Alberto Il Solitario

La vita di Alberto Minazzo, dopo le dimissioni da insegnante di scuola media G. Verga di Messina, era diventata decisamente monotona; aveva insegnato per anni in quella scuola sia le materie letterarie che le lingue, conosceva bene il francese e l’inglese ma gli avvenimenti degli ultimi tempi l’avevano disgustato: alunni sempre indisciplinati in classe, genitori che chiedevano conto e ragione della bocciatura dei loro pargoli, talvolta anche con maniere ‘forti’, Alberto aveva detto basta con dispiacere del direttore dell’istituto e dei colleghi, anche se di carattere chiuso era molto stimato per la sua preparazione professionale e per l’impegno nel suo lavoro. L’unica consolazione era abitare in una villa a tre piani sulla circonvallazione, villa ereditata dalla madre insieme ad un patrimonio notevole. La servitù era composta da due donne di mezza età, nubili, da un uomo adibito agli acquisti occorrenti per l’uso quotidiano e da un giardiniere. Alberto teneva molto a vedere il suo giardino in ordine: prato all’inglese perfettamente rasato, siepi tutte alla stessa altezza, alberi sfrondati e fontane sempre pulite, un vero paradiso terrestre.  Anche l’interno della casa era nel massimo ordine: mobili antichi misti a quelli moderni da lui acquistati, bagni con vasche con idromassaggi e docce ma quello che più inorgogliva Alberto era un impianto HI.FI. multiroom che, come dice la parola, diffondeva suoni  praticamente in tutte le stanze. Quando era depresso Alberto ‘metteva su’musica brasiliana pensando al carnevale di Rio ed alle belle ragazze sculettanti, quando era allegro musica classica strumentale, non amava i gorgheggi dei cantanti. Ogni mattina dopo colazione, faceva un giretto nel suo giardino salutato con riverenza da Dario Franceschini, il giardiniere,  padre di una ragazza a nome Stella che frequentava la seconda media e con  cui Alberto ripassava le nozioni da lei apprese a scuola. Alberto era per Stella lo zio Alberto, lui l’aveva vista nascere nella dependance dove abitava tutto il personale di servizio. Dario era sposato con Ida Fabbri una ex contadina ignorante e volgare che un giorno disse chiaramente al marito che non vedeva bene quella frequenza della loro figlia col padrone di casa. “Sei una stupida, nostra figlia è ancora una bambina, il dottor Alberto una persona seria che mi ‘passa’ uno stipendio doppio di quello di miei colleghi, piuttosto tu trovati un lavoro così non mi rompi più le balle con le tue fisime.” La storia finì qui ma Ida, in fondo, non aveva tutti i torti: Stella stava diventando una donnina, aveva avuto le mestruazioni ed il suo seno cominciava a crescere. La ragazza aveva avuto in regalo da Alberto una bicicletta multiaccessoriata che convinse ancora  di più Ida che la sua idea fosse giusta. Alberto voleva molto bene a Stella, oltre allo stipendio mensile, dava a Dario del denaro per comprare alla figlia vestiti e scarpe per non farle brutta figura con le compagne di scuola tutte un po’ snob. Un giorno: “Stellina non pensi che all’età tua le trecce non vanno più bene, lascia i capelli liberi di fluttuare e vai da un parrucchiere, darò per questo dei soldi a tuo padre.” La ragazza tornò a casa completamente diversa, dal parrucchiere c’era anche una visagista che la truccò in modo leggero ma che cambiò completamente il viso della giovane. La madre stava per fare una scenata ma, alla vista del marito con la faccia di chi sta per incazzarsi di brutto ingoiò ancora una volta le sue paturnie. Era estate, il clima piacevole soprattutto di sera spinse Alberto ad invitare i suoi ex colleghi con relative famiglie, una cena fredda e poi ballo per tutti compresa Stella abbigliata in modo sobrio ma elegante che spinse i maschi giovani a contendersela per un ballo; da lontano la madre parve contenta, finalmente sua figlia a contatto con giovani della sua età. Alla fine della serata, era l’una di notte, spariti tutti gli invitati Alberto: “Ho notato che stasera hai fatto un bel po’ di conquiste, complimenti!” “I miei coetanei