su "Danal"

“Lasciatemi carta e penna, toglietemi tutto, ma lasciatemi mille libri che io possa scrivere dell’amore, che io possa leggere della vita.”
Una storia d’amore e non solo, ambientata nel medioevo. “La leggenda è storia” come diceva Benedetto Croce e Bartolomeo Errera, in questo caso, è riuscito sagacemente a descrivere ogni minimo particolare, tanto da prendere forma d’immagine, la stessa lettura, teletrasportandosi dentro.
Il tutto parte da una data ed un luogo preciso: 1219 Porto di Ancona. Florenzo è il protagonista, conte di Nerola, appartenente alla famosa e potente famiglia dei Crescenzi. “Restava incantato come se stesse vivendo una favola; la vista e l’udito si appagavano di ogni cosa e di ogni rumore”.
Il testo è fluente, avvincente e curato nel minimo dettaglio: “sulle passerelle di legno, uomini a torso nudo e con la pelle lucida ed imperlata di sudore; scendevano sulla riva trasportando sulle spalle casse ingombranti e pesanti, come se fossero fascine di legna... come formiche corrono impazzite, fuggendo dal formicaio distrutto dal piede di un monello, urtandosi e annusandosi, così la marea di uomini e donne, correva, si urtava e si incontrava nello spiazzo antistante al porto. Florenzo era attratto come una falena dalla fiamma e non si accorgeva di altro. Un miscuglio di odori, spesso forti, aleggiava dappertutto: il lezzo del letame fumante lasciato da cavalli e asini, si mescolavano all’odore acuto del pesce trasportato, a quello intenso della carne, talvolta esposta per troppo tempo, al profumo del pane appena cotto, a quello aspro della frutta macerata nelle casse  e ancora a quello acre dei corpi sudati e sporchi di uomini e donne e dellle deiezioni umane nei fossati e negli angoli delle botteghe e lungo i muraglioni dei palazzi, che aspettavano la provvidenziale pioggia per essere lavate.”
I personaggi  descrivono l’uomo medioevale in tutte le sue forme: HOMO VIATOR in cammino verso la salvezza e in lotta (vedi le crociate) per ristabilire la pace e un equilibrio (con sé stessi e con Dio).
“Un viaggio voluto dallo zio in nome della Chiesa per sottrarre a Satana il calice della vita con la scusa di recuperare dalle mani degli infedeli l’immagine sacra di Cristo”.
Una spedizione in cui partecipano personaggi storici esistiti come: Enrico Urslinger (duca di Spoleto), Alessandro Gaetani (comandante della truppa pontificia), Giacomo da Urbino ( capitano degli uomini inviati dal conte Crescenzi di Nerola), Jean de Paganì (condottiero templare inviato dall’imperatore Federico II), un ancora non santo Francesco di Assisi, accompagnato dal fedele Pietro, frà Silvestro (monaco bibliotecario dell’Abbazia di Farfa), seguito dal nipote Florenzo e dall’emblematica figura trascendentale, e allo stesso tempo femminile, di Danal.
Alla ricerca di uno scrigno e di una coppa in terra di Gerusalemme. Uomini corrotti, penitenti, condizionati dal peso del peccato e dalla concezione di riscattare i vizi umani, (considerati le figlie del Diavolo): simonia, lussuria, ipocrisia, rapina, simulazione, usura, pompa mondana, sacrilegio;  attraverso la penitenza o la salvezza in nome di un amore più grande.
Laicità e cristianità viaggiano su binari paralleli ed opposti: potens/pauper (= ricco/povero), disciplina/tentazione , dove Tutti sono coinvolti e sono i Bellatores (Cavalieri). La stessa figura del monaco, diventa il “milites Christi”, combattente della “pugna spiritualis” ( lotta contro il Diavolo). "Solitudine o apostolato, lavoro manuale e lavoro intellettuale, servizio di Dio nella preghiera e nelle funzioni liturgiche o servizio della Cristianità negli ordini militari dei monaci soldati" (Le Goff ).
L’arte di ORATORES e la devozione nella preghiera, diventano eminente conforto e forma di quel potere spirituale sulla terra, raffigurato in Danal, mezzo concreto di contatto con il mondo divino (Vergine Maria o Dio stesso).
Visibile/invisibile, morte/vita, simbologie fatte di immagini, di numeri, di sogni e realtà, comprovati attraverso testamenti, manoscritti, bolle papali  e rendono la narrazione storica avvincente. 
Umberto Eco dice: “l’uomo medioevale viveva effettivamente in un mondo popolato di significato, rimandi, sovrasensi, manifestazioni di Dio nelle cose, in una natura che parlava continuamente un linguaggio araldico, in cui un leone non era solo un leone, una noce non era solo una noce, un ippogrifo era reale come un leone perché era segno, esistenzialmente trascurabile, di una verità superiore, e il mondo intero appariva come un libro scritto dal dito di Dio” e Bartolomeo Errera lo fa alla perfezione.
La narrazione vede coinvolto anche Papa Onorio III, mentito sullo scopo dell’ardua missione in Terra Santa. Si impreziosisce di poesia, dei materni sonetti che scorrono come “novella forza a lo core” , e raggiunge il culmine, nell’incastonata vicenda romanzesca, (nonostante le dure prove da affrontare), nella delicata e forte storia d’amore di Florenzo e Danal.
Coppia originale, che vede in Florenzo la passione  e l’incertezza umana: “oggi il mio core è pieno di spine e il vederti mi reca una grande sofferenza. L’amore che vive per te è attaccato alla mia pelle come le squame di un pesce”. Dall’altro in Danal; creatura di autocontrollo mirabile, anche quando si lascia andare all’amplesso con il giovane amato.

Danal

di Bartolomeo Errera

Libro "Danal" di Bartolomeo Errera
  • Casa Editrice
    Guida
  • Dettagli
    492 pagine
  • ISBN
    8866661244