i camion, sin da piccola avevo dimostrato di amare la guida di auto, guidavo i kart e poi mio padre mi insegnò anche a guidare i truck anche se riuscivo a malapena a raggiungere con i piedi la frizione, il freno e l’acceleratore. La società di trasporti i papà era composta da tre autisti, morto lui presi io la dirigenza della società, la cosa non piacque all’autista più anziano che si licenziò, non accettava che una pischella lo avesse ai suoi comandi e così presi a guidare un camion. All’inizio vestivo in minigonna ma quando mi fermavo nella stazioni di servizio venivo adocchiata dai camionisti che facevano pesanti apprezzamenti su di me, imparai la lezione e da quel momento indossai pantaloni e pullover sino al collo. Ricordo perfettamente il primo incarico, andai a Civitavecchia dove da una nave fu scaricato un carico di argilla proveniente dal Portogallo da portare a Sassuolo in quel di Modena. Fu personalmente Amedeo il titolare di una ditta di ceramiche a ricevere il prodotto da lui ordinato,  era un bell’uomo circa quarantenne dai modi piacevoli. Mi invitò nella sua villa  quasi tutta ricoperta di maioliche, desinammo insieme, mi invitò a restare a dormire, mi fece la corte, mi piaceva come uomo e ripresi la mia vita sessuale. Amedeo era vedovo, mi chiese di trasportare le sue maioliche in vari località italiane, era il problema di tutti i camionisti di non viaggiare con il camion vuoto, io avevo risolto il problema. Qualche volta mi capitava di portare un carico a Roma e così potevo controllare il lavoro dei due autisti che si dimostrarono bravi nel loro lavoro ed anche onesti, dovevano molto a mio padre. La fortuna non girò dalla mia parte, un infarto portò Amedeo a miglior vita, la sua ditta andò in mano ad una sorella zitella, non sopportava la mia presenza e persi quel lavoro. Dopo poco tempo mi ritrovai in un’altra storia amorosa, una mattina un giovane si presentò nel mio ufficio, era stravolto ed in crisi, mi raccontò che suo padre, unico sostegno della famiglia era incappato in un incidente stradale da lui provocato e gli avevano tagliato una gamba, toccava a lui sostenere la famiglia composta anche dalla  madre e da due sorelle, non trovava lavoro, aveva la patente per guidare i camion. Compresi la tragicità di quella situazione, mi faceva comodo viaggiare con un sostituto alla guida, lo guardai in faccia, mi piacque fisicamente, accettai di assumerlo. Gli affari della ditta andavano bene, ci eravamo fatta la fama di essere precisi e puntuali nella consegna della merce. Una volta avevamo attraversato quasi mezza penisola, ad un motel affittammo una camera e, al risveglio, più riposati ci trovammo abbracciati con la logica conseguenza, da quel momento Ludovico divenne mio compagno di abitazione ed anche di letto. Restammo insieme due anni, due anni di fuoco sessuale, Ludo era instancabile,  la cosina ed anche il popò erano arrossati, ogni tanto gli chiedevo una pausa. Un giorno facemmo una consegna ad una importante ditta di Melegnano vicino Milano, titolare della società una vedova circa quarantenne che durante un pranzo  nella  sua villa, mi accorsi che aveva allungato un piede sulla patta di Ludovico che fece finta di nulla, una provocazione bella e buona. Al caffè portato da un cameriere nel soggiorno fece da sottofondo una musica romantica messa su da Mariangela che invitò Ludo a ballare, ballare per modo di dire, aveva fatto eccitare il mio amante, se lo trascinò in camera da letto ed io pensai bene di tagliare la corda insalutato ospite, fine della relazione. In fondo mi ero stancata dell’eccessivo sesso, non lo rimpiansi, ritornai a Roma nella mia attuale abitazione  stranamente quasi contenta di quell’epilogo. Giravo per la città con la 500 Fiat cui mio padre in vita era molto affezionato. Lasciai passare del tempo per dar modo ai miei ‘gioielli’ di ritornare in forma. Un incontro casuale a Colle Oppio mi cambiò radicalmente l’esistenza, mentre passeggiavo tra i vialetti mi venne incontro un pastore tedesco latrante che mi impaurì, per mia fortuna la padrona riuscì a farlo ritornare da lei, avevo