non mi interessano sono tutti ragazzini spocchiosi e viziati ed anche maleducati, un paio hanno cercato di…toccarmi, li ho fulminati, con me ‘non c’è trippa pè gatti’ come talvolta ho sentito dire da lei.” Alberto sorrise, quella frase gli ricordò la sua romanità di linguaggio per aver frequentato gli studi nella capitale e poi gli fece piacere anche perché…perché? La cosa peggiore è quella di indagare su se stessi, Alberto se lo ripeteva ogni qualvolta aveva un problema da risolvere. Che Stella fosse diventato un problema? Si mise a ridere, a quarantacinque anni poteva essere suo padre, forse suo nonno! La ragazza superò brillantemente gli esami di terza media con voti superiori a quelli della maggiore parte dei suoi colleghi che si rifacevano con delle malignità: “Certo è stata raccomandata dal professor Minazzo, chissà cosa combinano…” Regalo da parte di Alberto a Stella: il miglior motorino sul mercato; mamma Ida ancora una volta masticò amaro non così la figlia che, quando rincontrò Alberto nel suo studio, lo subissò di baci: “Zio sei stato munifico, vorrei…” “Non devi voler nulla, è stato una ricompensa per il tuo impegno nello studio. Mi pare che tu abbia intenzione di iscriverti al classico, ti seguirò ancora sempre se tu lo vorrai.” “E me lo domandi io…” ”Niente io, vatti a fare un giretto col motorio, mi raccomando prudenza non vorrei venirti a trovare in ospedale.” Venne l’autunno, Alberto la mattina si affacciava al balcone per vedere Stella sfrecciare col motorino anche quando il tempo non era favorevole ma la gioventù…Un giorno: “Stella ormai hai più di diciotto anni, non pensi ad un boy friend insomma ad una ragazzo della tua età…” Alberto non finì la frase, Stella si era messa a piangere ed era scappata via, che significato dare a questo suo atteggiamento? Alberto fece quello che aveva sempre affermato di non voler fare: indagare su se stesso. Non gli piacque quello che venne fuori, si stava affezionando troppo  alla ragazza! Da qui nacque la decisione di ‘cambiare aria’. Comunicò la decisione ai collaboratori domestici cui avrebbe continuato a pagare il salario sino alla loro pensione ed al giardiniere Dario  al quale donò un cellulare molto semplice da usare, praticamente solo per telefonare e per ricevere telefonate, voleva essere sempre aggiornato sulle novità di casa sua. Partì di notte con la sua Alfa Romeo Giulietta caricata di bagagli, tramite un’agenzia aveva affittato un appartamento a Roma in via Conegliano 8 vicino la basilica di San Giovanni. Raggiunse la città eterna dopo dodici ore, l’età cominciava a pesare e si fece aiutare dal portiere dello stabile, Vincenzo Caruso siciliano, in arte ‘Bicienzo’ del quale si accattivò subito le simpatie con una buona mancia. Dario riferì che Stella aveva preso male la sua partenza, si era chiusa in se stessa ed aveva litigato con la madre, si era iscritta all’università alla facoltà di medicina. Alberto aveva sistemato la sua auto in un garage davanti casa sua, una vera fortuna non dover impazzire a cercarne un posteggio. Cercava di fare amicizia con gli abitanti della strada, praticamente un piccolo quartiere comprando regalini e dolciumi ai ragazzi ed aiutando materialmente qualche abitante che Bicenzo gli segnalava essere in difficoltà finanziarie. Ormai lo conoscevano un po’ tutti ed era diventato il dottor Alberto, a Roma si fa presto ad essere classificati dottori! Talvolta sollazzava ‘ciccio’ con la compagnia di qualche gentile signorina che andava via da casa sua soddisfatta del compenso. La sua vita fu in parte sconvolta quando Dario gli comunicò che Stella si era fidanzata ed in seguito sposata con il figlio di un noto e ricco commerciante locale, giovane di bell’aspetto ma con poco cervello. Il cotale, di cui sconosceva il nome si limitava a seguire il padre negli affari, padre da tutti considerato imbroglione oltre che usuraio, una bella famiglia pensò Alberto. Cercò di consolarsi ragionando che in fondo Stella aveva fatto bene a sistemarsi, lui era scomparso dalla sua vita. Un giorno