Albiona

A FIOR D'ACQUA

Quando il linguaggio umano non si era ancora esteso a tutte le creature trasformando in cose gli esseri silenziosi ed in cacciagione tutti gli animali, una montagna affliggeva tutta la valle con il suo ininterrotto pianto. Non era la più alta: il Cistella la sovrastava d'una torre di granito chiaro che il sole rendeva rosa al tramonto; non era neppure la più vasta: il monte Leone ostentava un'intera valle morenica ondeggiante di ranuncoli ad ogni primavera, eppure la sua posizione la rendeva importante, perché il sole vi indugiava sempre più del necessario al mattino, tanto che la chiamavano montagna dell'alba, o più semplicemente "l'Albiona".
Doveva essere stato il sole, coi suoi raggi imparziali che avevano illuminato terre e civiltà lontane, a svelare alla montagna il segreto della vita degli uomini ed ora anche la montagna, che non era la più alta, ne' la più vasta, pretendeva d'avere una figlia tutta per se'.
Dapprima questa strana richiesta era risuonata completamente incompresa nella valle e non aveva creato nessuna aspettativa. Ma continuando la montagna a piangere, la curiosità era andata dilagando e gli esseri mobili si erano spontaneamente incaricati di svelare agli altri l'assurdità di tale progetto.
Una figlia è un essere umano di genere femminile, presumibilmente di tenera età, molto affine ai cuccioli di qualsiasi animale conosciuto a valle, ma molto, molto più delicato. Ora, anche per un cucciolo di marmotta o un uovo di falco sarebbe suonata stranissima una tutela esclusiva della montagna, che avesse la pretesa di sostituirsi alla madre naturale.
Una montagna, la cosa è universalmente nota, è essenzialmente fatta di pietra.
Gli abeti scrollavano la testa severi, imparziali: ‐ Una figlia ‐ mormoravano carichi di disapprovazione ‐ e come la nutrirai, sciocca, come la scalderai? ‐
Altre creature non si limitavano alle questioni di carattere primario, e la valle, fino ad allora silenziosa, brulicava di pettegolezzi: ‐ Perché la vuole femmina? ‐ si chiedeva la donnola. ‐ E come eliminerà la madre? ‐ aggiungeva il lupo ‐ perché deve ammazzarla, questo è certo, per strapparle la sua creatura! ‐ Lo stambecco allora interveniva sicuro ‐ Ma non vuole strappare niente a nessuno! Vuole generarla da se', solo così le sarebbe figlia. ‐
‐ Ma guarda! ‐ sentenziò finalmente il Cistella ‐ l'Albiona è forse tanto amata da generare? Comunque anche in questo caso, è evidente, non darebbe alla luce un essere umano. ‐
La montagna piangeva. Più il suo dolore era deriso e più vi si rifugiava, ostinata e dolente. Sotto la sua cima, così rossa alle prime luci dell'alba, si formò un lago salato di lacrime, così profondo che a qualsiasi ora del giorno era sempre di una tonalità più scura di quella del cielo e così ricco d'acqua che anche in piena estate traboccava verso la valle in mille rivoli argentini che non tacevano mai: la loro voce era una nota di pianto.
Alla fine un dio ebbe pietà della montagna, o forse degli abeti, che assorbivano silenti tutto quel pianto, crescendo foschi e cupi, sempre più alti e scuri.
La preghiera fu esaudita.
Non una figlia sola, ma ben due bimbe paffute comparvero d'un tratto in riva al grande lago ed organizzarono la loro vita a fior d'acqua. Abbastanza giovani e rosee per intenerire un cuore materno, ma già grandicelle per badare a se stesse, erano identiche di fattezze, ma l'una aveva i capelli neri e gli occhi vividi e scuri come carboni ardenti, mentre l'altra era bionda e timida come se fosse fatta di raggi di luna.
La montagna le chiamò Eliana e Melania e spiegò alle creature silenti della valle che erano rispettivamente un omaggio al sole ed alla quiete notturna.
Dunque il sole era il padre?
