Un Dolce Ritorno

Dopo trent’anni Alberto stava rientrando al natio borgo selvaggio. A bordo della nave da crociera ‘Costa Magnifica’ si era imbarcato nel porto di Buenos Aires con destinazione Italia, scalo a New York. Gli veniva amaramente da ridere nel paragonare il viaggio di andata con quello attuale di ritorno. Attualmente occupava una cabina singola di prima classe con tutti i confort compresi musica in sottofondo e l’aria condizionata che mandava i suoi dolci e freschi effluvi senza alcun rumore. Scendeva la sera, orario di cena, per motivi anche per lui non ben definiti, aveva preferito avere un tavolo in perfetta solitudine mentre tutti gli altri commensali parevano divertirsi alla grande abbuffandosi e bevendo oltre il normale con la solita scusa: è tutto pagato. Alberto aveva disertato il classico pranzo col comandante molto ambìto da molti per motivi che a lui sfuggivano, insomma si stava comportando da romito (giusto aggettivo anche se inusuale) per non parlare delle avances di varie pulselle le quali evidentemente avevano apprezzato il suo stile: altezza 1,80, anni quarantacinque, abbronzato, capelli castani con striature di grigio, viso mascolino,  occhi grigi un po’ tristi, fisico atletico, vestito elegante. Il motivo del distacco dal sesso femminile era dovuto alle recenti vicende che lo avevano portare alla decisione di rientrare in Italia dopo ventisette anni di emigrazione forzata in Argentina. Correva il suo diciottesimo compleanno, festa sull’aia del terreno che coltivava in aiuto ai suoi genitori in villaggio Strada Nuova di Cingoli (Mc), erano presenti alcuni parenti siciliani che erano venuti ad accomiatarsi in quanto stavano partendo per l’Argentina, il suolo che coltivavano non dava più loro da mangiare a sufficienza e quindi l’emigrazione era l’unica via di uscita. Ispirazione immediata: “Papà e mamma ho deciso, andrò con gli zii in Argentina, il tempo di fare un po’ di soldi e poi ritornerò.”  Il gelo era sceso sui commensali, Alberto era l’unico figlio maschio della  famiglia Mugianesi, oltre a lui altre tre sorelle tutte dedite al lavoro dei campi. Classica valigia da emigrante di cartone pressato e spago, imbarco nel porto di Catania in una nave che aveva visto tempi migliori ma il basso prezzo del biglietto non permetteva altro agli emigranti. Cabina da quattro posti che ospitava otto persone, due per cuccetta, servizi igienici carenti, sala mensa per modo di dire, tutti stretti gli uni agli altri, cibo scarso e mal cucinato. I trenta giorni di imbarco un pessimo ricordo sino allo sbarco a Buenos Aires dove erano ad attenderli dei carri tirati da buoi, il loro mezzo di locomozione per arrivare alla fazenda dove erano destinati. Stanchissimi, un letto sgangherato con materasso riempito di foglie di mais anziché di lana gli era sembrato il giaciglio della ‘principessa del pisello’ di antica favola. Mattina sveglia alle cinque: mungitura delle vacche, trasporto del latte nel locale dove si producevano formaggi, pulizia delle stalle e tutto quanto riguardava l’andamento della fattoria. Il sole cocente non migliorava la fatica dei trabajadores, alcuni dei quali italiani soprattutto del profondo sud i quali, abituati a lavori duri, non si lamentavano al contrario di Alberto che stringeva i denti rimpiangendo la dolce sua casa sgangherata ma… Il lavoro con intervallo per il pranzo, finiva la sera dopo cena tutto a base di carne e poi alle 22  tutti a letto. Alberto aveva preso l’abitudine di spendere pochissimo, i soldi guadagnati li ripartiva in parti uguali fra risparmio ed invio ai suoi in Italia. Unico svago il sabato sera: in un locale della fattoria si ballava il tango, Alberto si appassionò nell’arte di Tersicore ed ebbe i complimenti da parte di qualche pulsella molto brava in quel campo ed anche in altri…   era diventato un bellissimo uomo conteso dalle signorine ed anche da alcune signore non proprio soddisfatte delle prestazioni amorose dei rispettivi compagni.  