dopo l’altro…i versi della canzone di Tenco riproducevano quella che era la sua vita, unica grossa novità quella di aver acquistato oltre il suo appartamento quello dello stesso piano per avere un’abitazione più grande. In seguito ‘si passò il tempo’ cambiando un po’ tutto dalle pareti  al mobilio, finalmente una casa di suo gusto. Pensò all’inaugurazione invitando a casa sua gli abitanti della strada e facendo loro omaggio di una tavolata di cibi già preparati e di bottiglie di buon vino dei Castelli Romani. Fu un  successo, il dottor Alberto ormai era diventato un mito. Quando si rasava la barba notava dei cambiamenti non piacevoli sul suo viso: rughe più marcate, capelli diradati e di color incerto fra il bianco ed il grigio, qualche occhiaia, capì che ormai la vecchiaia stava prendendo il sopravvento sulla sua persona. Un solo fatto per lui piacevole: Dario gli aveva comunicato che Stella si era separata dal marito ed aveva conseguito la laurea in medicina a pieni voti la qual cosa gli fece pensare a…Non volle comunicare nemmeno a se stesso la sua idea ma poi…Chiamò Dario e lo pregò di comunicare a sua figlia che volentieri l’avrebbe ospitata a Roma a casa sua. La ragazza a quella notizia pianse di gioia, non aveva più nemmeno l’ostacolo di sua madre nel frattempo passata a miglior vita e fece comunicare da suo padre ad Alberto che sarebbe giunta alla stazione Termini dopo due giorni col treno in arrivo a Roma alle tredici, per scaramanzia non volle parlare direttamente con  lo zio. Alberto allergico agli arrivi ed alle partenze pregò Dario di comunicare alla figlia il suo indirizzo e di prendere in tassì per raggiungerlo. Alle tredici si appostò sul terrazzo che dava sulla via Taranto col binocolo per scrutare tutti i tassì in arrivo all’inizio della strada. Ci volle un’ora prima che finalmente vide un classico tassì romano imboccare la via Taranto. Si accorse di essere ancora in pantofole, si mise di corsa un paio di scarpe e si precipitò per le scale per non perdere tempo con l’ascensore. In strada riconobbe da dietro la ‘nipote’ di spalle che si guardava intorno cercando di rintracciare il numero 8 che però mancava per non essere stato sostituito quando la mattonella che lo riportava era caduta. “Stella!” La ragazza  abbandonò il trolley e volò nelle braccia di Alberto con le lacrime agli occhi, lo baciò a lungo in bocca con spettatori gli abitanti della via incuriositi della novità. “Stella amore mio stiamo dando spettacolo…” Recuperato il bagaglio, con  l’ascensore raggiunsero il piano ed entrarono nell’appartamento. “Mi hai fatto trovare una reggia!” “Una reggia per la mia regina! Fatti a fare una doccia poi il pranzo anche se un po’ in ritardo, l’ho fatto venire dal ristorante sottocasa.” Stella entrò in bagno ancora vestita e ne uscì con indosso un accappatoio. “Mio caro la visione del mio corpo a pancino pieno, sarà più bella e desiderabile…lo vuoi vedere subito? Accontentato.” Alberto rimase basito da tanta beltade, forse ebbe in viso un’espressione imbambolata che portò ad una risata sonora la ‘nipote’ ormai sua fidanzata. “Sono indecisa se raccontarti i miei problemi matrimoniali, sono state situazioni spiacevoli.” “Voglio condividere tutto con te anche le cose non gradevoli, dimmi.” “Non so come definire la prima notte passata in casa dei miei ex suoceri, non voglio pronunziare il loro nome. Il cotale, abituato con le mignotte, mi ha trattato come tale non pensando che ero vergine; immagine quello che è successo: un  dolore insopportabile con mie urla che fecero venire in camera nostra sua madre che cercò di sminuire la situazione: “Cara non sei né la prima né l’ultima è un problema di noi donne.” “No il problema è tuo figlio che si è comportato da animale, vado a dormire sul divano, le lenzuola sporche di sangue te le lavi tu!” Come inizio non è stato male! In seguito quell’imbecille ha assaggiato la mia gatta pochissime volte, io assumevo la pillola anticoncezionale, ci mancava solo che restassi incinta. Quello che ha fatto traboccare il vaso è stato