Tra il rossore e il passo saldo

C’era un ragazzo che camminava piano,
con le mani in tasca per nascondere il tremore,
gli occhi bassi come foglie d’autunno
e il volto che si accendeva
per un niente,
come se il mondo intero fosse un faro
puntato sul suo petto fragile.

Nel suo silenzio abitavano
timidezza e sogni,
parole non dette che bussavano al cuore
senza trovare il coraggio
di nascere.

Ma il tempo, quel paziente maestro,
ha sciolto i nodi uno a uno.
Ha insegnato la postura del vento
che piega ma non spezza
e la voce della terra
che non chiede di essere perfetta
ma presente.

Così l’adolescente impacciato
ha imparato a guardare negli occhi la vita,
ad alzare il mento contro la paura,
a fidarsi delle proprie mani.

E anche quando la notte
ha portato via tua madre
strappando luce e lasciando domande,
hai continuato a camminare
con un dolore che respira ancora
ma senza più nasconderti.

Oggi sei adulto,
sicuro come un passo che sa dove andare,
soccievole come una porta aperta,
determinato come un seme che spacca la zolla
pur di vedere il cielo.

E dentro di te vive ancora quel ragazzo,
non per trattenerti
ma per ricordarti
quanto lontano sei arrivato
e quanta luce hai imparato
a meritare.