Col carboncino s’una scheggia

Sensazioni sparse a far chiasso
Sottofondo ad un concerto,
schizzo al fianco d’una meraviglia.

L’anima mia suona il violino,
una donna canta tristi parole,
un pittore la dipinge colle sue
nere chiome sinuose in un mare,
col carboncino s’un pensiero,
s’una scheggia tagliente di vita,
la mia.

Dov’è il silenzio e dov’è il nulla
se non fra le parole e l’emozioni,
dov’è la morte e la sofferenza
se non fra la vita e la felicità,
dov’è la mia fine ed il mio senso
se non fra l’inizio e la ricerca.

Il vestito le scende rapido e avido,
avido della sua pelle,
la sfiora con meravigliosa cura
le accarezza i seni a far fiorire il desiderio
la femminilità, la bramosia,
ma la luce soffusa abbaglia la vista,
mette altro innanzi agli occhi,
il più feroce sciacallo non ha più parole.
La dolcezza del suo viso
risplende in ogni essere coi
riflessi dell’infinito.

La sicurezza è un premio
che di rado ci accompagna,
questa illusione può portare
solo un profondo dolore,
tutto è relativo, ci vien da dire
ma a dir ciò, allora tutto potrebbe sparire
di tanto vuoto siamo fatti,
infiniti fra i nostri mattoni,
infiniti fra i nostri pensieri,
forse son io mattone
per l’opera d’un bravo scultore.

Lacrime di dolore abbandona al vento,
e come un petalo di rosa che vola sin sulla mia mano
mi pare dolce e setoso al tatto,
così il nettare del suo dolore, mi comunica il suo amore
col sottofondo d’una setosa sensazione di
pace.

Cercare, cercare e cercare
in continua ricerca è il nostro vivere,
forse del nulla, forse del tutto,
nessuno dir cosa vogliamo può,
nessuno può contraddirci,
nessuno può capirci,
se non una sola persona
nella nostra vita.

L’anima mia suona il violino,
una donna canta tristi parole,
una donna piange mentre il mondo
è in bufera,
nelle ombre si riflette una frase
che lenta scorre fra le labbra,
“T’amo e per sempre t’amerò”

E io piango, decidete voi
per cosa.

Gabriele Genna