preso una fifa blu. Madame si scusò e si presentò: “Sono Desireé, Betti mi è sfuggita di mano, lei ama gli uomini non le femminucce al contrario di me…, Betti madame c’est une amie!La signora si era presentata specificando le sue tendenze ed anche presentandomi alla ‘cana’,mi venne da ridere, non pensavo mai di incontrare una lesbica, tra l’altro piacevole, di altezza superiore alla media non aveva nulla dei caratteri mascolini, soprattutto gli occhi erano particolari di un grigio oro difficili da incontrare. “Venga, le offro un caffè al bar qui vicino.” Il bar aveva un nome fuori del comune: ‘Voodoo’, richiamava alla mente i culti africani e la magia nera. Ricordavo di un episodio riportato dai media in cui un uomo che aveva abbandonato la propria moglie era stato sottoposto da uno stregone a quel rito, ad una bambola di pezza le aveva trapassato il cuore con degli spilli e l’uomo era passato a miglior vita. Il caffè era veramente buono, siccome si avvicinava l’ora di pranzo: “Cara che ne pensi di un brunch, io in culinaria …Approvai la scelta, il bar forniva anche i pasti, non la solita cucina romana ma qualcosa di internazionale che non seppi classificare ma in ogni caso gustosa. “Mi son dimenticata di presentarmi sono Viola, gestisco una ditta di autotrasporti, mi dicono che sono un buon manico parlo in senso automobilistico, sono sola dopo non buone esperienze sessuali…” La mia affermazione era una risposta a Desireé circa la mia disponibilità. Andiamo a casa mia, ho un’abitazione lungo la via Appia, l’ho acquistata con il lasciato di una mia buona amica parigina  che purtroppo non c’è più, sono venuta in Italia perché appassionata di antichità, ero professoressa di Storia dell’Arte, qui fuori ho una Maserati Quattroporte, l’ho acquistata in Italia, non ho voluto la Peugeot della amia amica, volevo cancellare il suo ricordo.  Quasi alla fine dell’Appia, un vialetto che portava al’interno, ad un certo punto  una casa in legno: “Gira a  destra, quella è la mia abitazione.” Era un manufatto a due piani con tutti gli accessori di una casa in muratura, il precedente proprietario doveva essere un amante della natura. L’ho acquistata perché è calda d’inverno e fresca d’estate, in garage c’è un canile per Betti, è la mia guardia del corpo.” La cagna aspettò che entrassimo in casa poi si rifugiò nel canile, era stata ben addestrata. Al primo piano cucina, sala da pranzo, salone, due bagni ed una camera da letto moderna tutte rivolto a mezzogiorno. Era d’estate, il legno della casa non faceva entrare molto caldo. “Cara Viola, io in casa preferisco stare nuda” si spogliò completamente e: “ Post prandium requiem post cenam deambulatio.” Tradotto, spogliati a vieni a letto con me. Ero piaciuta, Desireé doveva essere a stecchetto da molto tempo, prese a baciarmi tutto il corpo, si fermò sulle tette e poi sul fiorellino, aveva una lingua ‘sapiente’, ebbi due orgasmi. Poi a mia volta presi possesso del corpo della novella amica e la portai all’orgasmo varie volte, avrebbe volto seguitare ma io mi addormentai, troppe emozioni nell’ultimo giorno. La liaison durò circa un mese poi capii che dava segni di stanchezza, molto probabilmente anzi sicuramente Desireè era approdata ad altri lidi. “Mia cara, inutile cercare di rammendare la nostra storia, ormai è giunto il momento di dirci addio e rimanere amiche, che ne dici?” Desireé mi abbracciò, era d’accordo con me, con la Maserati mi accompagnò a casa mia, un lieve bacio di addio. In seguito mi sono domandata il perché di essermi imbarcata in quella storia di lesbiche, molto probabilmente avevo fatto troppa scorpacciata di c…i. Per ultimo una disgrazia: un pattuglia della Guardia di Finanzi si presentò una mattina nel mio ufficio, una verifica generale. Un maresciallo: ”Gentile signora non so se se ne sia resa conto ma la sua contabilità è disastrosa…non so se nemmeno io riuscirei a sistemarla.” Il maresciallo mi aveva lanciato una via d’uscita, compresi che dovevo sacrificarmi…mi sacrificai volentieri, il sacrificio dura ancora, il bel maresciallo si chiamava e si chiama Valentino…