Un Amore Impossibile

“Signori miei l’ultima sicuramente non la conoscete:  un suora ritornando al convento con la sua auto buca una ruota. Solamente un po’ arrabbiata (le suore non si incazzano mai) scese dalla macchina per fare l’autostop. Dopo un po’ si ferma un camionista  che la invita a salire. “Grazie io sono suor Gervasa e lei invece chi è?”chiede la suora. “Mi chiamo come quella cosa che le piace tanto tenere fra le mani.” La suora arrossendo risponde: “Lei si chiama ca…?” “Ma cosa dice,  il mio nome è Rosario!” Non v’è piaciuta allora vi mollo l’ultima, è brevissima: che differenza c’è tra gli occhi ed il sedere? Nessun, tutti i due sono lo specchio dell’anima!” Alberto Bisori veniva considerato in famiglia un simpaticone ma anche un  rompiscatole irriguardoso soprattutto verso i religiosi. Col papà Armando e la madre Domenica Raffaelli abitavano a Roma in una grande casa in via Aosta, l’unico inconveniente  erano  due tram si incrociavano li vicino producendo un rumore infernale, specialmente di notte. Ospiti di casa erano quattro sorelle di Armando, zitelle per fortuna impiegate come insegnanti in una scuola di monache, almeno di giorno di levavano dalle balle e portavano  a casa qualche soldino. Il portiere del palazzo era il classico romano dè Roma, Romoletto sposato con una brutta che dico brutta,  laida ma piena di quattrini. Ogni tanto  per dovere coniugale se la scopava,  era nata una bambina che sembrava la figlia di Fantozzi. Altra novità del palazzo: Alberto diciannovenne, frequentava, da ripetente, la terza classe del liceo classico presso l’istituto San Domenico condotto da preti. Ultimamente dalla Francia erano giunti due  nuovi sacerdoti cui era stato dato il compito di insegnare lingue, oltre alla loro parlavano pure spagnolo e inglese, i loro nomi: Don Bernardo e Don Agapito, erano cugini. C‘era qualcosa di sospetto nel loro trasferimento a Roma, una specie di ostracismo per qualche fatto negativo  loro attribuito. Alberto se ne fregò delle chiacchiere e prese ad avere confidenza con i due sacerdoti che erano dotati come Alberto di uno spirito umoristico. Il giovane li invitò a casa sua, tutte le donne della famiglia furono felici, finalmente il signorino frequentava una buona compagnia ma le situazione era un po’ diversa da quella pensata dalle zitelle: dopo pranzato i due preti si appartarono nel salone con Alberto e raccontarono la loro storia ovvero la loro disavventura. In costa azzurra,  in un Monastro  fungevano da confessori delle monache di  una vicina comunità molto particolare ‘Le suore del ‘Divino amore’. Le cotali non erano le solite che passavano il tempo a recitare giaculatorie ma si davano da fare producendo cioccolato, caramelle, mandorle, ottimi vini, formaggi, noci, paté, salumi tutti prodotti che si potevano ben denominare un ‘Ben di Dio’ anche perché provenienti d mani sante! Don Bernardo e Don Agapito malgrado la  giovane età erano stati nominati loro confessori ma che peccati potevano compiere delle monache impiegate nel lavoro dalla mattina alla sera? Allora ci pensarono i due giovani preti che convinsero le più giovani sorelle a provare le delizie terrene e non solo quelle della gola ma…non si erano accorti che la vecchia Badessa era dell’altra sponda e gelosa delle sue ‘gallinelle’ e così, informato il Vescovo i due furono trasferiti illiche et immediate nella capitale romana con tanto di lettera di presentazione al superiore del Convento della capitale dove erano stati esiliati. I due per la loro conoscenza delle lingue pensarono di spogliarsi degli abiti talari e di cercare un posto di insegnante o di  interprete in qualche istituzione romana. In un periodo di profonda crisi occupazionale di posti liberi non ce n’erano proprio ed allora furono costretti a tenersi la tonaca e ad insegnare nell’istituto religioso. Alberto rimase sorpreso nell’apprendere quella storia, i due si erano confidati con lui, ritenne di dover far qualcosa per aiutarli soprattutto nel campo delle femminucce. A quel tempo erano ancora aperte le ‘Case di Tolleranza’ o ‘Casini’ che dir si voglia, la Merlin non era ancora riuscita a scassare i zebedei ai maschietti italiani ed allora Alberto: “Penso ad una soluzione per voi, sono amico del portiere Romoletto, venendo qui potreste portarvi dei vestiti borghesi, cambiarvi a casa sua ed insieme potremmo andare in via Cimarra, in via degli Avignonesi o a Piazza