Anime scordate

Dopo la pioggia, le strade hanno un profumo leggero e riflessi da guardare senza pensare a nulla.
C'e' la stessa atmosfera di un giorno dopo l’ultimo, quando niente rimane ed ogni cosa si è conclusa; un passo oltre il confine, il silenzio dietro i cancelli chiusi del luna‐park, il fumo dell’ultima candela ormai spenta per dormire.
Al bordo delle scale della metropolitana una ragazzina mi osservava, vestita di veli leggeri e colori provocanti. Sembrava aver appena compiuto i quindici anni, forse neppure; teneva un sigaro tra le dita fumato per metà, mentre dagli occhi le colava il trucco per le ultime gocce di temporale che dai capelli mossi le correvano sul viso.
"Vuoi scopare?"
Non risposi nulla.
Ascoltavo la sua voce annoiata, alta senza vergogna, e ne sentivo i toni un po’ discordanti e falsati, come si fosse rotto qualcosa di molto piccolo e marginale che le impediva di suonare accordi perfetti, come fosse un magnifico strumento ormai corroso dal tempo.
La fissai a lungo, ma non vidi nulla.
Solo il vuoto, il silenzio e il grigio: lo stesso grigio del temporale, che le colava dagli occhi come le lacrime che non sa più piangere, e le inumidiva gli abiti senza farla rabbrividire.
Si avvicinò una donna anziana, vestita di gioielli arrugginiti e scialli di lana: con le dissonanze delle campane rotte e lo sguardo dei corvi che volavano bassi sulla piazza della stazione mi disse: "Se non ti interessa, va’ via".
E io me ne andai.
Perché non sono musicista da suonare alcuna nota nel loro spettacolo, e dalle loro corde lente non trarrei che silenzio o sgradevoli rumori. Sull’aria di una melodia
triste come la musica mai scritta