un episodio successivo. Il cotale, ubriaco, si è presentato una sera nella stanzetta dove dormivo, ha tentato di entrare nel mio popò, non c’è riuscito ma mi ha fatto male lo stesso, in crisi d’ira mi ha schiaffeggiato in malo molo tanto da lasciarmi i segni sul viso. Dietro consiglio del mio avvocato, padre di un mio compagno di università, mi sono recata al pronto soccorso dell’ospedale ‘Papardo’, diagnosi dieci giorni con tanto di certificato per dimostrare le percosse di mio marito contro di me, nel frattempo armi e bagagli sono tornata casa di mio padre. Il mio avvocato si è accordato con i familiari del mio ex per una separazione per colpa di mio marito e con mio mantenimento a suo carico, evidentemente non volevano pubblicità negativa dato che la loro fama non era certo cristallina. Poi ti darò gli estremi della mia banca così riuniremo i nostri soldini, non voglio far la mantenuta…sto scherzando. È stato un pranzo favoloso, lo sarebbe stato anche se si trattava di pane e formaggio! Ed ora ci vorrebbe un riposino.” “Che genere di riposino?” “Non fare lo gnorri e filiamo a letto.” Alberto ancora non si era ripreso dagli ultimi avvenimenti e stava vicino a Stella senza far nulla, cosa non gradita alla pulsella che: “Che intenzioni hai di andare in bianco la prima notte anzi il primo pomeriggio di nozze, datti da fare, la mia gatta gradirebbe, come inizio, un bacino prolungato, molto prolungato…” Alberto si trovò dinanzi gli occhi una distesa di peli neri quasi sino all’ombelico:”Mi viene in mente la canzone: ‘ c’è un grande prato verde dove nascono speranze…”  “A me sembra che sul mio prato le speranze muoiono!” “Mi sta accadendo che i tuoi lunghi peli mi restano fra i denti e poi finiscono in gola…” “Uffà, vado in bagno.” Stella pensò bene di rasarsi la cosina così il suo prossimo ‘marito’ non si sarebbe più lamentato. Dopo circa venti minuti si presentò con le mani sulla gatta e: “Voilà contento?” Alberto si trovò davanti un fiorellino con bellissime grandi labbra rosee e tutte intere non come quelle che aveva visto in altre donne che erano di colore molto scuro e ‘slabbrate’,  lo disse a Stella. “La vuoi finire con i complimenti, datti da fare nonnetto!” Stella molto probabilmente aveva sognato tante volte quel momento di intimità con Alberto, ebbe subito un orgasmo al che Alberto si fermò. “Hai finito la benzina, vai facile sino a quando non te lo dico io.” La baby ebbe un bel po’ di goderecciate prima di arrendersi. “Avevo paura che ti sentissi male.” “Lascia stare le paure, te lo prendo in bocca e poi entrata trionfale nella gatta.” Quello fu non un ‘mezzogiorno di fuoco’ ma un ‘pomeriggio di fuoco’ che Alberto e Stella avrebbero ricordato per sempre. Matrimonio laico, testimoni il portiere Bicenzo e sua moglie Pina e poi grande mangiata al ristorante sotto casa, prenotato non solo per i neo coniugi ma anche per gli abitanti della via Conegliano con grandi risate, brindisi e baci alla sposa. “Scusate signore lo sposo vorrebbe qualche affettuosità da parte vostra!”  Quando anche l’ultima signora finì di baciare Alberto, Stella: “Non fare il mandrillo altrimenti fai la fine di quell’americano, Bobbit, a cui la cui fidanzata ha fatto un brutto scherzo!” “Gelosona io scoperò solo con te.” “Bene allora tieni la ‘ramazza’ a cuccia!” Stella prese servizio come medico al vicino ospedale San Giovanni come ginecologa; benché fosse proprietaria di una Mini Clubman, Alberto preferiva accompagnarla lui  al lavoro causa difficoltà di parcheggio. I giorni che passavano facevano sempre più bella Stella ma non Alberto che cominciava ad avere i guai fisici tipici della vecchiaia, veniva amorevolmente curato dalla consorte. Il loro era stato sicuramente puro amore, una parola spesso abusata ma che nel loro caso era proprio azzeccata. A novant’anni Alberto capì che la fine era vicina, il cuore stava facendo ‘capricci’ ed allora si mise a letto con Stella vicino, anche lei, da medico, capì…Quando esalò l’ultimo respiro Stella gli chiuse gli occhi, ultimo suo gesto affettuoso.