Vedendo Eliana incedere sicura nei boschi, cacciatrice esperta fin dalla più tenera età, si sarebbe detto di sì, certamente. Ma allora a chi assomigliava la timida sorella dagli occhi color del cielo, che passava le giornate a raccogliere i lunghi steli di lino che crescevano a fior d'acqua per poi filarli e tessere? In una cosa sola si somigliavano completamente: nel canto. La sera, dopo il tramonto o al mattino, prima che il sole si facesse cocente, il loro canto soave riempiva la valle di motivi facili, che gli uccelli ripetevano all'infinito. Allora ogni bisticcio, ogni pianto, ogni obiezione si dissolveva ed ogni cosa si distendeva in un immobile ascolto.
Quanto durò quella pace?
Nessuno lo sa. Non è facile misurare le cose eterne! Ci furono inverni in cui le due fanciulle trovarono rifugio nelle grotte naturali della montagna, estati in cui impararono a nuotare nell'acqua limpida del lago, che da salata di lacrime si era fatta dolce e trasaliva spesso d'improvvisi brividi, rilucendo di impalpabili riflessi di sole tremanti e vividi. Erano cresciute, s'erano fatte donne. Lo si capiva dalla cura meticolosa con cui si lisciavano i capelli, specchiandosi nel lago: Melania talvolta non resisteva alla tentazione di infilarsi qualche rametto di rosa selvatica a mo' di corona ed Eliana la rimproverava: ‐ Lasciali vivere, poveri fiori! ‐ Già, contrariamente a quanto si sarebbe potuto pensare vedendole, era il cuore d'Eliana il più caldo di sentimenti verso le creature. Così il giorno che ritrovò un cacciatore ferito, fu pronta ad innamorarsene. Perché s'era spinto fin lassù? La valle intera lo biasimò per questo! Non c'era selvaggina più giù dove la Cairasca si distendeva diventando un vero fiume? Non c'erano donne vere, di quelle che nascono a frotte nelle famiglie umane, che i padri sono pronti a dar via quasi per niente, perché parlano molto e lavorano poco? Che bisogno c'era di venir a turbare la pace delle due sorelle? Chi aveva detto all'uomo d'essere degno del Paradiso?
Gli animali intuirono subito il pericolo e forse fu per questo che l'orso, di solito così tranquillo, pago esclusivamente del miele selvatico, si spinse ad aggredirlo.
Certo, fu per questo, ma fu una sventura.
Le donne non hanno gli istinti naturali delle bestie ed Eliana, invece di provare ribrezzo per quel corpo esanime ed insanguinato, se ne sentì attratta...come se volesse provare a se stessa che una donna ha in se' la capacità di richiamare la vita.
La sorella non condivideva affatto quest'idea, trovava insopportabile la presenza dell'estraneo e solo per obbedienza ad Eliana si adattò ad assisterlo... o forse perché sperava che, una volta guarito, se ne andasse.
Invece l'uomo, per quella logica del tutto assurda che caratterizza il suo sesso, s'innamorò proprio di Melania. Scambiò per casto riserbo l'indifferenza e si sentì eccitato all'idea di scuoterla dalla propria quiete inalterabile ed accenderla della sua passione.
‐ Domani parto! ‐ le disse finalmente un giorno ‐ parto da solo, per non ingelosire tua sorella, ma tu promettimi che mi seguirai. ‐ Melania non rispose nulla ne' a lui ne' ad Eliana, che, gelosa ed inquieta, continuava ad interrogarla. Il cuore di Eliana era pronto ad ardere anche solo di un ricordo: se Melania avesse detto ‐ Lo voglio per me! ‐ si sarebbe sacrificata volentieri. Assaporava con voluttà la sua disperata solitudine: avrebbe pianto in riva al lago scuro, si sarebbe strappata i capelli, si sarebbe rotolata sull'erba corta e pungente dei pascoli alti, picchiando sulla dura terra i pugni fino a ferirsi. Sentiva che in tal modo avrebbe dato sfogo alla sua passione e che prima o poi, sfinita, avrebbe potuto quietarsi, l'idea di sacrificarsi per la sorella avrebbe dato un senso alla sua solitudine.
‐ Dimmi Melania, lo ami? ‐
Melania, perfida, non rispondeva.
Eliana sentiva che avrebbe potuto sopportare qualsiasi cosa tranne quel silenzio.
Sua sorella continuava a tessere il lino, che pareva azzurro alla luce del plenilunio, rifiutando ogni dialogo, ogni chiarimento.
