Spalle al muro

Appoggiato al muro aspettavo la sera, laggiù, in quel vicolo che conduce al mare. Sono rimasto con i pensieri e la schiena attaccati a quel vecchio muro di pietra cercando di capire tutto quello che mi avevi detto. Potevo solo tacere, leggere tra le pieghe della tua bocca che vomitava l'inferno e la disperazione. Restavo fermo davanti a te mentre mi chiedevi di ruggire ancora, come il mare quel giorno.
Non sappiamo nemmeno quale forza abbia tenuto il nostro cuore in pugno affinché smettesse di battere più forte; la tua era forse solo rabbia, forse stanchezza.
Avrei lasciato le mie mani andare sul tuo corpo per ritrovare ancora il tuo seno. Ma rimanevo lì immobile e guardavo le tue mani che si trasformavano in mazze ferrate e mi colpivano forte sul petto; poi il pianto rallentava come i tuoi colpi, fino a spegnersi tra i singhiozzi. Mi facevano più male le tue lacrime che ogni colpo ricevuto.
Stavo lì, con le spalle al muro, mentre sparivi dietro l’angolo lasciando solo la scia del nostro tempo.
Non trovavo la forza di andarmene, di lasciare anche quell’ultimo posto dove sapevo avresti potuto trovarmi. Forse gli occhi si bagnarono per la pioggia, ma venne la notte a nascondere la mia fuga.
Ritorno ancora qui per cercare il suono di un perché. Forse coglierò il giorno nel quale anche tu avrai bisogno di risposte e ti vedrò accarezzare quel muro nudo e pietoso che ha accolto la mia pena.
Sai amore mio, io non sono mai andato via da quel muro: quando si muore non si va più via da nessun posto.