Tavolo numero zero

E' amaro il vino dell'oste,
ma, non ho altro.
Brucia in gola e fa male al fegato,
ma il prezzo è basso.
Un bicchiere per dimenticare il tuo volto,
le guance tenere, affossate,
quando sorridi.
Il secondo bicchiere, assorda la tua voce rotta,
ancora nella mia mente,
eco del vento tra i rami.
La voce dell'oste basterà.
Un bicchiere, per non sentire più la pelle,
che ti riconoscerebbe al tatto, se tu fossi qui,
ma non ci sei, per me.
Con la vertigine, sale la rabbia,
che le labbra piu divine, ancora non le ho.
C'è però il vino dell'oste,
vino oscuro,
veleno, che addormenta il cuore,
il mio inganno.
Ho sbirciato attraverso la tua pelle sottile,
frugato, tra ossa fragili di cristallo,
visto lo scrigno del tuo cuore, e le sue ricchezze,
sentendomi cadere, come in sogno, in un desiderio,
come Ulisse, dalle sirene, in questo gorgo tremendo,
il vino ha il colore delle tue labbra, più forte ancora, sento il mio cuore,
e di desiderio mi arde la pelle.
Dall'oste, nessuno è felice.
Ai suoi tavoli, nessuno canta,
nelle sue stanze, non ci sono amanti,
Ma senza di te, non c'è posto che mi accolga,
ne una voce che mi incanti,
ne mani, ne sorrisi, ne amanti.