L'uomo dormiva pago d'una promessa che nessuno gli aveva fatto e lei restava sola a macerarsi in quell'inquietudine a cui non sapeva dare nome.
L'amore, traboccando, diventa odio, ma Eliana non lo sapeva.
Al mattino l'uomo partì ringraziando imparzialmente entrambe e le due sorelle rimasero immobili a guardarlo, davanti allo specchio d'acqua profonda, più scuro del cielo. Melania era più immobile di Eliana: gli occhi chiari, un poco inespressivi sotto le ciglia bionde, riflettevano l'immagine che si allontanava quasi senza vederla...Allora, con una mossa rapida, incosciente, Eliana la spinse nell'acqua.
In quel preciso istante il sole la investì coi suoi raggi abbaglianti ed ella fuggì senza voltarsi dal luogo del crimine.
Strano! Seguendo l'uomo al posto della sorella s'era preparata una serie di spiegazioni, tutte ineccepibili, per giustificare lo scambio, ma l'uomo non le chiese nulla e prese a chiamarla "Melania" ben convinto della possibilità, per una donna, di apparire più bruna man mano che si proceda verso la valle.
Allora maturò in lei una speranza folle.
Forse non s'era mai accorto che fossero due persone distinte e pensava che lei fosse bruna di giorno e bionda di notte!
Per tutelarsi da una disillusione che certamente avrebbe posto fine all'amore nutrito per la bionda e tenera Melania, Eliana impose al novello sposo di non accendere mai alcuna luce durante i loro incontri amorosi ed ebbe cura di alzarsi ogni giorno alle prime luci dell'alba e di ritirarsi rapida nella tenda al sopraggiungere della notte.
Le parve ch'egli accettasse di buon grado, ma ben presto dovette accorgersi che aveva scambiato per tolleranza quella che era solo indifferenza: dopo aver condotto l'ambita preda al villaggio s'era completamente dimenticato di lei o quasi e quando s'avvide che, nonostante l'amore di cui l'aveva fatta oggetto, la sposa tardava a partorirgli dei figli, si ritenne sciolto da ogni legame.
Non pensò di ripudiarla, perché continuava a sentirsi affascinato da quella donna instancabile, di poche parole, che non si lamentava mai di nulla, ma finì per considerarla una vecchia proprietà un po' logora, che non valeva certo una battuta di caccia con gli altri uomini o una notte di festa giù al villaggio, dove le fanciulle bionde e rosse si lasciavano guardare volentieri alla luce dei falò notturni, e sapevano ridere e danzare.
A differenza delle altre Eliana non aveva alcuna affinità di sangue atta a sostenere i suoi diritti di moglie e viveva così in solitudine, corrosa dal rimorso...tanto che un giorno d'estate decise di partire alla ricerca del lago dove avrebbe pianto convenientemente la morte di sua sorella.
Non fu davvero difficile, perché nessuno le chiese dove andasse.
Risalì cautamente la montagna che aveva disceso di corsa dietro al suo signore e le parve che nella salita la stanchezza, la malinconia ed uno strano tremore interno che non aveva mai provato, accellerassero i battiti del suo cuore, accrescendo ad ogni passo la sua pena.
Giunse al crepuscolo: una nebbia azzurra aveva inghiottito la valle e la cima rocciosa della montagna si specchiava rossa di sangue dentro le acque già buie del lago.
L'aria era impregnata dal profumo dei gigli che attendevano immobili l'omaggio delle farfalle notturne; Eliana si sdraiò nell'erica pungente e cominciò a singhiozzare.
D'un tratto una mano morbida e fresca le accarezzò il capo, mentre la voce inconfondibile di Melania le chiese dolcemente:
‐ Che ti succede? ‐
Eliana non riusciva a credere ai proprio occhi, ed ebbe bisogno di stringere tra le braccia la sorella per essere certa della sua presenza ‐ Non sei morta? ‐ chiese incredula ‐ Non ti ho spinta nel lago? ‐
Melania si mostrò stupita a quest'affermazione: ‐ Credevo di essere caduta. ‐ rispose ‐ La luce vivida del sole mi acceca! ‐
Chissà se sua sorella lo pensava davvero o diceva questo solo per consolarla! In ogni caso il suo cuore traboccava di tenerezza:
‐ Puoi dunque perdonarmi? ‐ disse tremando.
