Il corpo docile al mattino

Il corpo docile al mattino
vorrebbe, non sa avversare
la sua docilità 
ombra intagliata dai coltelli 
di una coperta rude, lampada 
vuota d’anima. La bella nuvola, spezzata.
S’infila stretto nelle calze, soffoca
il nudo dentro, adagio 
temendo il laccio della luce.
Infila e stringe, voci d’estranei a sé
da labirinti a bracci violamaro.

Immagino le vene concave 
in una cesta a respirare 
ossigeno nativo: scende
l’uccello dall’ala azzurra 
a separare il greve
‐quasi ne muoio di sollievo
di là dai frangiventi, incontro
di fuscelli e solchi d’aria.