Locuzione

Marzo, incessante la pioggia
porta a passeggio gli odori del porto.
Per quest’anno non ci sarà altro freddo
ma nemmeno se ne andrà, per ora.
Sorrido – tra me e me – come un idiota
completamente escluso, nella musica.

La voce è ritornata dal telefono
ma il profumo no, proprio come
non potrebbe il mio, di farina lattea,
se per posta spedissi questi versi:
una lettera non porta con sé
– seppur dovrebbe – odori del mittente.

Pensavo che – da me – sarebbe stato
capolinea: eravamo così uniti che
se facevi un tiro dalla cicca
io espiravo il fumo dalla bocca.
Invece ero penultima stazione,
ossia: una ripartenza.

Come per lusso e amore che insieme
non possono convivere – non c’è
spazio sufficiente per entrambi,
nell’uomo – lasciai per il secondo il primo.
Lasciai anche il due e m’è restato il tempo:
quello a venire ed il presente che

prendo a disporre per passato, ma
l’autoscatto non può farti più bello
della foto che vorresti ti scattassero.
Ora – se amo – penso più ad un’eruzione,
imprevista e temporale o una reazione
chimica che non si riesce a controllare.

Marzo, una pioggia da terzo girone
batte e lucida il selciato che non porta
in nessun posto, se non all’auto.
Un’altra serata ingannatempo,
di vino, di brindisi alla buona sorte
che basta per la lunghezza dei pensieri.