La svolta nella sua vita avvenne quando nella fattoria venne in visita la padrona,  tale Maria Dolores Catena Crocifissa che dal nome faceva presagire, come sicuramente era,una donna dai costumi rigidissimi e poco incline alle cose di questo mondo. Fisicamente da quel che si poteva intuire dai larghi e lunghi vestiti, doveva avere un corpo longilineo, alta circa un metro e settanta, occhi nerissimi, viso serio poco incline alle facili battute. La dama era accompagnata dal consorte, un signore insignificante,magro, più piccolo di lei in quanto a statura ma maggiore di età che si appoggiava ad un bastone. I padroni vollero conoscere i nuovi arrivati e quando a Maria Catena Dolores Crocifissa si presentò il bell’Alberto la stessa ebbe una reazione che lei stessa non riuscì bene a comprendere: era rimasta affascinata dal bel giovane tanto da non trovare nemmeno parole di convenienza. Questo non le impedì di farlo invitare dal suo segretario alla cena dei padroni.  “Mi raccomando si lavi bene e metta il miglior vestito che ha.” il consiglio del segretario dei signori. La dama mangiava poco ed ancor meno apprezzava le battute degli altri invitati che volevano avere la sua benevolenza, tutti conoscevano la potenza economica dei due coniugi: immensa! Madama decise di prendere il  caffè in un vicino salottino dove, sempre a mezzo del suo segretario, invitò l’Albertone in verità un po’ frastornato. Un finto baciamano da parte sua fu molto apprezzato da Maria. “Mi parli di lei, quando è arrivato in Argentina.” Alberto sinteticamente raccontò la sua vita in Italia anche quella parte in cui, oltre a lavorare nei campi, si recava a scuola ed aveva studiato il latino ed il greco. Madame era in subbuglio: educata dalle suore Carmelitane era pregna di puritanesimo e non ammetteva alcun peccato di natura sessuale, aveva sposato il marito dietro spinta dei rispettivi genitori che volevano riunire i loro patrimoni. A letto il buon Ferdinando si era dimostrato un disastro, qualche volta a malapena riusciva a fare il suo dovere di coniuge con poco piacere da parte della consorte la quale si era convinta che il sesso fosse una cosa sporca da non praticare ma dopo l’incontro con Alberto Mugianesi qualcosa scattò nel suo cervello puritano: di notte lo sognava in pose lascive con la conseguenza di pianti di pentimento. A tal proposito chi ci andava di mezzo era il povero curato della chiesa vicina il quale talvolta veniva svegliato nel pieno della notte dalla dama la quale voleva confessarsi subito per aver avuto ‘cattivi pensieri’. Don Basilio vecchio e malato non aveva alcuna voglia di aprire la chiesa per confessare Maria ma le generose elargizioni in denaro lo convincevano a dar retta a quella pazza puritana. La svolta alla vicenda avvenne in modo naturale: don Ferdinando, in seguito ad un caduta da cavallo, si ruppe l’osso del collo e così Maria Catena Dolores Crocifissa, divenuta vedova, ebbe strada libera alle sue mire di poter godere legalmente delle ‘grazie’ di quell’Alberto che l’aveva fatta innamorare.
Ovviamente il parroco pretese tre mesi di indottrinamento prematrimoniale al quale  Maria si sottoponeva con grande entusiasmo, un po’ meno Alberto che, da buon ateo, riteneva ridicole e inutili  quelle pratiche ma il gioco valeva la candela anzi un bel candelotto!
Il matrimonio, in forma solenne, avvenne la sera di una calda giornata estiva: tutta l’élite della zona fece da contorno festante agli sposi senza tener in alcun conto la differenza di venti anni di età fra i due, un piccolo dettaglio quando si tratta di gente benestante! Maria ecc. ecc., dopo vari anni di convivenza con Alberto, ebbe la sfortuna per lei (ma non per il consorte) di cadere sui scalini della chiesta e di rimanerci stecchita da qui il ritorno di Alberto nei luoghi di nascita. Il  marito di Maria si era nel frattempo preparato il terreno per far rientro al natio borgo selvaggio acquistando due fattorie, una a villa Strada e l’altra a Troviggiano dove erano impiegati circa cinquanta contadini,  l’Albergo ‘ Il balcone  delle Marche’ che aveva fatto ristrutturare con il disegno di un architetto di grido e poi, vendute tutte le proprietà, si era trovato in banca un gruzzolo davvero consistente. Suo corrispondente in affari era il notaio Nascinbene di Macerata che aveva ben curato tutti i suoi lucrosi affari. La nuova vita di Alberto Mugianesi, anni quarantacinque, iniziava in quel momento. Il motivo dell’uso della nave anziché dell’aereo per rientrare in patria era stato un capriccio: portare con sé la Alfa Romeo Giulietta spider color bianco che era stata la sua più fida compagna di scorribande… Sbarcato nel porto di Ancona, strada per Jesi, svincolo per Cingoli e ‘approdo’ all’albergo ‘Il Balcone delle Marche’.
