Vorrei fossi qui
Stava lì: sul terrazzo di quella casa abbarbicata sulle colline dell’entroterra della riviera ligure; sotto di lui la strada e molto più in basso il fiume.
Dal balcone, il fiume, nascosto da una misticanza di sterpaglie e arbusti, non si vedeva, però faceva sentire la sua presenza, e con un po’ di fantasia lo si poteva immaginare correre carico dell’abbondante acqua delle recenti piogge, superare ostacoli e precipitare in un susseguirsi di cascatelle, insinuarsi tra le rocce per poi riaffiorare più forte e vigoroso.
Non si vedeva il fiume, ma si percepiva la sua ansia di lasciare quelle alture per mischiare le sue acque insipide con la salinità del mare.
Il mare all’orizzonte, in quell’ora che il giorno si dissolve nella sera, si tingeva di rosso, come le guance di una donna quando una intensa emozione la sorprende e l’invade.
La casa era in buone condizioni, ma stitica di metri quadrati, sembrava di stare nelle parole di quella canzone: “C’è una casetta piccola così, con tante finestrelle colorate…”.
In effetti la casa era proprio piccola, ma il terrazzo era notevole, e sopra, nella fascia superiore, due piante, una di arance dolci e l’altra di arance amare, proiettavano i loro cespugli di rami, foglie e frutti colorati sul terrazzo assolato.
Quando la moglie lo raggiunse e si mise anche lei con le mani appoggiate alla ringhiera, gli chiese che canzone era quella che stava diffondendo la radio.
‐I wish you were here, vorrei che fossi qui, dei Pink Floyd – disse lui e poi, a bruciapelo, aggiunge ‐ Ma tu oggi, a parte me, chi vorresti avere qui con te?
Lei non sembrò sorpresa di quella domanda, anzi pareva avesse già pronta la risposta.
‐Vorrei essere qui con Enzino.
Enzino era suo fratello, un ragazzo down, per lei molto più di un fratello e quando se n’era andato era stato come perdere un figlio.
‐Ti ricordi quando lo abbiamo portato la prima volta in riviera?
Si, lui si ricordava di quel momento. Quando Enzino, dalle colline dell’entroterra, vide affacciarsi il mare gridò – I pesci i pesci pin!
Non capiva il significato di quelle parole urlate a squarciagola, anche se, conoscendo un po' Enzino, intuiva che dietro c’era un ricordo antico, mai rimosso.
Ci pensò sua moglie a sciogliere l’enigma.
Quando Enzino era piccolo se lo portavano al mare, dove alcune persone pescavano con delle bombette che esplodendo in acqua facevano venire in superfice un sacco di pesci storditi dal quel rumore infernale. Il ragazzo gioiva ogni volta che vedeva quella pesca miracolosa.
‐E anche mio padre vorrei qui – aggiunse la moglie.
Il padre aveva vissuto per diversi anni in una casupola su una piccola isola (poco più che uno scoglio) a pochi metri dalla riva, in un paese del sud.
A lui la riviera, con le sue coste frastagliate, sarebbe piaciuta gli avrebbe ricordato quegli anni vissuti in un luogo simile; o forse no, perché quel periodo della sua vita fu veramente difficile.
Una vita, la sua, amara e dolce, come le due piante di arance che stavano lì sopra e che regalavano ombra in quella calda giornata di primavera.
‐E tu invece chi vorresti fosse qui oggi?
‐Beh, mio padre.
Berto, così’ si chiamava, contadino della bassa, solo una volta nella sua vita alzò il viso dalla terra e quella volta vide il mare.
Tutto capitò quando il Maresciallo del paese, nonché suo socio nelle partite a carte, gli chiese aiuto per il trasloco a Genova.
Berto, per la prima volta nella sua vita, vide l’altra metà del mondo: il mare; e quasi pianse di fronte a quella distesa infinita che sembrava la pianura della bassa, ma piena d’acqua salata, e fece giorni e giorni a raccontare dell’incontro con quell’orizzonte che mai avrebbe immaginato.
Ci furono alcuni attimi di silenzio, poi guardando la moglie vide che aveva gli occhi lucidi; …troppi ricordi insieme… troppe emozioni.
–Domani scendiamo al mare a piedi, facciamo il sentiero al di là del fiume, nostro figlio ha detto che ci vogliono quindici o venti minuti, ma con il passo che abbiamo noi, quasi settantenni, mi sa che ci metteremo molto di più. Meglio se ci portiamo un po’di acqua e zucchero.
‐Ti ricordi quella volta ai giardini pubblici di Pegli?
…Erano partiti bene, ma arrivati a Masone il traffico si era bloccato. Faceva molto caldo, non avevamo acqua e in macchina non c’era aria condizionata.
Quando il blocco stradale si sbrogliò, decisero di uscire dall’autostrada.
Arrivati a Pegli si fermarono presso i giardini pubblici.
Intorno alla fontanella c’erano dei ragazzi che caricavano le pistole ad acqua; chiese a quello più grande se l’acqua era potabile, lui rispose di sì e poi rivolgendosi ai suoi compagni di gioco, con un piglio da capo banda, ordinò ‐Fate largo, lasciate bere l’anziano!
Lui educatamente ringraziò, ma uno strano malessere lo invase; dai, in fin dei conti non era così anziano.
Una copia, seduta sulla panchina lì vicino, manifestò subito la propria solidarietà.
‐Ue belin, abbiamo sì e no cinquant’anni e ci considerano già vecchi!
Veramente lui ne aveva alcuni in più ma preferì non precisarlo e salutando con un sorriso si diresse con la moglie verso il mare, che anche quella volta, all’orizzonte, in quell’ora che il giorno si dissolve nella sera, si tingeva di rosso, come le guance di una donna quando una intensa emozione la sorprende e l’invade.