9 novembre 2005

La mattina scivola sul brusio degli impiegati negli uffici, sul frastuono del traffico cittadino. Ho ancora nelle orecchie, e più nel cuore, il pianto di mio figlio che mi vuole e mi cerca. Scendo di corsa dall’automobile, il tacco vacilla, la gonna leggermente si solleva. Il marciapiede conta i miei passi veloci e sono presa dalla frenesia del fare. Mi volto. Riflessa in una vetrina l’immagine mia non riconosco: neppure ricordavo di essere una donna.