IL suo arrivo non era passato inosservato, il direttore gli era andato incontro con inchino profondo e sorriso a trentadue denti, il personale riunito, insomma una presentazione ufficiale.
Cingoli è un paese di circa tremila abitanti, altezza 500 metri sul livello del mare, boschi a vallate alberati, numerosa fauna locale ambita preda di cacciatori venuti anche da altre contrade, inverno rigidissimo ma estate deliziosamente fresca, clima che attirava molti turisti non entusiasti del mare. Passati gli attimi iniziali, Alberto prese contatti con i notabili del paese, ritornò a visitare la vecchia casa di campagna (ormai in sfacelo) dove era nato e vissuto, i genitori erano deceduti, le sorelle emigrate in Germania. Si sentiva come un corpo estraneo  in ambiente non suo e quindi decise di prendere contatti sia con le autorità che con i comuni cittadini. Con il Sindaco ed il Parroco fu facile: ambedue erano in eterna ricerca di denaro per sistemare gli edifici pericolanti del Comune e della Chiesa,col portiere dell’albergo ancora più facile. Dario, padre di quattro figli, in eterna lotta con i debiti, ebbe un sostanzioso aumento di stipendio. “Signor Alberto come posso ricambiarla’” “Tienimi al corrente di tutti i pettegolezzi del paese, fammi sistemare la Alfa Giulietta e dammi del tu.”  Anche ‘ciccio’ aveva i suoi problemi presto risolti da Rosina, donna delle pulizie il cui marito, falegname, si interessava poco del legno e più del vetro (amava il vino) e così la consorte era costretta a straordinari per mandar avanti la famiglia e i due figli. Quando Alberto velatamente gli fece la proposta di riempire con la sua presenza le sue notti insonni fu talmente entusiasta che abbracciando il futuro amante caddero ambedue a terra con grandi risate. La signora, di schiatta contadina, si faceva apprezzare per aver tutte le sue cosine intime dure come il marmo, era disponibile a tutti i giochini di Alberto che in piena notte era capace di svegliarla per una sveltina.  Ultima cosa importante il collegamento con la cittadinanza che lo conosceva solo per le varie storie che circolavano sul suo conto.  Alberto decise di programmare una festa nel grande salone dell’albergo invitando tutti i cittadini a partecipare al banchetto. Cibarie a volontà, vivi e liquori, striscioni di benvenuto all’ex emigrante che aveva fatto fortuna all’estero, discorsi da parte delle autorità: Prete, Sindaco, farmacista, comandante stazione dei Carabinieri e di alcuni proprietari terrieri, un successo sottolineato da musica argentina,il tango naturalmente, ballo al quale Alberto era ovviamente il ballerino principale ma, alla fine della serata, l’anfitrione, stanco, decise di ritirarsi in una saletta riservata dichiarando il suo ko.
