Scheggia di vita

Ho abitato entro le sordide mura a lungo
nella stordita vita di siffatta galera familiare
come gramigna che anela al piccolo fungo
e ancora nel silenzio continuo a sperare.

Sulla disadorna e trasparente finestra
l'alito ha lasciato i suoi tristi aloni truci
e fuori seguitava a crescer la ginestra
intanto spedito contavo gli astri vivaci.

Imbruttito dal tempo, amaro assassino,
che storce il naso al mio primo sorriso
graffio i muri a zig zag di beccaccino
dove perenne il segno rimane più inciso.

Qualche spiraglio di luce intravedo lontano
come acuto soprano di verde parto in tiglio
che nasce e vive, e pregando muore da solo
illuminando il cielo, amando quest'ore furtive.