Scranni di cartone
Tra piazze affollate e schermi che dilagano,
Sfila l'ombra sottile dell'ipocrisia,
Un velo sui gesti che invano si agitano
A celare l'amara, nuda povertà.
Si erigono in giudici, su scranni di cartone,
Con occhi che cercano il difetto altrui;
Si sentono superiori, senza ragione,
Unici custodi di verità e lumi.
La superiorità, sussurra la mente gonfia e solitaria,
Si nutre di un'eterna e stanca arroganza,
Che avvelena l'aria pura e la fa ordinaria,
Negando a tutti dignità e speranza.
La mano si tende, ma solo per afferrare,
Quando il vuoto preme e il bisogno è forte;
L'altro è un ponte da usare e poi scartare,
Risorsa effimera contro la propria sorte.
Amicizia è un termine svuotato, sterile,
Un patto di comodo, effimero e vano,
Che crolla al primo, freddo, soffio sottile
Del vento che non stringe la mano.
Poi irrompe il fragore, il muro si incrina,
Di una cortesia calpestata e dimenticata,
Una corsa cieca, senza disciplina,
Dove la parola gentile è stata dimenticata.
Maleducazione che è bandiera sventolata,
Diritto di ingombro, di urlo e di fretta,
E la civiltà, ignota, eppure invocata,
È cenere fredda in una tasca stretta.
Si dimentica la radice che ci unisce,
Il filo del rispetto sempre più sottile;
E mentre il “tutto so” nel vuoto fiorisce,
La vera saggezza resta nel profilo umile.
Abbattete gli altari di questa vuota gloria,
Riconoscete l'argilla di cui siete fatti;
Solo così, forse, un'altra storia,
Potrà salvare gli animi ormai distratti.