La cosa non era passata inosservata a due damigelle in villeggiatura da Roma Aurora e Greta che si avvicinarono all’anfitrione, si sedettero al suo tavolo e: “A coso che ne dici di farci assaporare le tue doti di ballerino?” Aurora aveva dimostrato una bella faccia tosta ma non era stata ricambiata:”Ragazze sono sincero, se me la sbatteste in faccia in questo momento andrei in bianco, che ne dite di rimandare a giorni futuri quando…”
Alberto si era disteso su un divano, occhi chiusi, percepì le labbra delle due damigelle che a turno se lo baciavano ma restò immobile e si addormentò. Si ritrovò la mattina successiva con una coperta addosso,  sicuramente Dario aveva provveduto a non fargli percepire il freddo della notte e non appena aperti gli occhi il fido portiere: “Alberto ti accompagno in camera tua, fatti una doccia e se te la senti vieni a pranzo, è l’una.” Recuperato il suo vigore, l’Albertone pensò bene di riagganciare le due pulselle che, da quello che ricordava, dovevano essere di notevole bellezza oltre che di faccia tosta. Il solito Dario fornì le notizie richieste, chi meglio di lui, aveva il registro delle presenze! Aurora Rocchegiani anni 23, Greta Bellinvia anni 24 ambedue residenti a Roma in via Merulana 123. Alberto pensò bene che fosse buona norma aggiornarsi del significato dei nomi e così venne fuori che Aurora raffigurava una rosseggiante, luminosa, splendente d’oro mentre Greta era persona preziosa e rara. Munito delle informazioni non fu difficile agganciare le due amiche nell’atrio dell’albergo mentre stavano per uscire. “Che ne dite di una passeggiata in spider in luoghi rupestri intorno a Cingoli?” Le due baby non se lo fecero dire due volte  e con un salto entrarono in macchina. “Atletiche le signorine immagino palestrate e poi dai nomi importanti.” E qui Alberto fece sfoggio del suo sapere sull’araldica lasciando un po’ stupite le damigelle. Aurora altezza 1,65, capelli corvini crespi che  incorniciavano un viso dalla pelle bianchissima, occhi sorridenti, bocca da…, seno forza quattro, gambe muscolose, un’atleta mentre Greta era all’opposto: capelli lisci, lunghi, biondi, occhi da militare ossia grigio verdi, naso all’insù, bocca dalla labbra più sottili dell’amica, seno minuto, gambe chilometriche, altezza 1,75. Quel che colpiva in lei erano gli occhi che cambiavano in continuazione espressione dalla più divertita alla burbera e a quella triste. “Dato che vedo che hai una Canon perché non ci fotografi anche con essa oltre che con gli occhi bello zozzone, tale ti ritengo ed è un complimento!”
Così parlò Greta sfoggiando uno sguardo di sfida. Alberto aveva fermato lo spider in uno spiazzo, dinanzi un bel panorama: “Amo gli spazi aperti che mi danno sensazioni di benessere in cui lo sguardo non è imbrigliato ma è libero di allargarsi all’infinito, non ricordo dove ho letto questo pensiero ma è la sensazione che provo in questo momento.” “Greta abbiamo scoperto un filosofo, di solito sono brutti e vecchi mentre lui mi fa arrapare!” e lo prese a baciare forsennatamente in bocca, Alberto non si sottrasse dinanzi agli occhi divertiti di Greta la quale: “Vorrei che ci raccontassi qualcosa della tua vita, sei piaciuto ad ambedue la prima volta che ti abbiamo visto e mò, e mò siamo in crisi!” Alberto si mise in mezzo e le abbracciò entrambe così si  incamminarono lungo un sentiero, un quadro da dei pagani, un mortale fra due dee. Il giorno successivo fu quello delle rispettive confidenze: le due ragazze non avevano molto da raccontare, amiche sin da piccole ora frequentavano l’università in scienze moderne. Più difficile per Alberto che fu sincero sino al fatto della conoscenza della futura moglie che tralasciò, non voleva far la parte del macrò e così si inventò la storia del padrone che lo aveva preso a benvolere e lo aveva istruito nel mestiere di giocatore in borsa; era divenuto tanto bravo da superare il suo insegnante e diventare ricco.
Anche se non era stato convincente le due baby non fecero obiezioni. I rapporti fra i tre divennero ogni giorno più stretti, licenziata con una sostanziosa buonuscita la brava Rosina i tre cominciarono la manovre di avvicinamento sessuale: prima bacini bacini poi bacioni bacioni e poi finirono tutti e tre nel lettone. Alberto divenne sempre più pretenzioso: chiese alle amiche che avessero anche rapporti fra di loro, Aurora e Greta, sempre più innamorate non si tirarono indietro e così giunse la metà di settembre quando le ragazze dovettero rientrare a Roma.
Dilemma: lasciarsi oppure…Prima ipotesi scartata dal trio che giunse alla conclusione, poi messa in atto, che Alberto comprasse casa a Roma, magari nello stesso loro isolato e così fu.
Questa volte le invidiose dee Venere e Giunone ebbero pietà e non interferirono nel trio, un trio formidabile nel quale erano  sorti, anche se inusuali, due sentimenti: passione e amore!