Cantico dei "relitti" dispersi

Lunga era la strada per il decoro,
tanto da farmi aborrire su casa e lavoro.
Fuggivo da ventenne così in una notte,
l'unico sorriso sincero;
quello delle mie suole disfatte.

E quando le strade divennero torrente,
mi preparai per la più ardua dette lotte;
cercare d'esser io il più resistente.

Sperando che finisse prontamente
e senza lapidi quella notte,
ma nel fango, la mia vita è ricorrente
e l'acqua è più fredda se hai le scarpe rotte.

Un cartone coperta,
un telo trasparente lucernario;
sperando che non piova tanto ancora
per non finir come il vecchio Mario.

Arroccato nel suo castello
di rifiuti e letame sotto il ponte,
ma la montagna distese il suo mantello;
fu traghettato vivo dal quel vascello di Caronte.

Finiva in quella notte
anche la sfilata di Maria cuore,
poco prima intrecciavamo lotte;
non per danaro ma per disinteressato amore.

O come la cantina di Salvatore,
un dio Bacco per chi non sol per fede vacilla,
si dissolse in nebbia come il suo liquore
lo videro galleggiare aggrappato alla bottiglia.

Perché qui tra gli annegati
non v'è solo la gente che brilla,
vi siam anche noi "relitti" emarginati,
siamo proprio noi in primis i dimenticati.

Noi per primi siam crollati,
stremati dal freddo,
come "invisibili" mucchi di stracci inzuppati.

Ma in fondo a nessuno è mai importato,
si dice che vorremmo non esser mai nati;
ma allora d'esser morti siam "fortunati"!

Grazie mille a chi ci ha venduti
per il sangue di cui vi siete macchiati,
per tutta l'acqua che ci ha purificati.

Firmato: straccioni, puttane e ubriachi.

Ma la notte ormai passata
qualche vita l'ha salvata,
c'è chi dice quella sbagliata
di chi ha la villa ben parata;
con arazzi di origine autenticata.

Provenienza: "tragedia annunciata".