T’inginocchi ai rigidi altari,
vizzo dai moti e dai pensieri,
‐ gerbido cuore ‐
arido è il tuo scanno,
nella città annoiata,
tra i vuoti scaffali
mangiati dalla polvere
dove non crescono più libri
e nell’antica età.
Come, sempre priva d’accento,
pareti e acquemorte,
l’amara spora, in segreto
avanzare, corrompe.
Così, a separar le braccia
oziose dei salici, farsi terra,
quand’anche in te, la noia,
spinge radici per rimandare
la vita, al maturar delle stagioni.
28 aprile 2008
Altri contenuti che potrebbero piacerti
Arbeit macht frei
di Pierfrancesco Di Matteo
Dicono che è importante
brillare sempre di luce propria
anche quando si parla senza(…)