di Spagna, a secondo le vostre possibilità finanziarie dove trovare gentili ‘signorine’ disponibili, che ne dite?” I due dapprima rimasero senza parole poi abbracciarono Alberto: “Sei un angelo venuto dal cielo, non sapevamo proprio come risolvere quel problema, per il denaro non c’è problema ci sovvenzionano i nostri parenti.” Romoletto dietro una sostanziosa mancia fu d’accordo e la domenica successiva i due si presentarono. Don Bernardo da giovane si chiamava George,  Don Agapito Jean. Scelsero il più casino più costoso in via degli Avignonesi vicino a piazza Barberini e vi giunsero in taxi alle sedici orario di apertura della ‘casa’. Le signorine erano veramente belle, di varie nazionalità ed i due presero a parlare nella lingua delle interessate piacevolmente sorprese di potersi intrattenersi non in italiano lingua che conoscevano poco. Dopo più di un’ora i due quasi simultaneamente scesero in compagnia di due signorine una francese e l’altra spagnola, Alberto era nella sala d’aspetto da tempo, lui per motivi finanziari si era potuto permettere una sola ‘marchetta’. Ritornando a casa Alberto chiese ai due il motivo per cui avevano abbracciato l’abito talare dato che non avevano problemi finanziari. Quella scelta era stata loro imposta da uno zio prete , ricchissimo che aveva preteso di vedere i nipoti vestiti da ‘bagarozzi’ come si dice in dialetto romanesco. Quell’anno Alberto ottenne  la licenza liceale con voti alti, di colpo era diventato un’arca di scienza? Quando mai, aveva sostenuto gli esami presso il collegio dove insegnavano don Bernardo e don Agapito! I due preti, abituati ad una vita libera e piena di soddisfazioni in molti campi, mal sopportavano quella che erano costretti a condurre, fu Alberto che aprì loro ‘il cervello’ e la strada. “Avete uno zio prete ricco in Francia, chiamate un architetto qui a Roma e fategli progettare un costoso ampliamento della chiesa della vostra scuola, è l’unico modo per spillargli i soldi e poi con quel denaro ho una certa idea… Alberto aveva messo in curiosità i due sacerdoti che tanto insisterono sinché: “Premesso che per realizzare il progetto che ho in  mente ci vuole un bel po’ di denaro, si tratta di costruire  un grande ed elegante complesso turistico con ogni genere di servizi: un Resort. il nome viene  dalla vostra lingua che vuol dire uscire fuori e si riferisce alla necessità di trovare un rifugio di lusso ricco di piaceri e di confort. Conosco un architetto amico di papà, è un simpatico puttaniere, Andrea Guerrini, gli racconterò tutta la vostra storia. Monsignor Jean de Fleuroi abboccò all’amo e cominciò a scucire del denaro man mano che gli venivano presentati i falsi piani di ampliamento della Chiesa poi un colpo di fortuna: il prelato passò a miglior vita e lasciò ai due eredi un patrimonio che nemmeno gli interessati sapevano di tal portata! Per ricompensa i due chiesero ai parenti di far celebrare  in loro nome una messa di suffragio, se la meritava! Bruciato il progetto di ampliamento della Chiesa  l’architetto si buttò anima e corpo nell’elaborare il Resort, mai gli era capitato un tal progetto e ne era entusiasta. Ogni tanto orgogliosamente mostrava lo stato dell’avanzamento dei lavori aiutandosi anche con qualche rivista del settore.  Nel cartello che obbligatoriamente era stato istallato all’ingresso del terreno figurava solo il nome del progettista, la gente si domandava chi potesse essere  il magnate che poteva permettersi di addossarsi tante spese,  dopo sei mesi il risultato fu grandioso: all’esterno un giardino all’inglese interrotto da alberi di alto fusto, e fontana col classico ‘enfant qui pisse’, una piscina esterna di dodici metri, altra simile interna riscaldata per i mesi invernali. Al pian terreno la cucina, una spaziosa sala da pranzo, un salotto, una sala con televisore gigante adibita anche al ballo con tanto di lettore CD, di seguito un grande ambiente dedicato ai giochi: trente et quarante, baccarat, blackjack, chemin de fer e, principalmente per le signore ramino e scala 40. In fondo una stanza isolata con al centro un tavolino molto particolare: il croupier con una chiavetta riusciva a farlo ribaltare in altre due metà e così scomparivano all’interno del tavolo tutte le carte da poker e soprattutto i quattrini che erano sul tavolo sostituiti da   un innocuo gioco di ‘ciapa no!’ Tutto questo a beneficio di eventuali appartenenti alle forze dell’ordine che avessero messo il naso in quell’ambiente. Tutti gli invitati erano muniti di tessera individuale di socio che costava un ‘occhio della testa’.  Le varie licenze della Prefettura e della Questura erano in ordine Alberto, George e Jean, questi due ormai ex preti si sentivano al sicuro, tutto in regola. La fama del locale si era sparsa sia in Sicilia che nella vicina Calabria e la clientela aumentava  soprattutto il sabato e la domenica. Qualcuno che era uscito dal locale ‘pulito’, nel senso che aveva perso tutto il capitale presentò denunzia ai Carabinieri sicuro che questi avrebbero conseguito un grosso risultato di servizio. I Martelloni si precipitarono in massa nel locale ma, dopo un’attenta perquisizione ed il controllo delle licenze se ne andarono con le ‘pive nel sacco’ seguiti dallo sfottò di Alberto: “Signori quando volete ritornare per giocare sarete i benvenuti!” Altra furbizia dei tre: posteggiare le auto dei clienti dietro l’isolato in modo che da fuori non si vedessero le targhe delle macchine dei giocatori. Andrea Guerrini, l’architetto fece ai tre una proposta particolare: io vengo a giocare, se vinco mi tengo la vincita, se perdo mi ridate il mio denaro, furbacchione il cotale. Fu accontentato, il prezzo per il suo lavoro era stato molto alto. Altro particolare, al bar due bariste venute apposta dalla Francia: Isabelle e Colette, ambedue longilinee, brune, sempre sorridenti, ben fornite fisicamente, dopo le tre di mattina erano disponibili nelle loro camerette per clienti maschi e, talvolta anche femmine, erano ambedue registrate come bariste residenti a Roma e quindi non potevano essere accusate di prostituzione. George e Jean si accontentavano dell’amicizia’ delle due francesi mentre Alberto sentiva bisogno di aver una ragazza tutta per sé non facile da trovare in quell’ambiente ed allora il nostro prode di rivolse al suo protettore Hermes che promise di provvedere in tal senso. Cliente abituale era Vanessa Carotti una signora alta, robusta, allegra, chiassosa, estroversa, attirava l’attenzione un po’ di tutti, dietro  lei come un’ombra una ragazza silenziosa, vestita con sobria eleganza, non sorrideva alle battute di quella che poi si seppe era sua madre, si limitava a seguirla silenziosamente negli spostamenti fra i vari tavoli da gioco. Alberto dinanzi allo specchio si sistemò i capelli, si mise una cravatta non sgargiante e con un sorriso stampat sul viso si avvicinò alla ragazza: “Signorina scusi l’intrusione, sono uno dei padroni del locale,  vedo che si annoia e non partecipa a nessun  gioco, che ne dice di recarci nella vicina sala per ascoltare un po’ di musica di suo gusto, ne abbiamo di tutti i tipi da Frank Sinatra sino agli scatenati Death con Magnetic Metal?” Sono Alice Giorgianni, preferirei andare in giardino e assaporare l piacere del silenzio e il canto degli uccellini se ci sono.” “È fortunata, il progettista ha lasciato sotto il tetto uno spazio dove fanno il nido gli uccelli della zona, è un piacere ascoltarli.” Furono accontentati, di lì a poco un concerto di passerotti fece diventare l’atmosfera più romantica. Alberto guardava negli occhi Alice, voleva dirle che aveva due stelle al loro posto  ma sarebbe stata un frase troppo sdolcinata ed allora il discorso virò verso la statua che stava dietro le loro spalle: “Non penso sia di buon gusto, chi l’ha progettata?” “È stato il nostro architetto, l’ha copiata da una statuina che sta nel Belgio, l’idea è tratta da un episodio veramente accaduto: una notte un bambino uscì di casa per fare la pipì e così spense una miccia che stava per dar fuoco a della dinamite che avrebbe distrutto Bruxelles, a casa sua è considerato un eroe:” “Ci sarebbero tante cose che vorrei dirti ma potrebbero sembrati banali e quindi mi limito ad ammirarti …non è che gradiresti una poesia in francese?” “Questa si che è bella, mai nessuno mi ha fatto la corte facendomi una simile proposta.” “A me tempo addietro ha funzionato…” “Una dama è caduta ai tuoi piedi con una poesia di Lamartine?” Alberto rimase basito e poi si mise a ridere. “Penso tu sia una maga, hai letto nel mio pensiero, è vero, ho recitato ‘Le lac’, il lago Lemano dove due amanti, ambedue sposati si incontravano ogni anno per raccontarsi le proprie vicissitudini…” “Va bene bell’Alberto comincia tu parlandomi di te.” “Niente di particolare, brevi flirt con qualche compagna di scuola ma