Click

Click! Vi capita mai di intuire che siete finiti dentro un quadro, che vi rimarrà in mente per tutta la vita? A me, sì, e sento anche questo avvertimento sonoro, quasi un click di una vecchia macchina fotografica. In realtà, in quel momento, elettroni impazziti scolpiscono DNA, in maniera irreversibile, in qualche cellula, sparsa nella mia memoria. Subito vi viene apposto un cartello: Indelebile. E lo ritrovo, per tutta la vita, questo quadro, con le sensazioni più fini, i particolari più sorprendenti. La visione appare e ricompare nel mio quotidiano, senza coerenza con i momenti che sto vivendo. E’ una specie di balsamo sulle mie ferite, un guizzo di endorfine, spruzzate sul mio cervello. Una beatitudine improvvisa, che avevo ben previsto, nello stesso momento che accadeva.
‐“Click! Ricorda questo momento.”‐ Mi rivolgo alla mia compagna. Lo dico, anche a me stesso. Click! Il quadro è fermo, ricuperato per sempre. Isola di Giava,un sobborgo. Notte. Si rientra da uno spettacolo di danze giavanesi; il suono della musica bambù, la varietà delle note degli xilofoni, trilli di campanelli e vibrazioni di piatti di ottone, aromi di balsami bruciati. I costumi dei suonatori, fuggiti da fiabe. Le movenze sensuali delle ballerine, il loro trucco accentuato, il guizzare degli occhi, le mani, unghie che paiono lame, il mio stupore fanciullesco. Ho osservato i loro piccoli piedi, nel contatto con le tavole. Sono sicuro che levitavano. All’uscita dal teatro, pensavo di non ritrovare il padrone del nostro risciò, tra tanti. Ma eccolo che mi fa segno. Sventola uno sporco asciugamano con cui si deterge il sudore. All’andata mi aveva impietosito il suo ansimare nel pedalare, su per la salita. Stavo per scendere.‐“ Usiamo il loro brodo per curarci l’asma”‐ mi spiega, per prendere fiato. Enormi pipistrelli,quasi raffigurazioni bibliche di diavoli, sono in vendita, lungo i marciapiedi, appesi ad uncini, per le ali, ad una ringhiera. Non mi accerto se siano ancora vivi. Ho appena ripreso posto sul precario mezzo, è subito caos. Siamo una cinquantina di risciò, ammassati in poco spazio, ad un quadrivio, ai bordi della foresta. Prigionieri in un incastro non districabile. Qualche lanterna alle finestre di case, malmesse. Il resto è notte. Un vento freddo scende dalla collina ed entra tra i vestiti leggeri. Il suono dei campanelli delle biciclette diventa un unico trillo assordante. Sorrisi di dentature bianche, occhi, imprecazioni, risate sguaiate. Siamo fermi in un vortice di un tempo immobile. La luna, immensa, sulla destra, esce, tra palme scure, ed illumina la scena.
‐“ Click! Ricorda questo momento”‐