Seguitarono ad essere amorali

Michele Guerra con la compagna Manuela Soares ed il frugoletto ‘incômodo’ Piero stavano atterrando all’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, tutti allacciati al sedile con le prescritte cinture di sicurezza, evidentemente il pargolo non era d’accordo e ritenne opportuno sganciarsi e saltellare cantando lungo il corridoio. Una hostess romana dé Roma lo afferrò per i capelli poi lo strinse a sé sedendosi ambedue su un posto libero, i genitori ringraziarono mentalmente la ragazza, erano stanchi delle filiali monellerie. Ti pare che Pierino tenesse chiusa la bocca: “Hai le tette morbide e grosse, mia mamma ce le ha piccole.” “Si ma io sono Carlotta romana dé Roma ho pure le mani lunghe e potrei spolverarti il popò, fermo e muto!” “E tu faresti del male ad un bambino di dieci anni senza difese!” Arrivati a terra Michele andò a recuperare i bagagli che pian piano giungevano sul nastro trasportatore. Gli si presentò un giovane di circa trenta anni: “Sono Bruno Bianchi il fattore, sono venuto a prendervi con un pulmino, non sapevo in quanti eravate né quanti bagagli aveste, la Lancia Augusta ce l’ha ancora in mano, spero per poco, il signor Fernando Guerra. Ho avvisato della vostra storia il capitano dei Carabinieri con cui sono in buoni rapporti, a suo mezzo presentandogli l’incartamento riusciremo subito a far sloggiare suo zio.” E così fu: lo zio Fernando alla vista di Bruno lo caricò di vituperi: pezzo di…, figlio di…., testa di …. ma poi anche e soprattutto per la presenza di un Carabiniere pensò bene di sloggiare su una vecchia Fiat Balilla, addio alla Lancia Augusta. Piero scese di corsa per prendere possesso del nuovo alloggio, i due maschi scaricarono i bagagli poi Manuela e Michele presero visione di tutti i locali che Bruno aveva fatto sistemare dalle due cameriere Cettina e Lia. “In gamba stó fattore…Manuela aveva posato lo sguardo un po’ troppo a lungo sul giovane, Michele se ne accorse e dentro di sé:”Mi mancano solo le corna italiche!” Anche la cena era perfetta: il salone dove era situata la sala aveva un tavolo ovale ben arredato, benché l’abitazione fosse dotata di un impianto di riscaldamento centralizzato non mancava un camino dentro cui venivano cotti al girarrosto i vari cibi soprattutto la cacciagione. Visto che nessuna aveva accennato ad accendere una sigaretta, il fattore mise da parte la pipa poi cominciò a descrivere i vari abitanti nelle ville dei dintorni, tutte persone facoltose: Amedeo Di Stefano vedovo, Vittorio D’Aragona con la moglie Concetta baronessa Leanza, Antonio Aiello funzionario al Comune, scapolo. I tre si erano informati se Michele amasse il gioco delle carte, alla risposta affermativa di Bruno fecero salti di gioia, erano stanchi di giocare a poker in tre. Il dopo cena della serata successiva la presentazione ufficiale da parte di Bruno, solo la nobile alta, bruna e dallo stile distaccato non fece ‘salti di gioia’ nel conoscere i nuovi vicini, forse un po’ di ‘puzza…’ I quattro maschi si accomodarono intorno ad un tavolo rotondo del soggiorno con panno verde ed illuminato da una luce ugualmente verde che non stancava la vista, si prevedeva una seduta lunga. Alle due Michele dichiarò il giro finale, i signori avevano fatto festa con del cognac Courvoisier la cui bottiglia, vuota, era stata sistemata a terra. Classica battuta di Vittorio D’Aragona: “Piatto ricco mi ci ficco”, aveva i suoi buoni motivi e soprattutto buone carte, un poker d’assi! Lo fregò la sua ingenuità: chi ha un poker servito non scarta mai una carta, è il classico segnale per gli altri giocatori più scafati. Michele altrettanto baciato