null’altro, sono arrivato a ventuno anni senza legami anche se mia madre mi chiede in continuazione quando diventerà nonna!” “Mi piace essere sincera, tu hai l’aria del giuggiolone che vuole godersi la vita senza impegni, tornare a casa, trovare pronto da mangiare, biancheria lavata e stirata e letto fatto, che ne dici di stá fotografia.” Alberto svicolò, mai nessuna come Vanessa era riuscita a fargli una ‘foto’ così vicina alla realtà. “Io sono un bravo fotografo, ho una Topcon Re 2 giapponese con due obiettivi, in casa ho messo su una camera oscura e stampo da me le foto in bianco e nero, cerco modelle disponibili, foto molto richieste da riviste di moda.” “Ricominci a fare il furbacchione, a te interessano altre foto, quelle da pubblicare su riviste per soli uomini…” “Hai suscitato in me un interesse particolare, non si incontrano spesso ragazze come te ‘callide, belle ed intelligenti ma anche, se permetti antipatiche!” “Avrai notato la differenza fisica fra me e mia madre, io assomiglio a mio padre Gustavo detto Guy, notaio conosciuto, longilineo, serio, mai una battuta fuori luogo al contrario di mi madre caciarona. Si sono conosciuti quando mio padre era all’Università e mia madre era con lui ad una festa da ballo in casa di amici. Fuori del normale era che mio padre bevesse alcolici, quella volta lo fece e…nacqui io, questa è la mia storia.” Mi vien da dire una parola volgare…” “La puoi dire: una minchiata, non mi offendo, anche se mia madre è molto differente da me le sono attaccata, talvolta è come una adolescente ed ha bisogno di essere controllata te ne accorgi nella sala da gioco.” “Tu mi hai inquadrato, dopo la licenza liceale non ho più studiato, sono il classico vitellone come da analogo film, è la mia natura.” “Se ti va vieni domenica a mangiare a casa mia in via Antonelli 5 ai Parioli.” “Alberto non se lo fece dire due volte, acquistò un completo grigio ultima moda, barba e capelli dal barbiere e poi alle dodici suonò il campanello di casa Carotti. Alice lo aveva visto dalla finestra, gli aprì il portone, abitava al piano attico.” Un mazzo di rose gialle pallido per la signora, per la verità erano più indirizzate ad Alice, come significato avevano quello di ‘incertezza in amore’. Guy si presentò in  giacca da camera, un breve saluto senza commenti sul nuovo arrivato. Pranzo servito da un cameriere, alla fine passaggio sul terrazzo dove il padrone di casa esibì una pipa marca Baldo Baldi costosissima. Guy era appassionato di Formula Uno come Alberto e quella fu lungo argomento di conversazione, le due signore su un divano  vicino a loro. Alice accompagnò Alberto sotto il portone e rimase sin quando sparì con la sua Jaguar X Type, i due nel frattempo avevano preso appuntamento per la domenica successiva sotto casa di Alberto per recarsi in una villetta sulla via Appia di proprietà della famiglia. Alle dieci precise una Mini Cooper verde  posteggiò sotto casa di Alberto, la signorina amava la velocità e lo dimostrò durante il viaggio con tanto di tacco‐ punta.  La villetta a due piani era deliziosamente arredata,  si vedeva la mano  di uno stilista di grido. Pranzo freddo portato da Alice, Alberto: “Come faremo quando saremo sposati?” Battuta infelice, Alice non solo non aveva riso ma si era rabbuiata…Il pomeriggio Alice abbracciò a baciò Alberto in bocca, lo condusse con sé in camera e, andata nel bagno ne uscì completamente denudata, uno spettacolo molto gradito da ‘ciccio’ che innalzò al massimo la cresta. Alice lì per lì rimase perplessa, nei precedenti incontri sessuali evidentemente aveva conosciuto ‘piselli’ ben più piccoli, si limitò a dire: “Sii molto delicato.” Fu un pomeriggio indimenticabile, Alice dimostrò di amare molto il sesso ed ebbe  orgasmi multipli sino a quando alzò bandiera bianca.”Durante il viaggio di ritorno: “Caro il mio Alberto, come amante sei favoloso, non ho mai conosciuto nessuno bravo come te in questo campo ma…” “Quel ma mi preoccupa!” “Debbo dirti che potrei con te avere una relazione fissa solo qualora ti laureassi, mio padre non ti accetterebbe come sei ed io…”  ”Fine di una storia appena cominciata o meglio nemmeno cominciata, le foto che ti ho scattato le darò a tua madre, penso che tu non verrai più al nostro Resort…” Il ricordo di quella donna unica rimase nel cervello e nel cuore di Alberto che cercò invano di trovarne una simile, rimase sempre scapolo irato a’ patrii numi…