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Certo è, che l’acutezza dei nostri sensi si va perdendo, da quando abbiamo chiesto aiuto ad altri sistemi, il più delle volte elettronici, che hanno supplito alle nostre dimenticanze e soprattutto ci hanno dato la possibilità di demandare il nostro lavoro, risparmiando,a noi, fatica psichica e fisica. Come vecchio medico, confrontandomi con i giovani, vedo, a volte, la semeiotica trascurata, a volte, ignorata. Il mondo va veloce sui tempi: perché mai scrutare con i propri sensi, a volte fallaci, il corpo altrui, se una Tac o una Risonanza mi danno risposte inimmaginabili, un tempo? Ieri mattina, sul cruscotto della mia auto è apparsa una scritta: “fate cambiare l’olio”. Presto il messaggio è stato sostituito da un simbolo lampeggiante che non mi ha dato pace sino a quando sono giunto in officina. Un ragazzo, in tuta da lavoro candida, ha smontato un pannello, nell’interno della vettura, scoprendo un terminale, a cui ha collegato il cavo del suo portatile. L’ho guardato con tutta la mia meraviglia di settantenne, mentre con velocità di tocco, faceva apparire sullo schermo a colori, simboli e strutture che richiedevano una sua viva collaborazione digitale. Dopo non più di due minuti : ‐ “ Sì, tutto a posto, dobbiamo cambiare l’olio”‐ Il computer si era accorto che la chimica dell’olio era mutata, nonostante non coincidessero i tempi di ricambio consueti, e ci ordinava di procedere alla manutenzione, rassicurandoci che tutto era a posto. Mi è apparsa la figura del mio vecchio garagista genovese, di quando ero ragazzo e avevamo la Topolino amaranto! No, in verità era verde bandiera, mezza balestra. Ninetto, un uomo di mezz’età e di piccola statura. Una nuvola di fumo, tra sigarette spente e accese. Baffetti lucidi e neri come la sua “mascagna” di capelli tirati a liscio. Nel cunicolo del suo garage, viveva in uno sgabuzzino di pochi metri, tra calendari osé, solo qualche gamba, per i tempi, e schedine del totocalcio incollate a imperitura memoria. Estrarlo da quel covo non era cosa facile. “ Nino, c’è un problema alla Topolino! C’è uno strano rumore quando si accelera, quasi metallico” – mio padre la conosceva, quella macchina, a menadito, era un prolungamento del suo corpo – “scende di giri da sola e non va!”‐ Nino e papà si guardavano per alcuni secondi. Farlo alzare era il compito più difficile. –“Nino, per piacere, solo lei…”‐ Era una chiave vincente questa frase lasciata lì. Nino metteva l’ultima x sulla schedina, la riponeva e usciva all’aria aperta. Papà aveva già deposto alla sua visione il motore, aprendo il cofano. Nino si accendeva un mozzicone di sigaretta, tirava una lunga boccata, tossicchiava. Lo sguardo ora vagava negli anfratti del motore, accarezzava candele, spinterogeno, penetrava nelle vaschette dei vani cilindri. – “ Accenda “‐ era un comando inatteso. Papà, già seduto, ubbidiva tirando a se la leva dell’accensione a pomello. I suoi occhi, da ora, si ponevano sui tratti del volto di Nino, aldilà del vetro del parabrezza. Da ogni fremito dei suoi muscoli facciali dipendeva il futuro economico del suo mensile d’ impiegato. Il girare del motorino d’accensione, gracchiante e metallico, dava seguito all’avvio del motore, con qualche esitazione. Nino ora perdeva ancora di statura. Si addentrava sotto il cofano della Topolino. Ascoltava, ascoltava, con gli occhi spersi nel vuoto. Solo la mano destra si dirigeva sul tirante dell’acceleratore, creando ruggiti stridenti. Pause, improvvise cadute di giri e riprese assordanti. Qualche passante si fermava e veniva a vedere lo spettacolo. Poi, improvvisamente emergeva il volto di Nino dall’incavo del cofano. Il volto non esternava sentimenti. La mano destra aperta, a mo’ di comando. –“ Chiuda!”‐ Ed entrava mo nel silenzio magico che precede un oracolo. Io, bambino, mi preoccupavo, più per mio padre, perché ne conoscevo le ansie economiche. Ricordo ancora quel giorno, il tono sibilante di Nino, da vincitore nella sua diagnosi, tra suoni e vibrazioni per noi oscuri. ‐“ Le bronzine! Sono fuse le bronzine! Motore da rifare”‐ Una tragedia famigliare. Si era negli anni 50!