dalla dea Fortuna ma anche più fortunello si trovò una scala reale a Fiori, minima si ma ovviamente vincente, si dichiarò ‘servito’. Forse un po’ più ‘partito’ di testa dell’avversario: “Non ho molti spicci ma poiché sono sicuro di vincere che ne dici se ci giochiamo le grazie delle nostre mogli?” Un silenzio assoluto da parte degli altri. Cominciò a far vedere le carte Vittorio che si presentò con una scartina per poi mollare quattro assi con un sorriso a trentadue denti. Michele all’inizio fece la faccia contrita poi cominciò con: Jack di Fiori, poi dieci di Fiori, nove di Fiori, otto di Fiori, sette di Fiori…Dire che Vittorio era impallidito era un eufemismo, stava per cadere dalla sedia, fu trattenuto da Antonio e da Amedeo gli stessi che lo accompagnarono all’uscita e lo riportarono a casa sua. Il giorno dopo ovvia e dovuta confessione alle proprie mogli. Michele con una certa indifferenza assicurando che non avrebbe provveduto a riscuotere la vincita, Vittorio in lacrime per far capire alla consorte che era stata una idiozia ma che con le carte che aveva in mano era sicuro di vincere. Peggio che mai: “Allora ti volevi ‘fare’ Manuela, con me hai chiuso!” Vittorio pensò che, tutto sommato se l’era cavata a buon mercato, la poco gentile consorte poteva riservargli ben altra punizione, era lei che teneva ben stretti i cordoni della borsa. In seguito a questi avvenimenti Manuela si sentì autorizzata a far ‘gli occhi dolci’ al bel fattore che si presentava ogni mattina in divisa di tessuto di velluto marrone, pantaloni alla zuava e stivali sino ai polpacci, una statua equestre! Piero seguitava a dormire con la madre senza molto entusiasmo, avrebbe voluto ben altra compagnia, Michele da solo in attesa di eventi, Carlotta anche lei in crisi in attesa di che, di cosa? Sentiva la mancanza di un ‘pischello’ che poteva essere suo figlio! Cettina e Lia, venute a conoscenza degli avvenimenti pensarono di ‘cogliere la palla al balzo’. Si presentarono da Manuela e con fare contrito le rivelarono quegli avvenimenti che la brasiliana già conosceva. “Reazione non prevista: “Brutte spione, vi farò cacciare da mio marito da questa casa!” Le due sparirono dalla vista più veloci di un fulmine, per loro fortuna Manuela non aveva alcun interesse a cacciarle d’altronde quali sono le categorie più pettegole d’Italia oltre alle suddette: i portieri degli edifici ed i parrucchieri. Una novità inaspettata che fece piacere un pò a tutto l’éntourage: il ritorno di Carlotta in licenza di trenta giorni. Michele raggiunse il talamo di Concetta che apprezzò come non mai la schiatta plebea del siculo‐brasiliano, Vittorio anche se dormiva in solitario si sentiva più al sicuro di eventuali punizioni ben maggiori, Piero ‘dormiva’ (per modo di dire) con l’adorata Carlotta riuscendo pian piano a conquistare prima l’una poi l’altra tetta della romana la quale per la prima volta in vita sua provò un orgasmo con un ragazzo. Per ultimo Antonio si presentò a Michele con fare sottomesso: “Cavaliere Michele dovrei chiederle un grosso favore, un mio cugino è disoccupato, al Comune c’è un posto libero ma ci sono tanti che vorrebbero occuparlo, una sua buona parola…” “Come si chiama stó cugino poi
è veramente tuo cugino?” ” Si chiama Adamo Bucalossi, è lontano parente di mia madre…” “Ti accontenterò ma non fatemi fare brutte figure.” Intanto Piero stava crescendo non solo di età, anche la ciolla…Una notte Carlotta si trovò qualcosa del ragazzo dentro il fiorellino, era qualcosa di duro che aveva emesso un liquido…Carlotta pensò al titolo di un giornale locale: ‘Ragazzo mette incinta una hostess della Air France, auguri a madre e papà!’