Turno di notte –per mio padre Mansueto-

In cucina
i suoi passi grevi.
Tintinnii di posate
e la sacca da riempire.

S’attarda in silenzio
nell’ansito dei muri
poi sull’uscio
a prendere la giacca.

Il buio dell’atrio
s’apre sulla strada
restio come fanciulla
già ghermito
dalle ore insonni.

Non lo si vede più
ombra tra le ombre
ma s’indovina al passo
la linea curva della schiena.

Alla finestra una piccola mano
segue il contorno
di quel cuore stanco

‐Buon lavoro, papà‐
gli mormoro piano.

Da “Nel migrar dei giorni” 2000