Un sabato mattina ovvero un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Un sabato mattina di sole e di azzurro come solo Napoli sa dartelo. Quella cartolina gialla, che mi è arrivata in settimana, la sento ancora in tasca. – ‘Stazione Polizia ***** – comunicazione licenza collezionista d’armi’ ‐ Forse sarebbe il caso di fermarmi un attimo e vedere cosa vogliono ‐ mi dico.
Gareggio con il desiderio di continuare la passeggiata o fermarmi. Decido per andare a conoscere di che si tratta. Mi viene ad aprire un poliziotto. Gli mostro la cartolina e mi fa strada in un ufficio. Mi sorprende vedere due poliziotte sedute a due scrivanie. La femminilità a parer mio alleggerisce il posto in cui mi trovo.
“Si accomodi” ‐ Mi invita una longilinea creatura con un sorriso rassicurante.  Devo ammettere che è carina, ha capelli castani lisci sino al collo, la cravatta le dona. Le porgo la cartolina e chiedo spiegazioni dell’invito.
“ Lei ha un permesso di collezionista di armi ? “
“ Sì, lo richiesi negli anni 70 a seguito di una legge, per una collezione di armi antiche ereditata da mio nonno materno…sono archibugi ad avancarica e spade.”
Mi accorgo che estrae dalla cartella una copia del documento che ho a casa e me lo porge.
“ Sono queste?”‐
“ Esattamente queste”‐ le rispondo.
“Dove si trovano?”
Mi accingo a spiegarle che nel frattempo mi sono separato da mia moglie e che nella divisione della ‘roba’ sono comprese anche le armi.
Qui la poliziotta ha un sussulto, si sposta una ciocca di capelli dal viso e si rabbuia in volto.
“Lei mi vuol dire che ha spostato delle armi senza il permesso della Questura Centrale?”
“Armi ? Ma sono archibugi arrugginiti ad avancarica e spade da cavalleria dell’ottocento, non le definirei vere armi”
“Per la legge sono armi” interviene dalla scrivani accanto la collega, un tipo dimesso, casalingo.
Comincio a sentirmi in difficoltà. Le sento avverse ed eccessivamente scrupolose .
“ Quindi, adesso le sue armi dove sono ?”
“ A Marano, abito sulla collina del Pigno, in una villetta di un contadino che mi ha affittato un appartamento”
La ‘Bella’, consentitemi di chiamarla così, si è irrigidita notevolmente. Giocherella con una penna sulla scrivania.
“Quando si è trasferito a Marano ha provveduto ad una nuova denunzia ai carabinieri di quel luogo?”
“No, nessuno mi ha mai detto questo” mi sento con le spalle al muro. L’atmosfera si fa via via più elettrica.
Vedo la poliziotta sempre più cupa. Si alza con la mia cartella per andare in un altro ufficio. Resto con quella che io penso sia la sua segretaria: la ‘Casalinga’ per intenderci. Infatti, questa telefona alla figlia che ha lasciato a casa e le dà gli ordini della prima mattina , poi si preoccupa di un suo disturbo e vedendo la mia borsa da medico mi coinvolge nelle cure. Il tono sembra diventato famigliare.
Intanto è tornata la ‘Bella’: “Quindi la collezione, a parte la divisione, è ancora completa?”
Mi viene in mente una serata a casa mia. Una cena con amici, tra cui un vero collezionista, Fabio Manzo, si accorge che io possiedo una baionetta sabauda, ottima da inserire in un suo fucile che ne è sprovvisto. Staccarla dalla vetrina e dargliela è un attimo. Mi piace donare.
“Manca solo una baionetta sabauda, regalata ad un amico”, soggiungo.
Nuovo sussulto della ‘Bella’, la ciocca di capelli le ritorna sul volto.
“Lei ha avvisato la questura di questo passaggio?”
Mi trovo oramai con le spalle al muro. Possibile che sono così superficiale. Le leggi non sono il mio forte e poi dove le trovo, visto che nessuno me ne ha mai informato all’atto di rilasciarmi il documento.
“ No, confesso che non l’ho fatto” Mi sento un bandito, la mia mimica si adatta al senso di colpa.
La ‘Bella’ si alza e scompare per la seconda volta. Restiamo in silenzio con la ‘Casalinga’ che ritelefona alla figlia: l’argomento è stavolta il gatto di casa. Guardo fuori della finestra, la giornata azzurra di sole oramai  non mi appartiene più.
Ritorna la ‘Bella’; si deve essere consultata con un superiore. Ha in mano un codice. Lo sfoglia attentamente.
“Senta,” ‐ mi guarda freddamente negli occhi ‐ lei è incappato in tre articoli del codice penale, quindi è mio dovere dirle di chiamare il suo avvocato”.  Ma che succede, sono forse finito in un telefilm americano? Mi sento in pieno panico tanto che mi vien fuori un mesto sorrisetto e d esclamo “Ma mi volete arrestare?”
Dico ciò per pura iperbole, solo per avere una risposta rassicurante. Ma mi riprendo e ostentando coraggio affermo a voce alta che non ho bisogno di nessun avvocato, non ritenendo di aver fatto nulla di male.
“E’ un consiglio dovuto” mi risponde seccamente, per riuscire nuovamente con il codice.
