Il clown del circo delle meraviglie

C’ha creduto e, in un modo o in un altro,
ci crede ancora,
anche se ha la barba di due giorni
e  il trucco non gli viene bene,
anche se il sorriso non è dei migliori
e assomiglia più
ad una smorfia di disappunto
verso di sé.
Gli han detto di stare a casa
ma non è convinto che questo lo aiuti.
La bottiglia è sempre lì, sul tavolo,
a pochi centimetri dal bicchiere
e il bicchiere a pochi centimetri dalla bocca.
Il whisky è da quattro soldi,
ma sembra non rendersene conto,
cerca di gustarlo
per quanto sia possibile,
c’ha sempre buttato gli ultimi spiccioli.   Lo specchio è troppo severo
nei suoi confronti e
non riesce a tenere lo sguardo.
Non si sente da buttare,
devono ancora venire le battute migliori,
non è arrivato il momento di calare il sipario,
non si sente da lacrima sul viso.
Il rosso vorrebbe vincere sul nero
anche se ha la barba di due giorni.   Il tendone lo si vede
anche dalla finestra di camera sua,
un cazzotto nello stomaco,
troppo anche per lui
che il sentimentalismo lo ha perso
anni fa dietro una porta sbattuta
alla sua ambizione, alla sua voglia di far ridere.
La pioggia sbatte forte sui vetri
e il vento fa il resto,
fuori dalla finestra qualcosa cambia,
fuori dalla finestra qualcosa di nuovo da vedere
per far passare
la novantaduesima notte
senza sonno.   Il clown del circo delle meraviglie
c’ha poco da ridere
e altrettanto poco
per far ridere.
Ma lui ci crede ancora
e sembra capace
di farlo credere anche
agli
altri,
purché siano innamorati di lui.