L'altra tigre

Penso a una tigre. La penombra esalta
la vasta biblioteca laboriosa
e sembra allontanare gli scaffali;
forte, innocente, insanguinata e nuova,
lei vagherà per la sua selva e il suo mattino
e traccerà le sue orme sul fangoso
margine di un fiume di cui ignora il nome.
(nel suo mondo non ci sono nomi né passato
né futuro, solo un istante vero.)
E percorrerà le barbare distanze
e annuserà nell'intrecciato labirinto
degli odori dell'odore dell'alba
e l'odore dilettevole del cervo;
fra le strisce del bambù decifro
le sue strisce e presento l'ossatura
sotto la pelle splendida che vibra.
Invano si interpongono i convessi
mari e i deserti del pianeta:
da questa casa di un remoto porto
dell'America del Sud, ti seguo e ti sogno,
oh tigre delle rive del Gange.
Si propaga la sera nella mia anima e rifletto
che la tigre vocativa dei miei versi
è una tigre di simboli e ombre,
una serie di figure letterarie
e di memoria dell'enciclopedia
e non è la tigre fatale,il funesto gioiello
che, sotto il sole o la diversa luna,
sta compiendo a Sumatra o nel Bengala
la sua routine di amore, di ozio,e di morte.
Alla tigre dei simboli ho opposto
quella vera, quella del sangue caldo,
quella che decima la tribù dei bufali
e oggi, 3 agosto del 59,
allunga sul prato una lenta
ombra, però già il fatto di nominarla
e di congetturare le sue circostanze
la rende funzione dell'arte e non creatura
vivente di quelle che vanno per la terra.
Una terza tigre cercheremo. Questa
sarà come le altre una forma
del mio sogno, un sistema di parole
umane e non la tigre vertebrata
che, al di là delle mitologie,
calpesta la terra. Lo so bene, ma qualcosa
mi impone quest'avventura indefinita,
insensata e antica, e persevero
nel cercare lungo il tempo della sera
l'altra tigre, quella che non è nei versi.