Zia Gina

Ho letto che il 6 novembre 2007 moriva Enzo Biagi. Ricordo "Il fatto", in particolare due puntate: una in cui era d'accordo con la frase finale di Fronte del Porto "La mia casa è dove è il lavoro" (e mi sono sempre chiesta, su queste premesse, perché Berlusconi lo avesse inserito nell'editto bulgaro); l'altra in cui confrontava filmati in cui, a distanza da un anno all'altro, i politici cambiavano opinioni sui loro avversari che diventavano alleati (in particolare prima uno in cui di Buttiglione Berlusconi diceva peste e corna, poi uno: "Buttiglione è un amico ...").

Il 3 novembre 2011 moriva mia zia Gina, 92 anni, la sorella più piccola di mia nonna materna (su sei fratelli). L'unica che non si era sposata. "Tenevo tutto pronto per il matrimonio, vestito, tutto. Morì mia sorella Maria [26 anni, per una gravidanza extrauterina] e rimandammo il matrimonio. Lui se ne andò a Milano e si sposò là", mi raccontava. Per qualche anno è stata dalla sorella Francesca a Lucca. Grande donna zia Francesca. Forse l'ho incontrata una volta sola, ma mi è bastato. Me ne accorsi da come si preoccupava che mia madre avesse lavorato troppo per preparare il pranzo per tutti e lavorasse troppo per servirlo etc. Non c'era affettazione nei suoi modi, era sincera. La falsità si riconosce. Poi zia Gina tornò a Battipaglia. La domenica veniva a pranzo da noi. Prima la andavo a prendere io e venivamo a piedi, piano, piano col bastone. Poi quando non ce la fece più a camminare, la andava a prendere con l'auto mio fratello Alberto. Qualche estate è anche stata almeno una settimana da noi alla casa al mare. Mio padre si occupava di tutte le sue pratiche (quanti giri per gli uffici che ha fatto per lei!) e mia madre delle sue finanze e dei rapporti con le badanti.(Va be', giusto per ricordare qualche malignità da quei uno o due parenti leggermente leggermente maligni da parte di madre, non si sono mai presi nemmeno uno spillo). Ricordo una delle ultime volte che si presentò l'avvocato che curava gli interessi del padrone di casa di mia zia per precisare che l'affitto subiva un aumento; mio padre ebbe qualche osservazione e l'avvocato replicò: "Il mio cliente potrebbe metterci sei extracomunitari lì dentro!". 
Zia Gina mi ha fatto il costume da Pierrot per il carnevale della terza liceo, e poi lo ha modificato per farlo diventare un costume da baiadera in quarta. Quando al liceo per qualche motivo non s'entrava spesso andavo a fare visita a lei ed a zia Sisina, la vedova di mio nonno paterno, che mi aveva insegnato a lavorare a maglia quando avevo 6 anni, seduta sulla sedia di legno nero dall'alto schienale diritto addossata sulla parete di sinistra dello studio. Quando ci fu il terremoto dell'80, il palazzo dove abitava mia zia Gina fu l'unico (o uno dei pochi?) ad essere sgomberato a Battipaglia, in attesa delle iniezioni di cemento. Mia madre si arrabbiò tanto con sua madre (sempre chioccia con la sorella minore) quando mi condusse con sé per prelevare qualcosa dalla casa della sorella. Mia zia aveva i suoi 'tic', lo sapevamo tutti. E mia madre lo aveva sperimentato a 9 anni, quando, ospite nella casa dei nonni ad Agropoli, doveva 'carriare' secchi d'acqua dal pozzo, mentre la zia, 23 anni, stava seduta che le facevano male le mani, le gambe ... Comunque si arrivò che in pratica mia zia non si muoveva più dal letto e dopo qualche anno le badanti non ce la facevano più e mia zia dovette andare in una casa di riposo. 
Una domenica di novembre 2002 mi svegliai che smaniavo: "Oggi andiamo a trovare zia Gina", dissi a mio marito. Avevo contratto regolare matrimonio nel gennaio dello stesso anno e tra abituarsi a gestire una casa grande con cinque giorni a settimana in ufficio, tre mesi di trasferta in Svezia, e altro era un bel po' che non andavo.
Approssimatosi l'orario di visita mattutina, andammo. Quando arrivammo, invece di condurci nella sua camera, ci fecero entrare in una spoglia camera al pianterreno dove mia zia, stesa in un letto a barre metalliche tipo ospedale, letteralmente rantolava. Mi avvicino incredula, chiedendo all'addetta che ci aveva accompagnati: "Perché non ci avete chiamati?".
A mia zia comincia a scivolare un rivo di saliva sulla guancia. L'infermiera non fa niente. Apro la borsa, prendo un pacchetto di fazzolettini estraggo un fazzoletto e comincio ad asciugarla. Guardo l'infermiera che solo in quel momento sembra scuotersi e comincia a darsi da fare. Arriva altra gente e cominciano a prendersi cura di mia zia. Andiamo a casa da mia madre, dove comunque eravamo attesi per il pranzo. Mia madre si fa accompagnare alla casa di cura. Viene chiamata un'ambulanza e mia zia viene ricoverata. Si riprenderà. In seguito mia zia mi racconterà divertita: <<Mentre mi sistemavano in ambulanza, il direttore mi salutava: "Gina!". E piangeva, pensava che non tornavo più.>>.
Per il giorno del suo 90° compleanno, mio marito ordina una torta adatta all'occasione ed andiamo a festeggiare.
Il 3 novembre sera del 2011 ero a Salerno per il festival organizzato dall'Associazione Regionale Cori Campani. Arriva una telefonata di mia madre, le dico dove sono, mia madre scambia due parole e riaggancia.
Il giorno dopo verso le 11 in ufficio arriva un'altra telefonata da parte di mia madre. Mi dice che nostra zia è morta la sera prima all'ospedale di Salerno.
Le ho sempre rimproverato: "Ma perché non me lo hai detto? Ero lì, le andavo a tenere la mano!"
Mi ha rassicurato di recente che quando lo ha saputo lei stessa era già tardi e che anche lei si era arrabbiata con la casa di cura.
Comunque mio cugino Maurizio (o un altro dei figli di Ernesto cugino di mia madre) il giorno dopo mi rassicura che era andato lui la notte alla camera ardente dell'ospedale.

​Linda Landi
6 novembre 2018

P.S. Zia Gina raccontava sempre che lei stava per sposarsi. Teneva tutto pronto, incluso l'abito da sposa, ma morì [per una gravidanza extrauterina, N.d.A.] sua sorella Maria, all'età di ventisei anni. Zia Gina diveva avere all'epoca 22 o 23 anni. Il matrimonio fu rinviato. Il fidanzato se ne andò a Milano. E lì rimase. [Probabilmente meglio così, aggiungo io ora, visto il soggetto (quello che se ne va a Milano e non torna).]