Amiche

Linda guardava il paesaggio attraverso il finestrino del taxi. Tanta campagna, verde e lussureggiante. Pensò che però d’inverno doveva essere molto triste, almeno lo sarebbe stato per lei, ma forse per Loredana no. Non si vedevano da molti anni e lei si sentiva inquieta e impaziente allo stesso tempo. Il suo sguardo divorava la strada, quanto aveva desiderato questo incontro! Ma non era stato facile rintracciare Loredana. Quando finalmente si erano sentite per telefono lei aveva capito che il tempo non era trascorso, la loro amicizia era lì, viva e consapevole come sempre. Un discorso mai veramente interrotto, che aveva solo usufruito di una pausa lunga trenta anni ed era ripreso subito, come se il tempo non fosse passato e loro due fossero ancora ventenni, anzi lei ventenne, e Loredana più vecchia di quindici anni. La differenza d’età non aveva impedito il nascere di una grande amicizia, di un affetto profondo, poi la vita aveva dettato le sue regole ed ognuna aveva proseguito per la sua strada. Linda riconobbe subito la casa perché Loredana gliela aveva descritta minuziosamente. Sorrise e pensò che non avrebbe potuto essere diversa da così quella casa. Tanto verde intorno, il patio, il dondolo, un roseto, una panchina di legno e ferro battuto. Loredana la chiamava la panchina del pensiero. Lei si sedeva lì a pensare, a ricordare, molto spesso a commuoversi. Congedato il taxi, Linda premette il pulsante del campanello e rimase subito affascinata dal suono: una leggera, sottile armonia di campanelle molto incisiva ma che non disturbava per nulla l’udito. Un cane scodinzolante e accogliente si presentò dietro al cancelletto, e subito dopo Loredana apparve nel patio. Istintivamente allargò le braccia mentre andava verso Linda, e l’abbraccio fra le due amiche fu lungo e pieno d’affetto. Quando Linda entrò nella piccola cucina si sedette sulla sedia di formica e appoggiò le braccia sul tavolo di formica, mentre dall’altra parte del tavolo Loredana faceva la stessa cosa. Loro erano abituate così, la cucina era il luogo aggregante, il luogo delle confidenze. Prima di parlare si guardarono a lungo, con tenerezza. Avevano condiviso davvero tanto ed entrambe lo sapevano. Nei loro occhi però era rimasto quel giorno, quel particolare giorno, quell’11 settembre 1986. Loredana aspettava un bambino ed aveva appena completato il secondo mese di gravidanza. Si sentiva male e avvertiva la necessità di andare in bagno, non sapeva perché, non capiva ciò che stava accadendo, ma d’istinto nel bagno anziché sedersi sul wc si era seduta sul bidet e lì, in preda ad una grande sofferenza, aveva visto materializzarsi quel poco che c’era, quel poco che avrebbe dovuto diventare il suo bambino. Disperatamente aveva chiamato Linda, che per fortuna era lì, fra i singhiozzi avevano raccolto quel poco residuo di una futura vita e messo in un vasetto di vetro. Il dolore, l’angoscia, non sembrava altro che un grosso grumo di sangue, di cellule, ma quello era il bambino, il bambino di Loredana che non sarebbe mai nato. E poi la corsa in auto dal medico attraverso la città...
Adesso nei loro sguardi c’era quel momento, e il “come stai?” di Linda, chiedeva di quel terribile giorno, chiedeva di tutti gli anni dopo, di tutti gli anniversari, di tutti gli 11 settembre, così tanti! Quando Loredana pensava: oggi avrebbe 20 anni, oggi 22, oggi 30, chissà come sarebbe! Chissà come sarebbero i suoi occhi, le sue labbra, chissà cosa penserebbe! Linda prese le mani di Loredana abbandonate sul tavolo e le strinse, e le strinse forte. Entrambe avevano gli occhi pieni di lacrime. Linda sentì la necessità di stringere al petto l’amica e accarezzarle i capelli. E si accorse che stava pensando ciò che l’amica le stava sussurrando fra le lacrime:
‐Sai Linda, un bambino mai nato rimane con te tutta la vita.