Il treno delle 20

Il treno delle 20 sopporta nel ventre
gli ultimi effluvi di chi è appena sceso:
gli ultimi di chi non scende mai.
Un mezzano finestrino aperto schiude due labbra, impronte di rossetto,  a uno vestito bene e trasandato dentro. Parla di nitide catene, pizzica la brochure del libro geloso d’un capello nero. Come si può dire di no a quelle mani al cracker dorato che non pretende nulla? La sua calda poesia striscia via su fasce di alberi veloci e di macerie antiche: eccentriche orme d’un valzer della terra.* “Cosa m’importa se m’ha ascoltata o meno però l’ho fatto, ho tirato le mie rughe; perché questo rottame non si spezza facendoci sgorgare nella colpa?” Balliamo come la terra senza una ragione lambiti astri lontani, rovine senza tempo.

*riferimento al sisma che colpì gravemente la Sicilia occidentale alla fine degli anni '60