Ritorna il silenzio. Vorrei andar via. Tra l’altro devo fare delle visite mediche domiciliari. Dico ciò alla ‘Casalinga’.
“ Le farà dopo, non le faremo perdere tempo”. Caspita, ma sono trascorse già due ore.
Rientra la ‘Bella’. Ha stavolta un passo veloce tanto da urtare contro la scrivania.
“La informo che dovremo fare un sequestro”
Se si tratta di prendere, le armi, lo trovo anche un atto liberatorio, dopotutto se tenerle è così complesso, alla mia morte creerei seri problemi agli eredi!
“Le vado subito a prendere. Tra un attimo sono qui”. faccio con tono conciliante.
“No, lei viene con noi sino a casa sua”
“Va bene, allora siccome ho parcheggiato la macchia lontano da qui, la vado a prendere e vi accompagno”‐
“No, lei viene con la nostra auto” Il tono è secco, sembra un comando militare.
Improvvisamente mi si apre dinanzi agli occhi il quadro della situazione: arriverò nel cortile di casa in mezzo a due poliziotte. Cosa penseranno di me i vicini? Sono piombato in un cattivo sogno o in un incubo?
Cerco di spiegare la situazione imbarazzante in cui mi andrò a trovare per colpa loro. Sono un medico dopo tutto!
“Dottore ma non pensa al piacere di essere scortato da due belle donne!”: sorridono entrambe, ma non certo io.
“Purtroppo dovremo aspettare le 13 a fine turno, per avere la sostituzione qui.” Non mi resta che attendere su quella sedia che si fa sempre più dura. Vorrei telefonare a mio figlio, dirgli di correre in mio aiuto, ma conosco il suo carattere, temo una sua reazione eccessiva. Sono claustrofobo e il mio subconscio avverte la situazione ‘chiusa’. Per un attimo penso d’infilare la porta e scappare. Poi rifletto sull’inseguimento, sulla cattura, sulle manette. Desisto! Resto in quella camera per quattro ore. In realtà, mi dico, sono trattenuto dalla giustizia, sono un fermato. Alle 13 rientrano entrambe: hanno il cappello calzato sul capo.
“Andiamo”‐
Fuori vi sono loro colleghi che smontano da una volante e la lasciano alle mie compagne. Io vengo fatto accomodare dietro. Ma non mi fanno abbassare la testa con le mani come vedo fare in tv. Non ho mai capito il perché.
Nella strada v’è il solito traffico del sabato nel Vomero Alto, un traffico denso, quasi al passo. Dalle altre auto si sporge lo sguardo dei curiosi. Speriamo di non incontrare volti conosciuti. Mi sorprendo a trovarmi in una situazione che non avrei mai immaginato. Vorrei tanto porre fuori dal finestrino  un foglio del mio ricettario con su scritta una spiegazione del tipo ‘Non sono quello che pensate’; mi basterebbe!
All’arrivo nel cortile della villetta in cui abito, il proprietario che ha problemi di abusivismo, appena scorge la volante, si mette in macchina e scappa. Una sola coppia di sposini giovani mi scorge uscendo e mi toglierà il saluto per sempre.
Una volta a casa le due poliziotte fanno l’appello delle armi. Manca, notano, la vetrina con chiave e l’allarme per una custodia sicura. “Sarà un altro capo di imputazione”, mi dico. Mi chiedono un sacco della spazzatura grande per introdurre il tutto ed usciamo così: io, la ‘Bella’, e la ‘Casalinga’, con questo grosso sacco nero che cela l’incelabile, forse refurtiva o droga per gli altri.
Tornati intanto in  auto la ‘Bella’ mi dice sorridendo: “Lei dottore non è di Napoli; sa cosa si dice delle donne a Napoli?”
Al mio mutismo soggiunge: “ Le donne ‘fetano!’; capisce il significato?‐” Resto in silenzio, stupito.
Rientrati in stazione, si affollano i colleghi delle poliziotte che vogliono vedere le armi. Alcuni ne restano affascinati e asseriscono che devono essere messe in cassaforte non in un semplice armadio.
Ma non è finita. Dopo varie consultazioni, mi avvisano che dovrei andare con loro, alla mia ex‐casa dalla mia ex‐moglie per recuperare il resto delle armi.
Mi rifiuto nettamente e devo attendere un’altra ora il loro ritorno. Mentre si rifà capannello attorno ai nuovi pezzi, la ‘Bella’ esclama che non ha trovato una spada spagnola. Mi attende un altro articolo del codice. Ricordo quella spada comprata in un negozio di souvenir a Barcellona durante il viaggio di nozze. Non era una vera spada, ma l’avevo inclusa nella lista.
Vengo fatto accomodare al piano superiore al tavolo del commissario. La ‘Bellaì gli sta a destra in piedi e gli indica tutti i miei reati. Sembra compiaciuta del suo lavoro e ne attende i complimenti. Discutono sui numeri degli articoli da imputarmi. Poi battono a macchina un documento che mi fanno firmare. Sono le 16, sono entrato in quella stazione alle 9 di mattina. Mentre guadagno l’uscita guardo la quantità dei numeri degli articoli del Codice Penale che ho infranto e mi soffermo sulla dizione “IN LIBERTA’ PROVVISORIA”.

Ps: mi permetto di raccontare quanto accadutomi in quanto il giudice esaminando il caso non ha ritenuto di procedere nei miei confronti.