Quando eravamo leggeri

Da bambini
sognavamo l’altezza dei grandi
come fosse una montagna luminosa.
Scalavamo i giorni uno a uno,
con il fiato corto
e il cuore pieno di coraggio,
convinti che in cima
ci attendesse la libertà.

Volevamo mani più grandi
per afferrare il mondo,
una voce più forte
per lasciare un segno,
passi più lunghi
per raggiungere i nostri sogni
prima che svanissero.

Poi siamo cresciuti.
E quell’altezza desiderata
ha cambiato prospettiva.
Le mani sono diventate capaci,
e talvolta si concedono una pausa.
La voce è diventata adulta,
anche se a volte preferisce il silenzio.
I passi sono diventati sicuri,
pur cercando ancora il loro ritmo.

All’improvviso
quel mondo che pareva infinito
si è fatto più raccolto,
pieno di scelte da fare
e di qualche finestra
da cui entra un po’ di nuovo respiro.

Così torniamo indietro col cuore,
a quando un gioco bastava
per sentirci immortali,
a quando il dolore aveva un cerotto
e la notte non faceva paura
perché nei sogni
ci scoprivamo invincibili.

Ora sappiamo
che diventare grandi è destino,
ma tornare bambini
è un desiderio che brucia,
che graffia,
che chiede tregua.

Perché nell’infanzia
non eravamo più felici:
eravamo più leggeri.
E quella leggerezza oggi manca,
come manca l’aria
quando si dimentica di respirare.