Si ferma anche il vento

Si ferma anche il vento E poi si ferma il vento come un mare pieno al piede sterile di solchi sospettosi perché non ho più trina da svergognare al passo lento di sere tuttaluna, non ho più merce bianca da mostrare alle comari afflitte da sottogola impolverati e duri e un urlo si compiace dentro il respiro povero dei sassi sbriciolati da tessiture perse al bivio della neve dove anche il cieco sa l’impasto azzurro e fuggitivo tra le mani e gioca i suoi colori con me, che sulla paglia mi accudisco lesta in equilibrio di un’assenza, e vertebrata di ossature antiche in sepoltura attenta, magari su un avanzo di briciola leggera. Quindi si ferma il vento ‐ e io non lo sapevo ‐ indaffarata a margine di scialli per ricavare l’ozio da preghiere calde in mio sudore si ferma e cade nella ferita tra due mattonelle dove ballavo a passo doppio la solitudine fasciata dei soldati, il grigio tutto intorno e l’ora piena del pasto a me impercettibilmente tanto caro, seduta come MadreMadia alla bicocca, caduta al freno nero di un cavallo equestre falò d’agosto su vertigini smurate da navi di passaggio a un equatore. Così di me rimane legnacenere sbiadita sullo specchio che non s’incendia, eppure, (ascoltami) sull’ansia di una brezza già dissolta ancora no, ancora no, non muore
per decenza.