Un pomeriggio d'estate ligure

Un pomeriggio d'estate ligure. Quando cicale invisibili sono suoni metallici di una segheria impazzita.  ‐"Coprono il passaggio di un treno, nella mia Provenza"‐ Mi dicevi. La non ombra di esili pini marittimi, sorti, per caso, tra massi scoscesi, ci dava riparo, in una sosta desiderata, zuppi di salino. Il mare, in frantumi, tra spuma e alghe odorose, ci aveva dimenticati. Le tue gambe, nude, tracciavano un nastro dorato sulla terra arsa. Gabbiani, in numero dispari (ci piaceva contarli, ricordi?) passavano al largo, ritmici, nel loro colpo d'ala, stanco. Mi bastava guardarti, gioventù. Le tue mani giocavano sapientemente con minuscoli fossili, abbandonati dal tempo.
‐"Noi, neanche questa sopravvivenza, avremo"‐ A mezza voce, lo dicevi, come un avvertimento ultimo e inutile. Il tuo sguardo, distratto dal troppo azzurro, mi sfiorava appena. Quel neo, vicino all'areola del capezzolo, è fuggito dal tempo, per me.