Anni 80: Una corsa di notte 2 finale

Sentimentale. Racconto.

7 ‐ Una notte a 180

La musica era cambiata; anche il ritmo del motore era diverso, più aggressivo.

– Questo è proprio uno stronzo! – Paolo scalò di marcia, scendendo in seconda, il motore gridava e le ruote stridevano, cercando disperatamente di rimanere aggrappate alla strada.

Quando tornai alla realtà, vidi due luci rosse davanti a noi, ma invece di allontanarsi si avvicinavano vertiginosamente. Col “becco” della nostra macchina eravamo quasi addosso a un’auto scura; rombava peggio e più della nostra, e ci precedeva a forte velocità.

Alla curva successiva, dopo una botta di freno, venni sbalzata in avanti sul sedile, poi mi ritrovai, subito dopo, di nuovo schiacciata sullo schienale, per l’accelerazione. Paolo aveva scartato verso sinistra e, con un balzo inatteso, aveva superato l’altro contendente.

Quei due matti stavano tirando, e io ero terrorizzata. Paolo, invece, aveva lo sguardo attento e cattivo, e sorrideva leggermente beffardo.

– Idiota. – disse tra sé, mentre allungava la distanza tra loro due. Però l’altra macchina non dava alcun segno di voler cedere e abbandonare quella sfida, stupida e pericolosa.

Tentò di superarci due volte, nonostante i tornanti stretti che scendevano verso il fondovalle. Purtroppo per me, poche centinaia di metri dopo, le curve terminarono e le due macchine si trovarono davanti un lungo rettilineo. Incurante del fatto che stava invadendo la corsia contromano, quell’altro cretino, rombando, ci affiancò cercando di sorpassarci.

– Idiota al quadrato, questo vuole morire.

– E allora lascia che muoia, – dissi impaurita – ti prego, ti prego, rallenta!

– Stai tranquilla, – sorrise senza scomporsi.

– Tranquilla un corno, siete due pazzi.

In pochi secondi eravamo arrivati a quasi 150 km/h, e Paolo ancora accelerava. Lo presi per la spalla, cercando di essere delicata.

– Ti prego, ti prego, ho paura…

Lui mi guardò come niente fosse, però tolse il piede dall’acceleratore; l’altro imbecille diede due colpetti col clacson, rientrò nella corsia davanti a noi, per poi infilarsi, sempre a velocità demenziale, nel condotto che indicava “direzione Salerno”. Noi rallentammo, seguendo tranquillamente un lungo tornante, ci preparammo per scendere ancora più a sud.

Ricordo che ci fermò la Polizia stradale, praticamente subito. Paolo scese dall’auto; qualcuno fece luce con la pila verso il mio viso.

Quando ripartimmo, Paolo che sorrideva sempre, disse che gli agenti avevano controllato gli pneumatici: “dotto’ andate più piano che se no vi si squagliano le gomme!”

A Maratea ci arrivammo che il sole era già sorto. Sostammo su un piazzale da cui si vedeva il mare. Aprimmo un po’ i finestrini e l’odore di salsedine ci raggiunse dalla scogliera. Mano nella mano, distrutti, ci addormentammo come due bambini.

8 ‐ Ed è subito autunno

– E poi? – Francesca era stupefatta. Aveva seguito il racconto della nonna come si segue un film: la bocca semiaperta, le mani attaccate ai braccioli della poltrona. Il suo tè si è raffreddato, senza che la ragazza si fosse ricordata di berlo.

– E poi… e poi… Niente. Che ti credevi figlia mia? –
Velia sorrise con la sua innata dolcezza, la nipote si riprese e, praticamente, le saltò addosso per abbracciarla e stringerla sé.

– Eh, statti ferma, vedi di farmi pure cadere, adesso. – Ma la vecchia rideva, felice di aver sorpreso la nipote, di averle confidato uno stralcio del suo passato che lei non poteva immaginare.

– E dimmi, e il nonno, buonanima, il nonno che diceva?

– Ma che scemina! Cosa vuoi che dicesse? Nemmeno lo conoscevo, o meglio: lo conoscevo di vista, ma neanche immaginavo che un giorno lo avrei sposato.

Il telefono di Francesca squillò.

– Eccolo, nonna. Questo dev’essere il signore che mi darà un passaggio. Ti ho scritto il suo numero sul blocco in cucina… Non si può mai sapere, però: stai tranquilla.

La salutò con due potenti baci sulle guance e, prima di uscire, le strinse le mani fissandola negli occhi.

– E chi lo sa: magari mi succede pure a me di vivere un’avventura…

Scappò per le scale ridendo rumorosamente, con una cartella in una mano e il giubbino nell’altra.

La nonna si precipitò verso la finestra, sperava di avere fortuna e di vedere l’ospite di Francesca. Quello che vide la tranquillizzò: ad attenderla, c’era un signore sulla cinquantina, ben vestito, ma soprattutto, dal finestrino della macchina grigia, si intravedeva perfettamente un volto femminile… Chissà forse un’altra persona che aveva bisogno di un passaggio.

Francesca si presentò.

– Bene io sono Carlo, accomodati dietro. Questa è mia moglie, Dolores. Anche noi abbiamo una figlia che va all’università, al primo anno…

Carlo salì in macchina e subito partirono. Francesca sorrise, gentile ma leggermente delusa, dopo lo scioccante racconto della sua adorata nonna, aveva lasciato partire la fantasia. La realtà, invece, era assai più banale e, purtroppo, anche più amara… e proprio su questo si concentrò: tra poco più di un’ora, avrebbe avuto di fronte il professor Esposito, assai poco principe e men che meno azzurro!


Velia adesso era sola...

Riportò le tazze in cucina e si accorse che erano ancora piene.

Non le andava di accendere la televisione quel giorno; si accostò nuovamente alla finestra, stavolta cercando quel lembo di mare che si intravedeva in lontananza tra i palazzi.

Il suo ricordo era assai più vivido di quanto sua nipote potesse immaginare; assai più importante di quanto il suo povero marito avrebbe potuto mai sapere. Il resto di quella storia non era per nessuno, l’aveva scritto in una pagina del cuore, cui solamente lei aveva accesso.

Tornò a quell’estate lontana…

Inventando mille scuse e imbastendo mille sotterfugi con i suoi, Velia l’aveva passata praticamente sempre con Paolo. Per oltre due mesi avevano fatto coppia, vivendo un rapporto intenso e passionale.

Cambiavano case, ospiti degli amici. Cambiavano letto ogni notte…

Girarono per l’Italia, raggiungendo le più disparate località di villeggiatura. Posti che lei nemmeno conosceva; ma Paolo aveva molti amici.

Anche lei cambiò, e divenne una donna.

Si amarono, senza limiti, senza freni, per due lunghi, intensi, mesi. Velia conobbe il piacere proprio tra le sue braccia…

Ma poi tutto ebbe fine. Ne soffrì, tornando presto la creatura silenziosa e riservata che era sempre stata.

Più tardi, col passare degli anni, aveva capito che era giusto così. Forse loro non erano tanto diversi ma le loro vite erano troppo distanti per potersi intrecciare.

Stanca, tornò alla sua poltrona preferita e si addormentò, sognando una corsa nella notte, un’estate lontana, vissuta nel pieno della sua primavera.

FINE