Melania rise, aveva dimenticato quanto fosse argentina la risata di sua sorella! Assomigliava alla voce sommessa d'una cascatella primaverile. ‐ Piuttosto devo ringraziarti! ‐ affermò con una nuova energia ‐ in fondo al lago ho incontrato il mio sposo! ‐
Davvero strano: le presentò un uomo che pareva il gemello biondo di suo marito. Vedendolo, Eliana sentì riardere in petto l'amore dei primi giorni e le costò caro trattenersi con loro tutta la notte: le raccontarono d'avere una reggia, ma Eliana non volle visitarla e restò imbronciata in un angolo a vedere le danze che si svolgevano in suo onore. Pareva che lo sposo misterioso fosse il re di certa gente diafana e magra che sorse direttamente dal lago per festeggiarla.
L'indomani Melania volle caricarla di soffici matasse di lino da filare: ‐ Ora che hai un uomo che caccia per te ‐ le disse dolcemente ‐ devi pur occuparti in qualche cosa attendendo il suo ritorno! ‐
Accettò, tornando carica al villaggio e per la prima volta, le altre donne si interessarono a lei, o forse più alle misteriose matasse, dato che al villaggio si conosceva soltanto la lana di pecora, ma Eliana non era esperta di sentimenti umani e s'abbandonò grata a quello che credeva affetto. Pochi giorni dopo si accorse di essere gravida; il marito si mostrò soddisfatto e parve riaccendersi d'amore per lei...ma quando la neve seppellì il villaggio e furono costretti a cercare rifugio nella città di pietra, la gioia delle nuove scoperte parve esaurita, come la legna bruciata per combattere il gelo.
Le donne non volevano credere alla storia della sorella che viveva in fondo al lago: volevano sapere dove si potesse trovare quel candido filato e tessere a loro volta tessuti morbidi e resistenti. Non ricevendo risposta cominciarono a suggerire al marito cattivi pensieri, ed egli la guardava torvo senza che lei se ne accorgesse, mentre, dimentica delle astuzie di un tempo, lavorava fino a tardi alla luce del fuoco, del tutto ignara dei cupi riflessi mobili che accendevano i suoi capelli neri e la pelle non più bianchissima.
Quando partorì una bambina coi capelli neri come l'ala del corvo e gli occhi azzurri come genziane, le chiacchiere affondarono le loro dure radici nel suo cuore: ‐ Chi è il padre di questa creatura, donna infedele? ‐ gridò. ‐ Nella mia famiglia nessuno ha mai avuto gli occhi azzurri e non assomiglia nemmeno a te! ‐
Ma Eliana non era donna da intimidire con un tono aspro di voce: ‐ Ti prendi gioco di me? ‐ rispose impavida ‐ Come se non sapessi che in realtà eri innamorato di mia sorella Melania e mi hai presa soltanto perché lei ha sposato un altro! ‐
In realtà però era delusa, avrebbe voluto partorire un maschio, o forse perché sua figlia non le assomigliava...o per tutt'e due le cose. Aveva immaginato che la maternità fosse il coronamento dell'amore ed invece...
‐ Di che stai parlando? ‐ disse burbero l'uomo ‐ Io non ho mai chiesto niente a nessuno e men che meno di sposarmi! Tu piuttosto ti sei appiccicata a me in quella maledetta valle, ho dovuto difenderti dall'orso e dall'acqua, mi hai seguito ed ora devo prendermi cura di te...‐
Eliana rabbrividì all'idea che lo sposo non ricordasse le circostanze del loro incontro e che non l'amasse più. Ma l'aveva mai amata? Non era più saggio ammettere che il suo sciocco tentativo di sostituirsi a Melania era fallito?
Intanto la gente del villaggio, di cui pareva che egli non potesse più fare a meno, aveva deciso che la bambina e la madre infedele non appartenevano al loro gruppo e dovevano ritornare da dove erano venute. Eliana si ribellò con tutta la forza del suo amore ostinato, che non si arrendeva nemmeno di fronte all'indifferenza dell'uomo: ‐Vieni con me! ‐ lo supplicò ‐ Vedendo il lago ti renderai conto che siamo stati felici insieme...e poi devi capire che, ora che mia sorella ha marito, ti conviene restare con me...‐ ed aggiunse molte altre cose sulla bellezza dei luoghi e sulle ricchezze della sorella, per convincerlo a salire lassù con lei. Il progetto finì con l'attirarlo; in fondo era tutt'altro che piacevole essere deriso in tutto il villaggio per aver accolto nella sua casa la donna gravida d'un altro e non sarebbe stato male se Eliana avesse avuto una famiglia ricca e potente alle sue spalle.
