Soprattutto.

Lorenzo ormai si comporta con me in maniera fredda, quasi distaccata. Sicuramente a lui non è piaciuto lo scherzo che ho fatto alla sua amica Elisabetta, dandole il benservito dopo tanti anni di lavoro presso la sua agenzia immobiliare, ed inaugurandone in pochi giorni un’altra più grande, proprio nel medesimo quartiere, pronta a farle una spietata concorrenza. Ma non mi dice niente di tutto questo, si limita a fare qualche innocua battuta di spirito, quando vado nella sua birreria, e poi basta. Lui naturalmente conosce Elisabetta da parecchio tempo, forse si sono frequentati addirittura quando erano bambini; quindi, da questo lato, comprendo che qualcosa adesso sia cambiato nel suo comportamento verso di me. Però mi piacerebbe che ne parlasse apertamente, non richiudendosi attorno alle proprie opinioni. In ogni caso, quando arrivo nel suo locale, gli chiedo per favore di prepararmi un panino con dell’affettato mentre mi siedo al bancone con molta calma, e di versarmi la solita rossa piccola. Lui non mi guarda, compie ogni gesto con professionalità, ed assume in silenzio un atteggiamento di estrema correttezza, proprio come farebbe con qualsiasi altro cliente. <<Mi ha telefonato Elisabetta>>, gli dico di colpo, tanto per rompere quel silenzio assurdo, ed affrontare l’argomento che adesso pare dividerci. Lui mi getta un’occhiata senza alcuna espressione, come aspettando il seguito. <<Ha detto che le cose non le vanno male, che il nuovo aiutante è molto bravo, e l’agenzia sembra non abbia risentito di alcuna variazione negativa da quando me ne sono andato>>. Lui mi porge la birra alla spina, si ferma per un attimo, poi dice che lei è in gamba, e che sa perfettamente come uscirne dalle difficoltà.
Aspetto qualche minuto, mentre Lorenzo serve un altro cliente, poi, quando ripassa davanti a me, gli sparo la bordata più grossa che mi riesce di mettere insieme. <<La sua amica Carla mi ha detto che Elisabetta si è innamorata di me da qualche tempo, ed il fatto che io mi sia deciso a non lavorare più con lei, sembra che le abbia addirittura restituito una parte di serenità>>. Lui si immobilizza, mi guarda fisso, poi dice: <<Bisogna che le telefoni, uno di questi giorni: sento la necessità di sapere dalla sua voce diretta quello che succede>>. Io sorrido, sentendomi addirittura intimidito da una situazione in cui mi sembra di trovarmi al centro dei pensieri di troppa gente, poi dico: <<Quando mi ha telefonato, ha chiesto addirittura come stessi, domanda che non mi aveva mai rivolto direttamente in tutti questi anni>>. Lorenzo si allontana, capisce perfettamente che sto cercando di recuperare il rapporto di amicizia che avevo fino a poco fa verso di lui, però probabilmente deve ancora digerire il gesto, secondo lui poco carino verso la sua amica, delle mie improvvise dimissioni, ed il conseguente scatto professionale in avanti con la nuova agenzia, anche se tutto quanto non è certo stato frutto di una mia idea. Comunque, quello che desideravo dirgli, sono riuscito a tirarlo fuori, adesso poi sta a lui valutare tutte le forze in gioco sopra questo tavolo.
Finisco il mio pranzo, mi alzo dallo sgabello, vado alla cassa. Lui digita il mio conto, poi mi allunga lo scontrino. <<Ci vediamo>>, gli dico mentre pago, e lui mi fa un sorriso di consumata professionalità, anche se avverto una lieve incertezza nel suo comportamento, quasi volesse improvvisamente trattenermi, chiedermi forse qualcosa in più, oppure spiegarmi che in fondo non ha niente contro di me, ma che probabilmente non mi reputava una persona in grado di comportarsi con gli altri con tutta l’indifferenza che sono riuscito a dimostrare. Mentre esco dal suo locale, provo all’improvviso una sensazione strana, come se avesse avuto sempre ragione lui, fin dall’inizio: cioè, che avrei magari dovuto riflettere meglio su quelle decisioni che mi si profilavano davanti; che non avrei mai dovuto abbracciare i disegni speculativi di un qualsiasi finanziatore senza troppi scrupoli, pronto ad aprire delle attività che non desiderano tenere in alcun conto il retroterra umano che insiste anche in un tessuto cittadino di persone semplici proprio come il nostro, solamente perché non ne fa assolutamente parte. Sono riprovevole di qualcosa, insomma, tolto il fatto di approfittare di questa convenienza per migliorare le condizioni con cui mando avanti tutte le mie giornate. Però non posso sopportare così il peso della colpa, penso; devo assolutamente trovare la maniera per levigare almeno alcune delle asperità che si sono formate intorno a me.
Cammino a piedi lungo la strada principale del quartiere, e quasi meccanicamente mi dirigo verso l’agenzia di Elisabetta, senza però avere nessuna idea precisa nella mente. Quando arrivo lì davanti mi soffermo, poi sorrido: lei è al suo posto come sempre, alla scrivania, appena visibile dietro tutte le locandine appese sopra la vetrina, e che propongono, come è d’uso, case e appartamenti in vendita. <<Ciao>>, le dico socchiudendo appena la porta, e lei mi rivolge subito un largo sorriso, come mai era capitato da quando la conosco.

Bruno Magnolfi