su "L'alba dei papaveri "

La poesia è un’autentica forma d’espressione che riesce ad entrare in punta di piedi nella sfera più intima del lettore e in primis nello stesso poeta. Adua così, attraverso una ricerca profonda, guarda nei cassetti della memoria e percorre un viaggio emozionante all’interno di sé captando ogni sfumatura e delineando, in ogni tempo i propri giusti colori. Dal rosso dei primi amori, all’oro del disincanto o nel fortunato incontro con qualcuno, al bianco delle pagine di vita da scrivere, ai sassi argentati che stancano, al verde degli occhi, al blu della notte o del mare, allo stesso colore dei sogni.
Musicale ricerca del verso per giungere a caratterizzare un’identità propria di chi solo cadendo e bruciandosi, può dopo apprezzare anche il “profumo dell’assenza”, con maturata crescita. Nell’agire e nel ponderato silenzio, semina quotidianamente quanto è nel DNA e abbraccia tanto gli errori, quanto ogni singolo papavero nato o donato dalla vita.
Il calore del focolare familiare è pilastro per la Poetessa, ritrovato nelle figure genitoriali, in parole antiche e nel ricordo. Una forza che non blocca, ma alimenta nuovi incontri e stimoli oltre le incertezze e gli inverni di una società che non sa ancora amare totalmente.
Ecco che la natura, le città (Pistoia, Milano), diventano punti prova e trampolini per svelare inconsapevoli ma fieri gesti: di speranza, di pace, d’immaginazione, di inizi nuovi, stagione dopo stagione. La poesia diventa atto di sopravvivenza, d’accoglienza, di energetico fluire di forme, di voci e sentire.
“Quando mi piaccio/ mi perdo nei simboli/ tutto scivola via e scrivo/ respiro solo papaveri rossi/…”
Una miniera di sensibile conoscenza di sé, per arrivare a poter così conoscere ciò che ci circonda abbandonandosi“all’estrema meraviglia/che si apre: /l’anima si perde all’infinito/ ai colori di un giorno mai traditi.”
Un culto dell’io, mai esasperato nel suo verismo, seppure concentrato nella ricerca del fascino primordiale e tipico dei poeti della seconda metà del 19° secolo.
“E tu non dire/ ch’io perdo il senso e il tempo/ della mia vita …” - cantava Antonia Pozzi (il 10 dicembre 1933) e “i miei giorni di palude tacciono risalendo canali infossati … che nessuno osi toccarli/seppure sepolti nella melma:/ disperderei me stessa …” - come la Biagioli Spadi ai giorni nostri declama.
L’umanità parla: accarezza e schiaffeggia ogni giorno. Sta a noi divenire “Aquile” come dice Adua e vivere nel fragile volo in un mondo migliore, anche sotto la pioggia, nella malinconia, o nella scintilla essenziale che fa palpitare e fremere amando ogni scia, ogni alba, ogni sera e ogni singolo respiro.

L'alba dei papaveri

di Adua Biagioli Spadi

Libro "L'alba dei papaveri " di Adua Biagioli Spadi
  • Casa Editrice
    La vita felice
  • Dettagli
    88 pagine
  • ISBN
    8877997370