‐ Ti accompagneremo tutti insieme!‐ disse solennemente alla fine ‐ Se tua sorella verrà ad accoglierci saranno messe a morte le donne che hanno osato infangare il mio onore, ma se menti tu stessa dovrai perire.
E la bambina? Che ne sarebbe stato di lei?
Nessuno ci pensò, nemmeno Eliana, oppressa com'era dal puerperio vissuto in completa solitudine, con l'incubo di perdere suo marito.
Non che non provvedesse a lavarla, avvolgerla nelle morbide fasce di lino, nutrirla di latte e lacrime...ma non era per affetto che si occupava di lei, quanto piuttosto per non perdere il testimone prezioso del suo legame di sangue con la famiglia del lago, nonché per una forma di soggezione di fronte a quegli occhi color genziana, seri seri, che non avevano la tonda ottusità infantile.
A primavera il corteo si mise in viaggio: prima Eliana, fiera ed elegante, ma senza gioia, con la bambina in braccio, parata a festa, poi il marito pronto ad aprir le braccia nel caso che tutto fosse andato per il meglio e via via tutti gli altri; persino i vecchi e gli infermi venivano trascinati in barelle di legno finemente intrecciato, per non perdere il grande spettacolo della cacciata dell'adultera o del supplizio delle calunniatrici.
Il faggeto, dalle foglie ancora tenere, era inondato di sole e letteralmente invaso di fiori piccolissimi e variopinti, che formavano grandi chiazze azzurre, gialle e rosa contro i massi d'ardesia e di granito; tutto odorava di mandorla, perché le spighe viola della daphne erano in fiore e c'era ancora un grande silenzio, che fu tosto riempito dalle chiacchiere che andavano di bocca in bocca: serpeggiava una curiosità eccitata, un'aspettativa malevola, una grande voglia di veder qualche cosa di strano dopo la noia del lungo inverno.
Più in alto, la neve stava sciogliendosi lentamente sotto agli abeti e la comitiva procedeva faticosamente, soprattutto a causa delle lettighe e degli asini carichi di provviste.
Si avanzava scempiando i rami più bassi, strappando le felci, ricacciando nel fango i bucaneve, le primule e le minuscole epatiche, mettendo in fuga ogni animale. Solo i rapaci seguivano con alti voli concentrici lo strano corteo, studiandone attentamente ogni mossa. Così, visto dall'alto, il gruppo lasciava una traccia d'erba schiacciata ed arbusti divelti, simile ad una gigantesca lumaca che infettasse la montagna con la sua striscia di bava.
Quando arrivarono al lago Eliana gridò forte, pregando la sorella di venire in suo aiuto.
Nessuno rispose.
Allora le sue grida furono coperte dalla folla inferocita: il viaggio era stato lungo e faticoso e bisognava che qualche fatto violento e strano offrisse distrazione e ristoro. Non era una gran soddisfazione assalire una donna indifesa, ma la bambina dagli occhi color pervinca era pur sempre la causa di tutto e stavano per germirla quando si udì un singhiozzo.
Non era voce umana.
Tacquero spaventati.
La montagna non poteva accettare che le due figlie fossero diventate estranee l'una all'altra, il suo cuore di madre si schiantò.
Era granito purissimo.
Con un fragore spaventoso il bacino del lago si aprì e l'acqua precipitò violenta a valle trascinando uomini ed alberi.
La cima petrosa dell'Albiona parve levarsi ancor più alta sopra quella desolazione, rossa di sole e di collera.
Solo a contatto della bambina la roccia parve intenerirsi: a lei sola non fu recato danno, anzi, continuò a dormire tranquilla mentre la montagna la nascondeva al sicuro fra le grotte più inaccessibili, piangendo su di lei le ultime lacrime di cristallo di rocca prima di inaridirsi del tutto.