su "Il ritorno di Inna-mok"
L’anziano Lonedyr racconta alla nipote Tarin la storia di un potentissimo negromante.
Una volta nel territorio di Ruhel vi erano tante popolazioni, tra cui quella degli spettri, ora scomparsa. Di questa faceva parte il negromante Inna-mok; questi era conosciuto come il mago più potente del mondo. Egli aspirava al dominio su tutto il territorio di Ruhel, per cui decise di asservire il suo popolo fisicamente e psicologicamente, quello degli spettri. Contro di lui si radunò un’alleanza costituita dagli altri popoli di Ruhel, che mosse guerra al negromante e al suo popolo. Si schierarono i due eserciti; vinse l’alleanza che procurò la morte a tutto il popolo degli spettri. Unico sopravvissuto fu Inna-Mok, poi rinchiuso in un involucro fatato. A questo punto la bambina Tarin chiede al nonno che cosa possa avvenire nel caso del ritorno di Inna-Mok. Compare la giovane maga, Venorè, che fa parte del popolo degli alberi, la quale un tempo ha predetto il ritorno di Inna-mok, per stornare il quale ha costruito un oggetto magico, sacrificando così la propria vita. L’oggetto è andato perso e Inna- Mok è pronto a tornare, ma a proteggere la Terra vi sono due giovani umani, Rash e Nystrid, un uomo e una donna. Essi vanno alla ricerca dell’oggetto magico, ma incontrano l’ostilità del negromante anche’egli sulle tracce dell’oggetto, per scopi ovviamente diversi…
Il fantasy, alternando sapientemente parti dialogiche a quelle descrittive, risulta di agevole lettura, nonostante la presenza di più personaggi costringa ad una costante attenzione. Benché non sia un’appassionata di fantasy, sono rimasta positivamente impressionata da questa opera, per l’accuratezza dello stile accanto agli approfondimenti degni di un testo psicologico. Non è il solito fantasy con guerre fini a se stesse, ma ci ritroviamo una caratterizzazione dettagliata e profonda dei protagonisti. Si percepisce d’impatto che Max Giorgini è laureato in filosofia e che non è di primo pelo in questo genere letterario, avendo partecipato con successo ai premi Tolkien e Courmayeur. La magia del romanzo risiede nello studio necessario per farci conoscere i personaggi della Terra di Ruhel, collocata in un passato mitologico. Qui il negromante simbolicamente combatte con i propri fantasmi interiori contro cui si dibatte, fino a liberarsi. La colonna di granito in cui resta chiuso rappresenta la metafora di quell’Io onnipotente in cui possiamo rimanere incastrati fino a diventarne schiavi, ma anche dell’oblio in cui l’uomo rischia di scivolare nel corso della storia. Contro l’oblio combatte difatti Inna-mok deciso a lasciare una traccia indelebile e a sottrarsi definitamente alla disfatta, di cui già è stato ostaggio. Egli è una figura leggendaria, con tratti di vulnerabilità che lo rendono umano. Una mappa iniziale agevola la collocazione dell’intera vicenda, ma bisogna leggere con attenzione e lasciare libera la fantasia per ricostruire tutti gli elementi che compongono un puzzle composito e ben costruito.
Il ritorno di Inna-mok
0111 Edizioni
397 pagine