Nel migrar dei giorni

Come un’edera
m’avviluppo di ricordi
e lascio che le membra
trovino un’ombra di frescura
dove smarrirsi in smorzati pianti.

Poi libero gli occhi
sui deserti sentieri
che fuggono lontano
come strisce d’aquilone

‐radenti voli di pomeriggi
che hanno strattonato il tempo
e ferito il tramonto
con macchie d’ambrate pervinche
cadute tra le zolle.‐

poi libero le mani
chiuse a coppa
su quelle piccole lacrime

‐velluto d’ombra che langue e freme
nell’intrico del vento
e consola altre lacrime
come rugiada sul boccio.‐

Verde l’edera alfin
m’arrenderò al migrar dei giorni
nascosta allo smarrito passo
una pervinca d’ambra
in un fragile eco di attese
alla primavera.

Da “Nel migrar dei giorni” 2000